Walter Lodali, il vino a modo mio

Walter Lodali, il vino a modo mio

La Verticale
di Sara Missaglia
01 luglio 2024

Piemontese fino al midollo, figlio di produttore e produttore a sua volta da generazioni, nel 2015 inizia a realizzare vini che piacciono soprattutto a lui. Nasce lo stile Lodali, e inizia un’altra storia. Scopriamolo con due verticali di Barolo e Barbaresco

Il 1939 è la data di nascita della cantina Lodali, che ha scelto Treiso, tra le colline di Langa, come quartier generale. Giovanni Lodali era il nonno di Walter e, come la vite, è arrivato in profondità. Prima di essere un vigneron, è stato un contadino, figlio di contadini, allenato alla fatica, perché la terra è sempre bassa. Suo figlio Lorenzo, il papà di Walter, si diploma alla scuola enologica di Alba e, con la moglie Rita, avvia la produzione dei primi cru a Barolo e Barbaresco. Il vino piace, si vende bene all’estero e tira un vento buono. Walter ha soltanto quattro anni quando resta solo con mamma Rita, che con tenacia quasi teutonica tiene in piedi la cantina: sono anni durissimi, in cui Rita, che faceva un altro mestiere, in modo quasi pionieristico decide di investire sulla cantina e sui vigneti, arrivando a perfezionare tecniche di produzione e vinificazione. Walter, classe 1977, si diploma nel 1998 nella stessa scuola enologica del padre, e diventa giovanissimo erede di una realtà importante: nelle parole di Walter non c’è solo affetto per la figura materna, scomparsa qualche mese fa, ma tanta riconoscenza, nella consapevolezza che probabilmente, senza di lei, tutto questo non sarebbe stato possibile.  

Walter Lodali e Mauro Carosso

La svolta

Nel 2015 il vento cambia: Walter, che si avvaleva della consulenza di un professionista esterno, decide non solo di dare in gestione le attività di ristorazione di cui si occupava (il nonno era un oste), concentrandosi esclusivamente sul vino, ma, folgorato dall’idea di dare un’impronta stilistica personale alla propria produzione, si pone come obiettivo la realizzazione di un vino a modo suo. Con la vendemmia 2016 la musica cambia e i calici hanno un altro suono e un altro sapore. Walter ha sicuramente avuto la fortuna di trovare un’azienda già avviata, ma ha avuto la capacità di trasformarla in modo significativo nello stile di produzione, nella metodologia e nella qualità dei vini, attraverso un percorso personale. «Mio nonno faceva l’oste quando ha iniziato a fare vino, quindi la ristorazione è parte della cultura di famiglia. Crescendo mi sono reso conto che non era possibile fare l’uno e l’altro. Ho dato quindi in gestione i due ristoranti di Treiso e di Roddi. Negli anni 2015 e 2016 ho puntato sul Barolo e Barbaresco Lorens”. Lorens è Lorenzo, il suo papà, che vive in ogni bottiglia dei vini premium della gamma. Oggi la cantina conta 18 ettari con circa 110mila bottiglie prodotte all’anno. «La 2016 rappresenta la prima annata in cui ho lavorato in totale autonomia con un collaboratore di cantina, Umberto», prosegue Walter: «in questa annata abbiamo fatto ancora uso di botte piccola e tonneaux, in quanto avevamo timore di fare un cambiamento eccessivo e anche perché l’acquisto di nuove botti aveva subito tempi di consegna più lunghi. Dal 2017 in poi si vede il cambio di mano». Walter lavora per sottrazione, il legno c’è ma rimane sullo sfondo: botte grande, solo legno austriaco Stockinger non tostato. Durante il montaggio delle botti chiede esclusivamente la piegatura a vapore, perché vuole che il nebbiolo non subisca alcun tipo di alterazione. In cantina Walter ha organizzato due verticali, la prima di Barolo, la seconda di Barbaresco: sono sempre momenti unici, ma in questo caso specifico rappresentano per il produttore un vero e proprio banco di prova. Un momento per celebrare una svolta importante e per ricordare a se stesso che le Langhe, nella loro veste migliore, sanno essere straordinariamente eleganti. Cinque assaggi di questo percorso per il Barolo e sei per il Barbaresco, che rappresentano a tutti gli effetti le tappe dell’evoluzione stilistica, durante la quale Walter si è divertito - consentiteci l’espressione, perché è davvero così - a mescolare le carte e a sovvertire l’ordine del “si è sempre fatto così”. 

