Viniplus 2008. La Tavola Rotonda. Come giudicare un vino?!!...

Viniplus 2008. La Tavola Rotonda. Come giudicare un vino?!!...

News Viniplus
di Luigi Bortolotti
20 marzo 2008

Esiste un criterio di valutazione del vino che possa andare oltre le mode e oltre la soggettività del singolo degustatore?

Uno dei principali obiettivi della attività di formazione dell’Associazione Italiana Sommelier è quello di insegnare a capire ed a valutare la qualità di un vino. Il vino che abbiamo nel bicchiere, al momento della degustazione, senza farci influenzare dal giudizio di altri espresso o prima o dopo o in contesti diversi.

Sembra un compito facile, ma non lo è. Basta guardarsi attorno e vedere come le diverse pubblicazioni e le diverse guide esprimono giudizi difformi, discordanti o contrastanti.

Probabilmente queste differenze sono determinate dai personali approcci di analisi, dalle differenti capacità dei degustatori ed anche dalle mode. Chi non ricorda i fiumi di inchiostro

scritti pro e contro l’utilizzo eccessivo della barrique? Era una moda importata ed accettata da quanti non capivano che l’omologazione del gusto che ne conseguiva poteva essere utile in altri paesi ma non certo in Italia dove la cultura delle nicchie di qualità è connaturata con il nostro modo di pensare e di produrre. In pratica si è corso il rischio di azzerare il valore, assoluto ed unico al mondo, delle diversità qualitative italiane. Ma, al di là di questo, esiste un criterio di valutazione del vino che possa andare oltre le mode e oltre la soggettività del singolo degustatore?

E’ una scommessa difficile ma molti sommelier della Lombardia, compreso il Presidente Luca Bandirali, pensano che qualcosa si possa fare e da anni qualcosa hanno cominciato a fare.

Per esempio, con grande coraggio, è stata realizzata la Guida Viniplus. Una Guida nella

quale la valutazione dei vini viene fatta esclusivamente dai Degustatori Ufficiali di Ais Lombardia. In questo modo il giudizio espresso rimane aderente alle valutazioni di un gruppo di sommelier qualificati, che stanno sempre più acquisendo un bagaglio di esperienze professionali di tutto rispetto, ma che non fanno i degustatori di professione oppure per tutto il tempo dell’anno. In pratica si tratta di un gruppo di degustatori professionali ed evoluti che sono altresì molto vicini al gusto ed alle valutazioni del consumatore finale, quello che il vino se lo deve comperare. E’ una metodologia di approccio valutativo di grande novità e molto apprezzata da un po’ tutti produttori lombardi.

Ma oggi c’è la volontà di individuare con maggiore precisione un ulteriore obiettivo: definire più compiutamente quali sono i valori da tenere in considerazione per giudicare

un vino. La didattica dell’Ais insegna che per questo serve valutare l’aspetto visivo per l’intensità, la vivacità e la tipicità cromatica che può esprimere.

Di grande importanza è anche l’aspetto olfattivo per le complessità, le finezze qualitative e le tipicità che ci possono essere comunicate. Poi occorre valutare le caratteristiche gustative del vino, i suoi equilibri, l’eleganza, la persistenza aromatica intensa, l’armonia,

la corrispondenza tra le diverse fasi, le sinergie positive che a livello di analisi gusto olfattiva si possono determinare ed altro. Ci sono sicuramente anche altri aspetti tecnici che potrebbero essere considerati, ma, proprio qui sta il loro limite, sono appunto “solo aspetti tecnici” che cioè rischiano di farci perdere di vista quello che un grande vino deve sempre comunicare: la personalità e l’anima del vitigno, la cultura e la tradizione del territorio che lo esprime.

Sarebbe come se in un grande Ristorante degustassimo un piatto cercando di capire solo le diverse tecniche di cottura o la correttezza dell’abbinamento dei prodotti usati senza cogliere l’identità dei sapori, la piacevolezza complessiva del piatto o senza avvertire la personalità creativa del cuoco.

Un giornalista amico ci ha scritto in questi giorni: “Quante volte ci siamo sorpresi per la grande piacevolezza di un vino da 85 punti? E quante volte siamo rimasti delusi da un vino da 85 punti? Eppure sono sempre 85 punti, in entrambi i casi. Questo vuol dire che il punteggio, così come lo diamo ora, in realtà non ha alcuna attinenza con un’effettiva o reale scala di piacevolezza. Allora a che serve?” Gli abbiamo risposto affermando che un vino, più o meno grande, comunica sempre emozione e che proprio questa emozione è l’elemento in più che noi degustatori dobbiamo cercare di interpretare e comunicare al meglio, l’elemento che completa tutte le altre valutazioni e che crea la vera differenza tra un prodotto e l’altro. E’ un’emozione legata alla tipicità del vitigno, alle caratteristiche trasmesse dal terreno, dall’ambiente climatico, dalla cultura del territorio e dalle pratiche di cantina quando rispettose della identità e della personalità del vino.

E’ un’attenzione innovativa da trasferire nella valutazione dei vini e speriamo che possa ottenere l’approvazione degli amici viticoltori. Se anche loro ne saranno convinti e, con responsabilità e correttezza etica, parteciperanno attivamente alla costruzione di questo progetto per la valorizzazione del vino attraverso la identificazione della sua tipicità territoriale e della sua personalità organolettica, potremo creare sinergie importanti per una giusta valorizzazione dei nostri prodotti lombardi ed italiani sia in ambito nazionale che internazionale.



