Quali sono gli asset valoriali del Franciacorta? La ricetta dei Master of Wine italiani

News dai Consorzi lombardi
di Alessandro Franceschini
11 marzo 2025
A 35 anni dalla nascita del Consorzio, ecco sei parametri con i quali leggere il presente e il futuro della denominazione lombarda dedicata al Metodo Classico secondo Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo.
Si è conclusa una prima fase, quella della nascita e dello sviluppo, e se ne sta aprendo probabilmente una seconda, quella della consapevolezza e della maturità. Ne sono convinti i tre Master of Wine italiani, Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo, ai quali è spettato il compito di organizzare e condurre la masterclass conclusiva della due giorni che il Consorzio Franciacorta ha dedicato per i festeggiamenti dei suoi primi 35 anni di vita.
I numeri di un successo
Nato nel 1990, il Consorzio ha invitato per due giorni stampa, produttori e opinion leader sul territorio per fare il punto di un percorso iniziato 35 anni fa grazie all’opera dei primi 29 associati e del suo primo presidente, Paolo Rabotti, che l’anno successivo portò alla registrazione del marchio Franciacorta. Oggi sono più di 120 le cantine, più di 200 i soci della filiera produttiva non solo della denominazione Franciacorta DOCG, ma anche di quelle Curtefranca DOC e Sebino IGT.
La superficie vitata è di 3634 ettari, distribuita su 19 comuni, pari a quasi il 18% di quella dell'intero territorio, a certificazione di un connubio con il paesaggio che non vede il dominio della monocoltura, come invece accade in altri territori vitivinicoli. Le bottiglie vendute nel 2024 sono state 16,8 milioni, cresciute del 58,4% negli ultimi 15 anni, così come l’export, sempre nello stesso periodo, salito del 130% a 2,3 milioni. E nel corso degli anni è creaciuta anche la notorietà del marchio Franciacorta, come ha certificato Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, nella sua relazione: il 95% dei consumatori italiani conosce questo Metodo Classico e il 61% lo ha bevuto almeno una volta nell’ultimo anno. Qualità, eleganza e territorio sono parole e immagini che, sempre secondo il l’indagine di Nomisma, vengono in mente ai consumatori quando pensano al Franciacorta.
Champagne e Prosecco sono i competitor del Franciacorta? «No, nessuno dei due» ha affermato Silvano Brescianini, presidente del Consorzio, commentando i dati. «Il Prosecco è una tipologia che dona facilità di beva e consente di portare i consumatori a bere vini effervescenti. Lo champagne non è certo un competitor considerando la storia che ha alle spalle. Se i loro mercati funzionano bene, funzionano anche per noi» ha concluso, certificando come la conoscenza del mondo delle bollicine porti valore aggiunto a tutte le denominazioni che giocano nello stesso campo di gioco, seppur con tipologie differenti.
Durante la prima giornata, sono intervenuti anche Attilio Scienza, docente di Viticoltura all’Università degli Studi di Milano, che ha sottolineato la vocazionalità del territorio franciacortino, Isabella Ghiglieno e Luisa Mattedi, che invece hanno approfondito il ruolo della biodiversità e degli agroecosistemi nella qualità della produzione vitivinicola. Essi Avellan, Master of Wine finlandese, e Amy Wislocky, editor di Decanter, hanno donato un sguardo internazionale, evidenziando da una parte la grande crescita dei vini sparkling, ma allo stesso tempo il grande lavoro di comunicazione che il Franciacorta deve ancora fare per conquistare fasce di mercato che non lo conoscono. Infine, il giornalista e cartografo Alessandro Masnaghetti ha illustrato alcune delle peculiarità del lavoro di mappatura e individuazione delle 134 Unità Geografiche, presentato lo scorso anno e approvato dal Consorzio, che vedrà la luce in etichetta (su Riserve e Millesimati) non prima del 2030, tra tempi di immissione sul mercato e tempi burocratici necessari per l'introduzione definitiva nel disciplinare.
