A spasso per il mondo alla ricerca dei rosé

A spasso per il mondo alla ricerca dei rosé

Mondo Vino
di Ilaria Ranucci
02 agosto 2024

Per celebrare i rosé e tutto il loro potenziale, ve ne raccontiamo sette, spaziando tra diversi Paesi, stili, storie e vitigni

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 26 Maggio 2024

Il vino rosé, nell’immaginario collettivo, è un vino scacciapensieri e facile, un vino di ingresso, quasi per “non esperti”. Spesso non ci si sofferma sulle sue origini, o su dove o perché venga bevuto, né tantomeno si parla di terroir. È curioso parlare in questa rubrica di rosé del Nuovo Mondo, perché sono vini che vivono la somma di due pregiudizi: una tipologia facile e una provenienza geografica commerciale e poco legata al terroir. Impossibile negare che ci sia un fondo di verità, almeno guardando ai grandi volumi. Però ci sono, come sempre, svariate eccezioni, anche al di fuori dell’Europa. I Paesi del Nuovo Mondo hanno certamente molto da dire quando si parla di rosé. La top 10 dei Paesi produttori di questa tipologia, infatti, comprende certamente gli Stati Uniti, che hanno una lunga tradizione nella produzione di vini rosa, ma anche Sud Africa, Cile e Australia. Alcuni Paesi del Nuovo Mondo sono tra quelli che hanno mostrato una crescita della produzione di rosé decisamente vorticosa: Nuova Zelanda e Cile hanno registrato tra il 2011 e il 2020 un aumento di oltre il 50%. La Francia, naturalmente, regna incontrastata per la sua lunga tradizione: è francese, infatti, una bottiglia su tre di rosé prodotta e bevuta a livello globale. Guardando agli stili produttivi, il rosé è tradizionalmente stato, con limitate eccezioni, un completamento di gamma, o una produzione residuale, guidata da esigenze economiche (utilizzare tutte le uve) e commerciali (differenziare e coprire un altro segmento). Ci sono anche nel Nuovo Mondo moltissimi rosé convenzionali e commerciali, e molti vecchio stile, mutuati dai rossi e con residuo zuccherino. Uno dei fenomeni che ha accompagnato la recente crescita del rosé è la tendenza alla diversificazione, lasciando così spazio a vini decisamente più ambiziosi, fenomeno che riguarda anche i Paesi del Nuovo Mondo, che hanno una grande potenzialità, pur essendo partiti di recente. Nella maggior parte dei casi hanno comunque poche tradizioni e regole molto poco prescrittive. Questo consente di scegliere quali uve coltivare e che stile adottare, producendo in questo modo rosé più identitari, espressivi, spesso in linea con l’attuale trend di riscoperta dei vitigni minori.

Un grande del pop
SUTTER HOME WHITE ZINFANDEL

Quando Bob Trinchero di Sutter Home, nel 1971, annata relativamente fredda per la California, si è posto il problema di dare maggiore concentrazione ai propri rossi, ha iniziato a produrre un leggero rosé da salasso. Lo scopo era di ottenere un rosso migliore, e il rosé era di fatto un sottoprodotto. La bassa aspettativa sul potenziale del vino ha fatto sì che per il primo anno non sia neanche stato commercializzato. Era disponibile solo nella sala degustazione della cantina. Quello che poi è diventato l’ormai mitico white zinfandel, riprendendo una tradizione già documentata nell’800, doveva chiamarsi Oeil de Perdrix, il nome dato in passato agli champagne rosé, per onorare il modello di riferimento, i delicati rosé francesi. White zinfandel era scritto in piccolo sulle vecchie etichette, per spiegare in inglese di cosa si trattava. Nel 1975 la svolta, puramente dovuta al caso: la fermentazione bloccata lasciò nel vino un leggero residuo zuccherino, facendone il perfetto emulo dei “vini coca-cola” portoghesi allora più famosi. Grande successo di pubblico: è cominciato un fenomeno, che ancora oggi vede ogni anno oltre 20 milioni di bottiglie vendute.

