Dal tabacco al sigaro: storia e cultura del fumo lento

Dal tabacco al sigaro: storia e cultura del fumo lento

Non solo vino
di Stefano Vanzù
21 giugno 2021

Il Sommelier e Catador Ivano Menicucci racconta l’affascinante storia del tabacco e ci introduce alla scoperta del fumo lento, il modo più corretto per apprezzare e degustare un buon sigaro.

Nutrita partecipazione all’evento online di “Annessi e Connessi” che ha registrato sino a 180 collegamenti contemporanei di Soci e Appassionati, interessati e curiosi di conoscere la storia plurimillenaria del tabacco e di affacciarsi alla degustazione consapevole dei sigari, guidati con competenza e maestria da Ivano Menicucci, ingegnere elettronico di professione nonché Sommelier e Catador(ovvero Maestro Conoscitore del Sigaro) per passione.

Prima di introdurci alla scoperta del tabacco e del fumo lento, viene lanciato un sondaggio alla platea in ascolto che evidenzia come il 62% dei presenti non fumi, ma questo dato non deve sorprenderci più di tanto poiché il pubblico è composto da estimatori del buon bere, della buona tavola e dei piaceri della vita: lo stesso Ivano Menicucci, che durante la serata definirà il sigaro «un catalizzatore di emozioni come può esserlo un buon vino», sottolinea subito che il tabacco, così come l’alcol, è nocivo per la nostra salute e che solo un consumo moderato, consapevole e attento consente di evitare danni seri al nostro organismo.

Ivano MenicucciLa lunga storia del tabacco e del suo consumo da parte dell’uomo inizia approssimativamente fra 5.000 e 3.000 anni prima di Cristo, in un’ampia zona del Sud America compresa fra gli attuali Cile, Perù, Bolivia ed Argentina; i più antichi reperti archeologici che testimoniano la pratica di fumare tabacco sono le pipe tubolaririnvenute in Brasile nell’isola di Marajò, risalenti all’anno 1.000 a.C., ma per registrarne un uso consueto, seppure a scopo religioso, dobbiamo attendere lo sviluppo delle civiltà precolombiane, prima i Maya e successivamente gli Aztechi.

Un bassorilievo, presente nel Tempio della Croce a Palenque in Messico, mostra una divinità Maya intenta a fumare una specie di pipa; per i sacerdoti maya le nuvole in cielo erano sbuffi di fumo emessi dagli dei e pertanto il sacerdote, fumando, compiva un’azione sacra dato che il fumo stesso, ascendendo al cielo, era gradito alle divinità. Gli stessi sacerdoti ritenevano che gli stati allucinatori indotti dall’uso del tabacco consentissero loro di entrare in contatto con il dio evocato.

Il tabacco fu molto importante anche per gli Aztechi che lo consideravano una delle erbe sacre di Xochipilli, il "principe dei fiori", una divinità dell'agricoltura e delle piante, in particolare quelle in grado di favorire esperienze mistiche e spirituali. Nel pantheon azteco esisteva addirittura un dio, chiamato Cihuacoahuatl, composto interamente di tabacco: quando questa divinità camminava sulla terra perdeva pezzi di tabacco dai quali nascevano poi le piantine sfruttate dagli uomini.

Quando nell’ottobre del 1492 Cristoforo Colombo sbarca a Cuba nota che i nativi del luogo fumano strane foglie arrotolate chiamate Cohiba. Ritornato in Europa, il grande navigatore riferisce tutto quanto ha scoperto nel suo rapporto alle corti spagnola e portoghese, ma il tabacco verrà inizialmente usato come semplice pianta ornamentale e solo verso la metà del XVI secolo il medico personale di Filippo II di Spagna comincia a promuoverlo come "medicina universale".

Breve storia del tabaccoNel 1560 il tabacco viene introdotto nella penisola italiana dal cardinale Prospero Santacroce, nunzio apostolico nel Regno del Portogallo, mentre Nicolò Tornabuoni, legato pontificio nel Regno di Francia, gli dà il nome di "Erba di Santa Croce" in quanto, se assunta sacralmente, avrebbe avuto virtù giudicate miracolose.