La verticale di Lorens Barolo Bricco Ambrogio

Cinque annate dalla 2020 al 2016 per circa 5600 bottiglie da vigne di oltre cinquant’anni.

2020: si tratta di un’anteprima, in quanto sta completando l’affinamento in bottiglia e andrà in commercio il prossimo ottobre. Il calice presenta sensazioni floreali da viola molto accese, accompagnate da frutta - ciliegia e sottobosco - e spezie fresche come il cumino e il cardamomo. Da questa annata Walter non fa più filtrazione e ha adottato la tecnica del cappello sommerso. La beva è energetica, scalpitante, a tratti dissetante. Il vino sembra già pronto, senza perdere nulla in eleganza e finezza. È un vino di assoluta freschezza, pronto e perfetto così com’è. Generoso e succoso, con una eccellente attrattiva, da interpretare in chiave prospettica. È in grado oggi di raccontare quello che sarà domani. Ed è sicuramente una promessa.

2019
Il naso si presenta più austero, con tonalità più scure, dalla china al rabarbaro. Non è ancora completamente aperto e accogliente e, a differenza della 2020, sembra invece avere necessità di più tempo per potersi esprimere. È giocato su una ottima intensità di frutto, ma sembra ricordarci la necessità dell’attesa. Enigmatico a tratti, non facile da decifrare tra note di pepe nero, erbe officinali, tabacco dolce e stille iodate di incenso. Sembra dotato di una particolare autorevolezza, a tratti di ritrosia aristocratica.

2018
Sembra essere la quadratura del cerchio, non solo perché è esattamente nel mezzo della degustazione, ma perché la sequenza di Fibonacci sembra fermarsi qui. È un’annata che si è presa tutto il tempo per diventare elegante, con una beva quasi seduttiva, magnetica, di grande piacevolezza. Con questa annata è ben chiara l’operazione di sottrazione e l’eliminazione della presenza di un legno a volte ingombrante o invadente. La fragolina di bosco, la gelatina di ribes, la sensazione di petali di rosa si alternano in un ritmo dinamico e in presenza di un’acidità che prende l’intero palato. Si direbbe un vino sexy, qualcosa che piace immediatamente. È invitante, profondo, perfettamente calibrato, con un effetto tannico tridimensionale, avvolgente e di piacevole morbidezza.

2017
Walter è passato alla botte grande, ma questa annata ancora risente di una mano stilistica dove in legno sembra avere la meglio, anche in virtù del fatto che le botti Stockinger erano al primo utilizzo. Con la 2017 Walter cambia anche le etichette e il lettering: nella precedente veste grafica non si riconosce più e sente la necessità di un cambio di immagine importante, di un nuovo abito da indossare e degustare. L’abito fa il monaco, e questa volta è della taglia giusta per Walter. Il sorso si fa leggiadro, il tannino perfettamente integrato, ma, soprattutto, la mano Lodali inizia a farsi sentire, e la frutta è ancora croccante. 

2016
È stato l’ultimo anno in cui ha usato botte piccola e tonneaux. Qui il legno è ancora presente, con note evidenti di tabacco, di cocco, di vaniglia e di cannella, con sbuffi balsamici, cacao, ricordi tostati e di sagrestia, tra incenso e note fumé. 

È molto interessante sottolineare che il percorso di Walter si è dipanato in modo coerente con i cambiamenti del mercato, con i nuovi trend dei consumatori e le differenti esigenze di gusto che si sono lasciati alle spalle struttura ed estrazione a favore di una beva decisamente meno “zavorrata”. Un concetto di modernità che Walter non ha assecondato, ma che è nato da una spinta del tutto personale.