Il Convegno dell’8 Marzo

Per confrontarci su queste idee e sulla loro possibilità di effettiva applicazione al momento

delle degustazione, l’Associazione Italiana Sommelier della Lombardia ha organizzato il Convegno dell’8 Marzo coinvolgendo il prof. Fregoni presidente della O.I.V.V., il prof. Valenti dell’Università Statale di Milano, il dr. Ugolini ed il dr. Braceschi del Centro Studi Assaggiatori, il dr. Panont direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepo Pavese ed Henry Milan produttore a Saint-Rémy de Provence.

Le valutazione che sono emerse dalle relazioni e dal dibattito sono state molto interessanti e, pur se in diverso modo, avvalorano la tesi che il valore aggiunto più importante contenuto in una buona bottiglia sia dato dalla sua piacevolezza complessiva e dalle emozioni che sa suscitare.

Emozioni che non possono essere disgiunte dalla espressività tipica dei vitigni, dalle specifiche condizioni climatiche ed ambientali, dalle caratteristiche delle diverse zone e dalla particolare cultura produttiva che esprime un territorio. Insomma quello che si dice la personalità di un vino.

Di grande interesse in questo senso l’intervento del prof. Fregoni che, in modo

provocatorio, si è spinto ad affermare che un territorio ad alta vocazione è quello che annulla la tipicità del vitigno e che in generale è il territorio più del vitigno che fa

grande un vino anche se oggi, purtroppo, molte pratiche di cantina stravolgono sia il territorio che il vitigno.

La relazione del prof. Ugolini ha offerto, con grande intelligenza, spunti di riflessione sulle

caratteristiche e sui limiti dell’analisi sensoriale che, da una parte, offre appunto una sostanziale abilità nell’identificare i profumi, i sapori e le caratteristiche organolettiche del vino, ma dall’altra però non serve per spiegarne la qualità e la piacevolezza complessiva. Il prof. Ugolini ha infatti portato i risultati di uno studio sull’analisi sensoriale effettuata su tre vini di diversa qualità: i profili sensoriali elaborati dagli analisti hanno ben evidenziato i singoli riconoscimenti specifici ma assolutamente non sono serviti per spiegare la qualità del vino. La qualità è un aspetto che non si riesce a misurare in modo tecnico. Serve

l’esperienza, la conoscenza, la sensibilità, la preparazione e l’intelligenza oltre ad una effettiva predisposizione personale di chi degusta. Insomma essere un bravo analista sensoriale è solo la base per diventare, forse, un bravo degustatore. In definitiva se ci limitassimo ad una analisi esclusivamente tecnica non comunicheremmo nulla di significativo a chi legge ed ai fruitori delle Guide e questi sarebbero portati ad affidarsi unicamente al voto espresso: tre bicchieri valgono più di due, cinque grappoli valgono più di quattro, quattro rose camune più di tre e così via.

Cosa fare?!... Oltre ad una più attenta considerazione sulla personalità e sulle emozioni che comunica il vino, per dare un significato di maggiore utilità alle degustazioni,

noi pensiamo che sia possibile aggiungere all’analisi tradizionale anche un aspetto più direttamente “funzionale”. La valutazione complessiva potrebbe cioè considerare con attenzione più puntuale anche la maggiore o minore fruibilità del vino in relazione all’abbinamento con il cibo, alle occasioni di utilizzo ed al costo di acquisto in cantina, in enoteca o al ristorante.

Non esiste un vino sempre “buono” o sempre “migliore” ma esiste il vino più godibile in

relazione al contesto, alla situazione od alla occasione di consumo. In Italia, salvo che in poche eccezioni, non ha ancora preso piede l’abitudine di consumare il vino da solo e fuori dai pasti ed abbiamo la fortuna di avere una schiera infinita di ottimi piatti regionali e di territorio: coltiviamo allora la cultura dell’abbinamento per valorizzare la variabilità dell’utilizzo dei vini e la diversità organolettica espressa dai diversi vitigni nelle diverse zone. Combattiamo i rischi di omologazione del gusto verso mortificanti modelli di qualità marmellatosa; quelli che spesso sono la negazione di una effettiva bevibilità e godibilità del vino al pasto.

E’ tempo di sottolineare con forza che le differenze qualitative del vino nella ricchezza

delle diversità produttive, in una nazione di lunghissima tradizione enologica come la nostra, costituiscono un valore aggiunto autentico, unico ed irrepetibile al mondo. Non

valorizzare con convinzione il senso della tradizione e della territorialità significa in pratica appiattirsi su una omologazione del gusto orientata a parametri standardizzati alla Mac Donald e questo sarebbe un delitto assurdo per la ricchezza delle diversità italiane e… che tristezza per il nostro palato!

La strada che insieme ai viticoltori si dovrebbe allora percorrere è quella di comunicare

in modo onesto le tantissime differenti qualità dei nostri vini e la ricchezza delle capacità produttive dei numerosi bravi produttori presenti nel panorama vitivinicolo italiano. La complessità produttiva italiana ci dona una incredibile ricchezza di scelte perché non dovremmo valorizzarla sottolineando le diversità che la caratterizzano?

A nostro parere il compito dei sommelier, dei degustatori e di quanti possono comunicare

il vino è quello di suggerire una chiave di lettura che, pur partendo dalla doverosa analisi tecnica, vada a considerare anche la fruibilità, la piacevolezza, la bevibilità, la personalità del vino, la diversità delle occasioni di utilizzo e perché no anche la tipicità del vitigno e la cultura territoriale incorporata nel bicchiere.

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