Sempre nel 1560 l'ambasciatore francese in Portogallo Jean Nicot (da cui prenderà il nome la nicotina), basandosi sull'effetto curativo del fumo rituale indiano, invia la polvere di tabacco alla regina Caterina de’ Medici come trattamento delle terribili emicranie di cui soffriva il figlio, il sovrano Francesco II.

Se per tutto il XVI secolo il tabacco, in Europa, è considerato alla stregua di un farmaco, è nel secolo successivo che si inizia a fumarlo per trarne un piacere, ma ben presto questa pratica diventa invisa a molti regnanti europei e alla Chiesa Cattolica, e non è ammessa anche in paesi orientali quali la Turchia e la Cina che infliggono dure punizioni corporali a chi viene scoperto a usare tabacco. Nel 1604 Giacomo I Stuart sovrano d’Inghilterra, il promotore della più importante traduzione in inglese della Bibbia nota come Bibbia di Re Giacomo, scrive un breve trattato contro l'uso del tabacco (che intitola abilmente Misocapnos, odio del fumo), classificata come pianta demoniaca poiché non compare nella Bibbia, e applica una tassa elevatissima mentre in Francia il re Luigi XIII ne proibisce il consumo. Nel 1624 Papa Urbano VIII vieta l'uso del tabacco da fiuto con la minaccia di scomunica e nel 1642 aggiunge il divieto di fumare tabacco all'interno della Basilica di San Pietro e della Cattedrale di Siviglia.

Nonostante queste difficoltà, il tabacco continua a essere coltivato in quasi tutta l’area caraibica ed è la Spagna ad averne sostanzialmente il monopolio, con le sue navi mercantili che lo imbarcano a Cuba, lo scaricano in Spagna dove il suo posto viene preso da varie merci destinate all’Africa e qui, purtroppo, vengono caricati gli schiavi destinati alle piantagioni nei Caraibi; i navigli spagnoli non hanno comunque vita facile essendo fra le prede preferite dei pirati che utilizzavano una soluzione a base di tabacco per impermeabilizzare i loro vestiti.

Una data fondamentale nella storia del tabacco è il 1717, anno in cui la Spagna impone a Cuba il monopsonio sul tabacco, ossia una situazione di mercato caratterizzata dall'accentramento della domanda da parte di un solo soggetto economico e dall'impossibilità per altri acquirenti di entrare sul mercato: tutto il tabacco prodotto nell’isola caraibica doveva essere inviato in Spagna e con un prezzo stabilito dalla stessa Spagna, e Siviglia diviene la capitale del sigaro (il primo sigaro realizzato con la struttura attuale nasce nella città andalusa nel 1731).

Al di fuori dell’area caraibica, già nella prima metà del ‘600, in Connecticut si comincia a coltivare tabacco. Terreno e clima sono idonei alla coltivazione. Le foglie sembrano buone, corpose, ma i sigari sono ordinari, di poco pregio. Nella seconda metà del ‘700 gli Stati Uniti conoscono i sigari cubani grazie a una spedizione inglese a Cuba, ma i semi piantati non danno i risultati sperati. Ormai è chiaro, il tabacco migliore è quello cubano, coltivato sull’isola. Nel 1810 gli Stati Uniti importano da Cuba cinque milioni di sigari.

L’Ottocento è il secolo del sigaro. Manifatture sorgono anche in Francia, in Germania. Le importazioni crescono. Oltre a Cuba, esportano molto il Brasile e le Filippine.

Un’altra data fondamentale nella ormai lunghissima storia del tabacco è il 1959 con la rivoluzione castrista a Cuba: le manifatture di sigari vengono nazionalizzate e questo provoca la massiccia emigrazione di quasi tutti i manager più esperti e di buona parte delle abili maestranze alla volta della vicina isola di Santo Domingo oltre che in Nicaragua e in Honduras, paesi che, fino ad allora, erano stati del tutto marginali nella fabbricazione e nella commercializzazione dei sigari.