Guardando alla Francia
TOURNON MATHILDA VICTORIA ROSÉ

Chi produce vino spesso ama le sfide. Ogni annata presenta nuove difficoltà e poco margine di errore. Non stupisce quindi che ci siano molti produttori consolidati in Europa che hanno cercato nuove opportunità altrove, portando competenze e conoscenza degli stili del Vecchio Continente. Anche nella produzione di rosé ci sono diversi casi di “espatriati di lusso”. Uno di questi è un mito del Rodano, Michel Chapoutier, che dal 1997 ha una tenuta anche in Australia, il Domaine Tournon. Anche se un rosé da grenache prodotto da Michel Chapoutier fa pensare al Rodano, la “Victoria” che compare nel nome di questo vino non è altro che il nome dello stato australiano in cui si trova il Domaine. “Mathilda”, invece, ha una connotazione molto più domestica, dato che è il nome della figlia di Michel. Pur negli adattamenti necessari – difficilmente in Francia c’è il problema di tenere lontani i canguri - l’approccio produttivo del Domaine Tournon è quello stesso, biodinamico, adottato da Chapoutier nelle altre sue proprietà. Il risultato è un vino, non prodotto in tutti gli anni, ultima annata il 2021, scarico di colore e introverso, distante anni luce dai rosé di pronta beva che viene da associare alla rilassata e solare Australia.

I vitigni italiani come moda e sperimentazione
CHANNING DAUGHTERS HOME FARM VINEYARD LONG ISLAND ROSATO DI REFOSCO

I vitigni italiani sono decisamente di moda e uno dei tratti più interessanti del Nuovo Mondo del vino è appunto la libertà di esplorare. Per questo non è difficile trovare vitigni italiani provenienti da territori ristretti nei posti più impensati e scelti per ragioni anche diversissime, per passione ma anche per esplicita e scientifica ricerca. E questo vale anche per i rosé. In questo caso chi raccoglie la sfida è un produttore di Long Island, che produce anche negli Hamptons, celebre luogo di vacanza dei newyorkesi benestanti. Il luogo fa inevitabilmente venire voglia di bel tempo e di rosé, e in effetti Channing Daughters, come altri nella zona, ne produce diversi, addirittura sette, nonostante un clima caldo che non aiuta a preservare l’acidità che dona a questa tipologia. Lo chiamano il programma “Molti Rosati”: comprende anche rosé da due vitigni italiani, lagrein e appunto il vitigno friulano refosco. Uno dei blend include anche una piccola percentuale di teroldego. Il Rosato di Refosco è un vino chiaro e luminoso, giocato sul frutto, che fa solo acciaio ed è prodotto con una pressatura molto leggera, per domare lo spirito rustico e per niente modaiolo del vitigno.

Il rosé Australian style
CIRILLO 1850 ANCESTOR VINE GRENACHE ROSE

Elizabeth Gabay descrive molto bene le caratteristiche di un rosé stile australiano: prodotti tradizionalmente con il metodo del salasso, da uve rosse ben mature, relativamente carichi di colore, improntati sul frutto, con alcol moderato e spesso un leggero residuo zuccherino. Fatti per essere bevuti gioiosamente quando ancora giovani. Pur essendo spesso i rosé australiani, nella natura prorompente, dei rossi in miniatura, l’estrazione meno spinta, ove ben gestita, si presta comunque a valorizzare i vitigni e il territorio. Anche in Australia oggi si trovano rosé interessanti, da varietà differenti e luoghi impensati e, come negli altri Paesi, in diversi stili, adottati in parte per scelta commerciale e in parte per propensione e passione. La peculiarità del rosé di Cirillo Estate è che, date le premesse, tutto ci si aspetterebbe tranne che parlare della vigna di grenache forse più vecchia al mondo. Per sapere la data di impianto basta leggere l’etichetta: 1850. Ancestor è il nome dato dalla Barossa Old Vine Charter alle vigne di oltre 125 anni. L’aspirazione dichiarata è lo stile europeo, basato sull’eleganza, per un vino pensato anche per invecchiare.

