Teroldego Rotaliano: una verticale “generazionale”

Teroldego Rotaliano: una verticale “generazionale”

La Verticale
di Sara Missaglia
22 maggio 2023

La Mostra di Mezzocorona si è aperta con una verticale dedicata al teroldego, il vitigno bandiera della Piana Rotaliana: otto vini serviti alla cieca con l’obiettivo di rintracciare figli e genitori, ovvero ricreare l’abbinamento tra quattro vini giovani e quattro vini più maturi. Una sfida per comprendere le potenzialità evolutive del vitigno e la sua coerenza nel tempo.

Degustazione, contest, sfida e, perché no, anche un gioco: la ricerca dei “soliti ignoti”, mutuando il titolo di un noto programma televisivo, ha messo al centro il vitigno principale della Piana Rotaliana, il terodego. L’evento si è svolto nelle prestigiose sale di Palazzo Conti Martini a Mezzocorona, condotto da Marco Larentis, comunicatore del vino, scrittore ed esperto di vino e di olio, in collaborazione con Assoenologi. 

Il teroldego

Le origini del nome del vitigno sono abbastanza incerte: c’è chi lo lega a un’origine austriaca in quanto “Tiroler Gold”, l’oro del Tirolo, e chi invece ne vede la derivazione da un toponimo locale, per via della località di Teroldeghe nel Comune di Mezzolombardo. La paternità del nome potrebbe anche risalire alle espressioni di origine veneta “Tiroldola” o “Teroldola”, riferibili ad una modalità di allevamento della vite sugli alberi, le tirelle. È indubbiamente un vitigno che risale a molti secoli fa: il vino è infatti citato in un atto notarili di compravendita che risalgono alla fine del 1300. ll legame tra vino e territorio viene sancito da alcuni documenti che appartengono all’Archivio di Stato nei cosiddetti Libri di campagna tra il 1600 e il 1700 relativi alla dinastia dei Conti Wolkenstein, proprietari terrieri nelle zone tra la valle dell’Adige, i laghi di Toblino e il Garda, in cui vengono definiti come i “Teroldeghi di Metz Lombard”. 

Dal punto di vista genetico i recenti studi individuano nella durezza il fratello del teroldego, e una parentela molecolare con il syrah suggerisce che il teroldego sia un discendente prossimo del pinot nero. A sua volta il teroldego risulterebbe essere genitore sia del marzemino sia del lagrein, senza dimenticare una parentela con la schiava gentile e con il refosco dal peduncolo rosso, figlio del marzemino, con un profilo del DNA idoneo allo stato di nipote del teroldego. Dalla scienza alla leggenda: si racconta che il colore rosso del vitigno sia legato al sangue di drago, una creatura mostruosa che viveva nei pressi di Castel Gottardo sul monte di Mezzocorona, terrorizzando l’intera comunità. Il conte Firmian, giovane cavaliere figlio dei signori locali, decise di affrontare il Basilisco e lo uccise, liberando la popolazione dalla paura. Il corpo della creatura mostruosa fu portato in trionfo per le strade di Mezzocorona e alcune gocce di sangue caddero a terra: la leggenda racconta che proprio da quelle gocce sia germogliato il teroldego. Dal punto di vista ampelografico, il grappolo si presenta molto compatto, di media dimensione e di forma piramidale leggermente alata: ha una foglia piuttosto estesa, trilobata e la buccia dell’acino è spessa e ricca di pruina. 

La Piana Rotaliana

L’areale di coltivazione è in quella che si definisce Piana Rotaliana tra i comuni di Grumo (Comune di San Michele all’Adige), di Mezzacorona e di Mezzolombardo, dal 1971 assegnataria della Doc. Qui il vitigno ha trovato il terroir idoneo per la produzione di vini caratterizzati da buona struttura, media alcolicità, tannicità e freschezza, destinati a invecchiamenti prolungati nel tempo. La Piana Rotaliana è dominata dalla presenza della verticalità delle Dolomiti, che creano un anfiteatro di straordinario impatto paesaggistico: l’area si estende dalla Rocchetta, la gola di accesso alla Val di Non, fino al fiume Adige: Sorge sull’antico alveo del torrente Noce, quando scorreva senza argini in pianura. Dissesti idrogeologici imposero la sua deviazione a sud nel 1854, ma nei secoli precedenti il torrente portò con sé nel percorso a valle una quantità importante di sedimenti alluvionali, ciottoli, porzioni di roccia, detriti di origine calcarea, porfirica, granitica e dolomitica. Un vero e proprio patchwork geologico di origine alluvionale e a grande struttura che, nel tempo, ha contribuito ad una particolare stratificazione e differenziazione del sottosuolo, al punto tale da poter essere considerata una montagna orizzontale. Una morfologia geologica complessa e strutturata, insospettabile perché ci troviamo in una piana. Nell’incontro tra terra e acqua, le radici del teroldego incontrano un primo strato di terreno più sottile, per poi trovare stratificazioni di sabbia, ghiaia e ciottoli che contribuiscono al drenaggio ottimale del terreno, condizioni ideali per limitare attacchi dei funghi patogeni. Per queste ragioni il teroldego viene definito un vino di montagna, al di là delle altitudini.