Le aree produttive di CubaIl governo cubano recupererà in parte tale situazione di gravissima crisi e oggi Cuba è nuovamente considerata da molti un luogo di eccellenza per i vari vitolas prodotti, pur subendo ancora la forte concorrenza quantitativa e qualitativa di Santo Domingo e, in parte, dell'Honduras e del Nicaragua. In Europa sono considerate di buon livello le manifatture dei Paesi Bassi e della Germania, ma anche l'Italia, con i suoi vari tipi di sigari toscani nei quali, a differenza dei sigari cubani, viene utilizzato il tabacco trinciato Kentucky prodotto in Italia o importato dall’estero (ad es. dagli Stati Uniti).

Terminato l’interessantissimo excursus storico, è arrivato il momento di conoscere un po’ più da vicino il protagonista del nostro webinar e le sue varie lavorazioni per arrivare al sigaro: di fatto, il tabacco è un prodotto agricolo, ottenuto dalle foglie delle piante del genere Nicotiana appartenenti alla famiglia delle Solanaceae di cui alcune rappresentanti “buone” ci sono certamente più famigliari visto che si chiamano pomodoro, melanzana, peperone e patata, ma abbiamo anche altre Solanaceae meno “simpatiche” dato che sono le velenose mandragora, belladonna, dulcamara, stramonio e giusquiamo.

Nel genere Nicotiana sono comprese anche due specie che ci interessano particolarmente, Tabacum e Rustica, quest’ultima utilizzata per il tabacco fumato dai sacerdoti maya ma presente ai giorni nostri anche in alcune marche di sigarette russe.

La produzione di tabacco inizia ovviamente nella fase agricola quando i semi di Nicotiana (in un grammo ci sono circa 10.000 semi!) vengono sparsi sulla superficie del suolo, poiché la loro germinazione è attivata dalla luce, e poi ricoperti, anche se oggigiorno è quasi del tutto utilizzata la coltivazione idroponica. Dopo che le piante hanno raggiunto una certa altezza, intorno ai 15 cm, vengono trapiantate nei campi con un sesto di impianto che a Cuba è di circa 32.000 piante per ettaro.

Giunte a maturazione, le piante sono raccolte a partire dal basso e le foglie di tabacco vengono sistemate in apposite strutture (casa de tabaco), quasi sempre di legno, per l'essiccazione. Si tratta di una fase fondamentale per la riuscita del prodotto chiamata cura che, se eseguita a regola d’arte, è essenziale per ridurre l’umidità, far degradare la clorofilla (che darebbe un fumo sgradevole), trasformare i polisaccaridi e le proteine, e diminuire la nicotina.

Una volta completata la fase agricola, inizia la fase premanifatturiera: le foglie vengono selezionate in base alla provenienza e al piano fogliare e poi sottoposte a varie fermentazioni il cui numero e durata variano in funzione del tipo di foglia. Dopo la fermentazione, le foglie vengono classificate per poi trascorre un lungo periodo di stagionatura, da un minimo di sei mesi a un massimo superiore ai due anni, specialmente per le marche cubane di maggior prestigio come Cohiba.

Finalmente arriva l’ultima fase, quella manifatturiera: le foglie vengono portate nelle fabbriche di produzione, a Cuba denominate galeras, in cui vengono creati i sigari da artigiani esperti denominati torcedores.

La tecnica e l'abilità di "arrotolamento" sono anch'esse fondamentali per la riuscita del prodotto sotto due profili: il primo è il mantenimento della tipicità della marca e del tipo particolare di vitola (la vitola dei sigari cubani indica il formato del sigaro cubano ed è caratterizzata dalla lunghezza e dal calibro), in quanto il torcedor deve aver cura di mantenere la ligada creata dal Maestro Ligador per quel tipo di sigaro (ovvero la proporzione tra i vari tipi di foglie che caratterizza il sapore e il gusto dello stesso); il secondo è la tecnica di costruzione del sigaro che deve essere correttamente riempito al fine di evitare che, se troppo "vuoto", possa avere una resa qualitativa minore o che, se peggio è troppo pieno, il tiraggio possa essere difficoltoso e la fumata decisamente compromessa.

Un sigaro si compone pertanto di foglie di tabacco, cui sono state eliminate le nervature, arrotolate a mano o a macchina. Si distinguono tre elementi: tripa, capote e capa. La tripa, o ripieno, può essere composta da 3 o 4 foglie intere (nei sigari di maggior pregio) o da trinciato di tabacco; tutto ciò è rivestito da un'ulteriore foglia di tabacco (capote), la cui funzione è quella di dare una prima forma al sigaro.