L’Argentina e il suo malbec
SUSANA BALBO SIGNATURE ROSÉ

Come in altri Paesi del Nuovo Mondo il “vecchio” modo di fare rosé in Argentina era in assemblaggio, per produrre vini semplici con un residuo zuccherino. Da allora si sono evolute sia le tecniche produttive, verso l’uso del salasso e del rosé da breve macerazione, che gli stili, con una maggiore precisione e una esplicita scelta enologica orientata verso rosé leggeri e freschi o più di corpo e profondi. Per questi ultimi si presta molto il vitigno rosso di punta in Argentina, il malbec, che è il principale riferimento anche per il rosé. Susana Balbo è stata più volte presidente di Wines of Argentina ed è una figura iconica nel Paese, a partire dal fatto che nel 1981 è stata la prima donna in Argentina a laurearsi in enologia. Dopo 20 anni di esperienza in diverse cantine, nel 1999 ha fondato una cantina di proprietà nella Valle de Uco, a Mendoza, che oggi gestisce con i figli. Indiscutibile l’esperienza di Susana con malbec e torrontes, come anche l’impostazione, incentrata sulla qualità, e l’attenzione estrema ai dettagli. Per la linea Signature ha scelto di abbinare al malbec il pinot nero, in un uvaggio mirato a far atterrare il malbec verso un peso più lieve, una veste più estiva e uno stile sorprendentemente provenzale.

Declinazioni di pinot nero
TWO RIVERS ISLE OF BEAUTY ROSÉ

L’avvento dell’era del rosé in Nuova Zelanda è recente, con una crescita significativa prevalentemente dopo il 2000. Prima poco o nulla, almeno di interessante. L’identità dei rosé neozelandesi è ancora in evoluzione, e nella maggior parte dei casi il rosé rimane una declinazione meno intensa del rosso prevalente nella zona di produzione. Si stanno comunque delineando anche dei trend: a nord il rosé da merlot, più pieno e di corpo, e a sud quello da pinot nero. La tipologia ha condiviso la crescita e sperimentazione del pinot nero neozelandese, con personalità variegate e approcci introvabili nella vecchia Europa, come rosé da assemblaggio di pinot nero e sauvignon blanc o uvaggi di pinot nero e arneis. Nel rosé Isle of Beauty al pinot nero si uniscono due varietà del Rodano, syrah e viognier. Non a caso, dato che il fondatore di Two Rivers, David Clouston, ha fatto leva sulle sue esperienze di vinificazione in Europa, e precisamente in Corsica. Amata al punto da chiamare il suo rosé “l’isola della bellezza”, guardando da Marlborough al Mediterraneo e scegliendo uno stile solare, improntato alla purezza del frutto. Non è detto che Corsica e Nuova Zelanda siano davvero lontane!

E perché non in anfora?
A.D. BECKHAM, “AMPHORA” WILLAMETTE VALLEY PINOT GRIS

Anche se l’Oregon è famoso per l’energia e l’innovazione dei suoi produttori, non è da molto che la tipologia rosé beneficia della loro maggiore attenzione, soprattutto parlando di rosé nella versione ferma e non spumante. In ogni caso, contrariamente alla California, il rosé è stato subito prodotto a prescindere dall’esigenza di concentrazione dei rossi, e quindi espressamente disegnato. I produttori dell’Oregon hanno sposato da subito la ricerca di un rosé più ambizioso e non per le masse, complici i vitigni di riferimento, il difficilissimo pinot nero, ma anche il pinot grigio. Sempre comunque nel proprio individualismo, per cui a pensarci bene non è troppo sorprendente che Andrew Beckham, dalla professione di ceramista, abbia poi deciso di produrre vino, realizzando in proprio anche i contenitori di fermentazione e affinamento in terracotta. Tra le sue creazioni anche un pinot grigio, prodotto nelle anfore casalinghe, di colore carico tendente più al rosa che all’orange. Del resto è fermentato e affinato in anfora per undici mesi e in parte con permanenza sulle bucce. E per non farsi mancare nulla riposa anche in legno di acacia. Uomo lungimirante, oltre che originale, perché è stato il primo produttore commerciale di anfore da vino del Nord America. ◆