La degustazione

Il nostro racconto avviene naturalmente a bottiglie scoperte, dopo che gli abbinamenti tra figli e genitori sono stati prima ipotizzati dai partecipanti, che hanno sviluppato un proprio percorso mnemonico olfattivo alla ricerca dei legami tra i campioni, e poi dichiarati con la rivelazione delle otto referenze. La verticale “generazionale” ha ricompreso ben due decenni, dalla 2020 alla 2001. Quello che sorprende dei calici è la capacità di mantenere la colorazione nel tempo: sembra infatti che il trascorrere degli anni non vada ad intaccare il colore se non in minima quota e solo per le annate più vecchie: tutti i campioni, 2001 incluso, mantengono una tonalità cromatica molto fitta, che trova nel granato il suo colore preponderante, con sfumature più violacee in gioventù e lievemente aranciate solo nella maturità. Tutti i vini si presentano dotati di ottima vivacità: per queste ragioni la lettura dell’anno dal punto di vista visivo risulta non semplice.

Cantina Dorigati

Teroldego Rotaliano DOC Superiore Riserva Diedri 2020
Al naso un’esuberanza giovanile legata a sentori croccanti di ciliegia, mora di rovo, mirtillo, con una vena più acidula che ricorda il mirtillo rosso. Un vero effluvio di erbe aromatiche tra timo e rosmarino con un buon corredo speziato che rimanda al ginepro, al pepe nero, alla noce moscata, all’alloro. Il palato si presenta subito molto fresco, con un tannino garbato e mai invadente. Sorso molto vibrante, piacevolmente giovane ed energetico, accattivante, magnetico, a tratti dissetante. Il preludio di quello che verrà.

Teroldego Rotaliano DOC Superiore Riserva Diedri 2006
Il naso rimanda a sensazioni speziate di grande eleganza e ricerca, intervallate da ricordi netti di ciliegia sotto spirito e note mentolate evolute, con ricordi di cioccolato e tostature da caffè. Il sorso ha rara pienezza gustativa: nel “genitore” aumentano l’avvolgenza e la scorrevolezza al palato, in presenza di un’acidità più contenuta ma sempre importante. La bocca si mantiene fresca: il vino sembra aver raggiunto una pienezza ottimale dal punto di vista gustativo. 14 anni di differenza con il figlio e non dimostrarli, in alcun modo.

Cantina Marco Donati

Teroldego Rotaliano DOC Sangue di Drago 2020
Anche in questo campione troviamo un calice di piacevolissima gioventù, dotato di slancio, vibrazione ma non meno di eleganza: florealità che vanno dall’iris blu alla rosa canina, accompagnate da sentori di ciliegia e prugna, a tratti sotto spirito, con una virata leggermente acidulata. La complessità arriva a contenere il tannino, in presenza di un tenore alcolico ben gestito. Il sorso è pieno, saporito, accompagnato da un’acidità sorprendente e da una sapidità che ci ricorda la terra.

Teroldego Rotaliano DOC Sangue di Drago 2011
Incidere elegante e ottima metrica gustativa: un vino che tradisce sicuramente gli anni per una spiccata acidità che non si arrende al trascorrere del tempo. L’anzianità rispetto al figlio è di 9 anni, ma più che genitore sembra avere l’età di un fratello di poco più grande. Inaspettatamente giovane, di grande intensità e memoria liquida. Violetta appassita, menta e cioccolato fondente, frutta matura di prugna in confettura, tabacco da pipa: invogliante e seducente.

Cantina Mezzacorona

Teroldego Rotaliano DOC Superiore Riserva Nos 2018
Protagonisti del calice sono i tannini morbidi e le complessità legate al passaggio in legno, ma la matrice identitaria del teroldego è ben presente. Tabacco, cenere, fiori secchi e ciottoli, muschio e resina, note di eucalipto e anice stellato: la tannicità al sorso è più evoluta, con maggiore avvolgenza e rotondità. Struttura solida, ricchissima di sensazioni, mai stanche. L’acidità ne esce sempre vincente.

Teroldego Rotaliano DOC Superiore Riserva Nos 2004
Mentolo, cannella, resina, chiodi di garofano, noce moscata, alloro secco, liquerizia, foglie secche e note di incenso. Rimandi alla macchia mediterranea con le bacche di mirto. Il tannino si mantiene significativo con sensazioni “asciuganti” e talcate. Ottima pulizia di fondo raggiunta attraverso sensazioni evolute, di profondità e spessore: in chiusura persistenza infinita.

Cantina Rotaliana

Teroldego Rotaliano DOC Clesuræ 2015
Sbuffi di pellame, cuoio, sandalo e, sullo sfondo, ricordi di boisé: velluto al palato senza cadere nell’omologato e mantenendo una matrice molto fresca. Palato e naso perfettamente allineati, in una corrispondenza che sembra figlia di quel trentino fatto di rigore e sacrificio. Il sorso è profondo, tridimensionale: generosità e ricchezza, allungo interminabile.

Teroldego Rotaliano DOC Clesuræ 2001
Il naso rivela nell’immediato che appartiene a una generazione diversa. Più suntuoso e austero, imperioso nel colore e nella trama. Molto profondo, con note di incenso evolute, ricordi di sagrestia, muschio e roccia. Note di caffè, tabacco biondo, china e rabarbaro. Sale della terra potenziato da una volontà di progetto che è partita da lontano: è la quadratura del cerchio, l’evoluzione testimoniata dalla bellezza e dalla potenza di un vitigno che non solo “tiene” ma, con gli anni, acquista fascino, personalità e capacità espressiva. 

Si chiude così un percorso degustativo fatto di curve e rientri, salite e poche discese, così come accade in montagna. Il teroldego incanta tra sorprese e conferme degli abbinamenti formulati: i vini testimoniano la loro capacità di attraversare gli anni con il piglio degli scalatori di montagna. Lo zaino degli anni non pesa mai quando si guarda la vetta.