Tripa e capote sono a loro volta racchiuse ancora da un'altra foglia appositamente tesa (lavorata e sigillata al corpo del sigaro con una goccia di resina vegetale del tutto inodore e insapore) che è chiamata capa. La capa deve essere rimossa o bucata in corrispondenza della "testa" (cioè la parte chiusa del sigaro) usando strumenti come il cutter, cioè una piccola ghigliottina, o il puncher che crea un foro per poter aspirare il fumo una volta acceso il sigaro.

Il confezionamentoI formati dei sigarisono vari: nei sigari cubani abbiamo una geometria sostanzialmente cilindrica, con due lati paralleli, un’estremità arrotondata e in genere chiusa (la testa) e l’altra estremità aperta e tronca detta piede. I formati dei sigari cubani sono moltissimi e per ogni formato esiste un appellativo tipico (la cosiddetta vitola de galera), quali ad esempio il formato corona, il petit corona, il robusto (50 x 124 mm), il piramide (con la testa rastremata), etc.

Contrariamente a quanto si crede, il colore della capa non è legato alla fortaleza (forza) del sigaro anche perché si stima che solo il 5% circa del gusto di un sigaro derivi dalla fascia esterna: è semplicemente una convenzione usata in passato, quando a sigari di colore chiaro si abbinava una tripa più leggera e a sigari scuri una più forte. La forza del sigaro, infatti, è dovuta alla mescola (la ligada) del tabacco proveniente da tre diverse parti della pianta: il ligero, il seco e il volado. Il ligero (foglie della parte alta della pianta) dà forza alla ligada; il seco (foglie della parte intermedia) conferisce forza e gusto; il volado (foglie basse) è usato per aumentare la combustibilità del tabacco, essendo di per sé poco aromatico.

Ci avviamo alla conclusione della serata e, dopo aver illustrato le tecniche di produzione e confezionamento dei sigari cubani, Ivano Menicucci ci regala alcuni consigli sulla degustazione dei sigari e sui modi corretti di accendere, fumare (lentamente) e conservare i sigari.

Premettendo che solitamente una sigaretta si fuma per necessità mentre il sigaro si fuma per puro piacere, per degustare quest’ultimo occorrono il giusto stato d’animo, un ambiente idoneo e il tempo necessario (anche più di un’ora) per apprezzarlo al meglio, considerando anche il fatto che il corredo aromatico è molto ampio e inoltre cambia durante la fumata, tanto che si suole suddividere il sigaro in tre parti (o terci): primo, secondo e terzo tercio che, in un sigaro di qualità, offrono ognuno sentori aromatici diversi.

Ricordiamo che non aspirare il fumo è un elemento importante del fumare il sigaro: la mescola di tabacchi è molto più forte rispetto a una sigaretta, inoltre il fumo presenta un pH alcalino (mentre l'ambiente polmonare è acido) e l'aspirazione sarebbe causa di tosse e altri problemi collaterali quali nausea e giramenti di testa. Inoltre, evitando l'inspirazione, si limita l'esposizione agli effetti nocivi del fumo, riducendo l'impatto (pur sempre presente) sulla salute.

Al termine del webinar, sono molte le domande rivolte a Ivano Menicucci, da come accendere correttamente un sigaro (Ivano consiglia l’utilizzo di un accendino tipo jet flame), alla differenza fra tabacco da sigaro e tabacco da pipa (quest’ultimo è completamente diverso essendo trinciato ossia sminuzzato in piccoli pezzi, spesso aromatizzato e subendo una fermentazione diversa) sino ai possibili abbinamenti sigaro - vino o distillati (ad esempio il rum) -, argomento che non può avere una risposta precisa, comunque puramente soggettiva, data l‘estrema diversità aromatica dei due prodotti.

Per conoscere più in profondità il mondo del tabacco e dei sigari, uno dei testi più quotati sull’argomento, una vera “Bibbia dei sigari”, è: «Storia del sigaro. Mitologia, tradizione e cultura» di Luigi Ferri, edito da Odoya.