La verticale di Lorens Barbaresco Giacone 

Cinque annate di Barbaresco in chiaro, dalla 2021 al 2017. Un ultimo calice è stato servito alla cieca, contraddistinto sulla tovaglia di degustazione da un punto di domanda. Il Barbaresco è sicuramente l’abito preferito di Walter, perché tutto è nato da qui. Giacone è una Menzione Geografica del Comune di Treiso: siamo esattamente nei pressi delle Rocche dei Sette Fratelli, dove la cantina dispone di 4 ettari, di cui uno ancora piantato dal papà Lorenzo, con viti che hanno 58 anni. Sono luoghi ricchi di fascino, con voragini nel terreno molto profonde, nate dalla erosione del fiume Tanaro che, via via, ha consumato il terreno marnoso di origine marina. Pareti molto ripide, con sottosuoli di tufo e di calcare. Le Rocche nascono da una leggenda popolare, che ha voluto inghiottire nelle voragini sette fratelli che avevano lanciato una sfida al Cielo. Intorno alle Rocche si sono svolte lotte partigiane per la liberazione d’Italia, raccontate da Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano originario di Alba.
A differenza delle cinque annate di Barolo, tra loro molto diverse, quelle di Barbaresco presentano un comune denominatore quasi posturale: schiena dritta, lievemente austera, quasi aristocratica. Eleganti e composti, con un atteggiamento ieratico e seduti sullo scranno più alto dell’Olimpo.

2021
Molto giocata sul frutto, a conferma del fatto che le scelte stilistiche di Walter  hanno messo il legno in subordine. Le sensazioni tostate, speziate e lievemente fumé appaiono del tutto defilate. Freschezza importante, in presenza di un tannino dolce ben integrato e amplificato da una sapidità evidente, con una chiusura che rimanda ad erbe officinali.  Un vino d’attesa, che sicuramente saprà riservare grandi soddisfazioni. 

2020
Rispetto alla medesima annata di Barolo si presenta totalmente differente. È molto più profonda e “dark” rispetto al Barolo 2020, con evidenze di liquirizia, di radice e ricordi di sandalo. 

2019
Corpo compatto e leggermente riservato, dal naso più sussurrato e delicato, con espressioni giocate senza eccessi su ricordi prevalenti di frutta, che presenta ancora un’ottima croccantezza. Anche in questo caso un vino più riflessivo, che celebra l’eleganza in una forma quasi distaccata e nobile.

2018
L’annata sembra incredibilmente convincente: rosa canina, violetta appassita su uno sfondo fruttato e speziato di grande eleganza. Assoluta freschezza, con un tannino sferico, vellutato, perfettamente integrato. È la testimone del progetto di Walter: appare quasi in uno stato di grazia, piacevolmente accattivante e di grande soddisfazione.

2017
Il colore filigranato è di assoluta luminosità ed eleganza. Il vino si rivela al naso particolarmente interessante, con note di elicriso e di arancia sanguinella, assommate a sensazioni floreali di rosa canina appassita. Al palato è sicuramente generoso, con ricordi di fieno, di foglie secche, di lievi tostature e note di cioccolato. Ha indubbiamente un’anima più strutturata rispetto ai precedenti, forse per via dell’impiego delle botti nuove.

Chiudiamo con l’ultima annata, quella servita alla cieca: si tratta di una vera anteprima. È la Riserva 2020 Rocche di Massaluppo, la prima Riserva realizzata da Walter, che entrerà in commercio tra un anno. Qui la fermentazione è stata fatta in tonneaux e la vinificazione è avvenuta sempre in tonneaux esausti, con raspi impiegati per il 10% e con la tecnica del cappello sommerso. La maturazione ha visto l’impiego di botti Garbellotto da 1000 litri completamente naturali. Il vino, sostiene Walter, deve proseguire l’affinamento in bottiglia, perché nella sua intenzione deve sviluppare qualcosa di più romantico: da questa Riserva si aspetta una marcia in più. Gli sbuffi sono balsamici, profondi, con ricordi di corteccia, di funghi, di ardesia e di muschio. Questo stesso vino rappresenta la sintesi di dove Walter vuole arrivare. Solo 1600 bottiglie per tagliare il traguardo.

La mano di Walter si è fatta leggera, e all’inaugurazione di una moderna cantina si accompagna un’attenzione ai vigneti e all’ambiente: inerbimento totale, l’utilizzo di sistemi di lotta integrata come le minigonne per fronteggiare la nottua, il diradamento e l’utilizzo limitato di trattamenti. Walter è certificato SQNPI ed è in corso la certificazione Equalitas.

L’entusiasmo di Walter è in questi calici, il suo sorriso e la sana joie de vivre sono un vero toccasana anche per le anime più severe. Prima di tutto qualità, ma anche il sorriso è perfetto in abbinamento.