Gli asset valoriali del Franciacorta
«Abbiamo intervistato i componenti del Cda del Consorzio e poi abbiamo estrapolato i valori comuni cercando di trasferirli nei vini che abbiamo scelto per la degustazione». È questa la premessa metodologica che hanno seguito Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi e Pietro Russo, nella scelta dei dodici vini protagonisti della masterclass che si è svolta durante la seconda giornata dell'evento. Una degustazione alla cieca (neanche alla fine sono stati rivelati i nomi dei produttori e dei vini) composta da tre batterie da 4 vini ciascuna, dedicate ad altrettante tipologie: Satèn, Rosé e Riserve.
Gioventù, cambio varietale, Satèn, longevità, succosità e dinamicità. Questi alla fine sono gli asset valoriali emersi e con i quali bisogna pensare a questo territorio nella sua prospettiva futura. «Questa è una denominazione giovane, un sistema ancora in grande evoluzione» ha affermato Gabriele Gorelli, e di conseguenza anche l’assetto varietale va inserito in un contesto mutevole, che risente anche dei cambiamenti climatici in atto. «Un terzo dei vigneti della Franciacorta ha meno di 20 anni. Meglio pensare di piantare più pinot nero o il carico epigenetico dello chardonnay di 20 anni fa è ora migliore?». Sono alcuni degli interrogativi e degli spunti lanciati da Andrea Lonardi per quanto riguarda il secondo asset valoriale. «L’altitudine, ad esempio, è ancora oggi poco sfruttata in Franciacorta e in futuro ci potrebbero essere zone da utilizzare».
La tipologia Satèn è stata una delle protagoniste della degustazione, nonché anche uno dei valori della denominazione che secondo i tre MW è da valorizzare con maggior forza. «È una tipologia identitaria. È un patrimonio ancora tutto da comunicare» ha affermato Pietro Russo. «Bisogna innalzare il suo posizionamento: in questo momento rappresenta solo il 12,5% della produzione complessiva della denominazione, ma pensiamo che abbia un grande valore».
Sul concetto di longevità, che le tipologie Riserva e Millesimati interpretano nel migliore dei modi, bisogna aggiungere più contenuti, sempre secondo i tre MW, partendo da un racconto coerente con il valore delle diverse annate in commercio. Un lavoro delicato, che qui va fatto nel giusto modo solo dopo qualche anno dalla vendemmia, un po’ per via delle differenze presenti sul territorio, un po’ perché il Metodo Classico ha dinamiche tutte sue, caratterizzato in modo decisivo dal lavoro di scelta dei vini presenti nelle diverse cuvée.
Il quinto valore porta il nome di “succosità”, che secondo i tre super esperti fa rima con “vinosità”, sebbene quest’ultimo sia spesso interpretato in senso negativo. «È un carattere molto presente nei vini della Franciacorta, enfatizzato sopratutto nel Satèn». Infine, la dinamicità. «La Franciacorta è un sistema dinamico che si scontra con i tempi lenti del Metodo Classico». Aziende piccole e grandi insieme, tanti settori imprenditoriali di provenienza, sono gli ingredienti di un tessuto sociale che ha fatto sì che ci sia stata, e ci sia anche in futuro, un’apertura verso il mondo esterno, aspetto fondamentale per essere sempre flessibili ai cambiamenti in atto e che fa parte della cultura del territorio franciacortino.
Dal culto della disciplina alla consapevolezza culturale
«Questo è un territorio giovane e tutti sentono che è finito un primo ciclo, quello dove hanno preso le vigne e le presse, nel quale hanno imparato e sono cresciuti» hanno concluso i tre MW italiani alla fine della degustazione. Se la disciplina, un valore molto radicato qui e non così facile da trovare altrove, ha fatto da collante a tutto il territorio nella prima fase, consentendo di darsi regole comuni e un approccio alla comunicazione e al mercato compatto, ora è tempo di lasciare spazio, con l’arrivo della maturità, a un atteggiamento che prediliga la cultura. «È in atto un passaggio generazionale, si è conclusa la prima fase e se ne apre un’altra, quella della conoscenza del territorio e della consapevolezza».