Elogio al suino: storia, cultura e gastronomia di un animale straordinario

Non solo vino
di Daniele Merlino
23 aprile 2025
Organizzata da AIS Pavia, una serata nata per rendere omaggio a un animale che ha segnato il destino dell’uomo fin dai tempi più remoti. A condurci in questo viaggio il sommelier Gabriele Merlo.
Un'amicizia millenaria: dal cinghiale al maiale
La storia del maiale è un racconto che affonda le sue radici nel Neolitico, quando l'uomo iniziò ad addomesticare il cinghiale. Da questo incontro nacque il Sus scrofa domesticus, il maiale domestico che oggi conosciamo. Il successo è dovuto a una combinazione di fattori: la sua prolificità, la sua alimentazione onnivora e la sua straordinaria capacità di adattamento. In un'economia agricola, rappresentava una risorsa indispensabile, un vero e proprio alleato per la sussistenza delle comunità. In quanto non solo forniva carne ma contribuiva anche alla pulizia dei campi, svolgendo un ruolo fondamentale nella gestione sostenibile delle risorse agricole.
Il maiale: un animale tra sacro e profano, tra ricchezza e tabù
La figura del maiale ha assunto significati diversi a seconda delle epoche e delle culture, oscillando tra simboli di prosperità e interdizioni religiose. Nelle società agricole del passato, il maiale era sinonimo di ricchezza, tanto che l'ideogramma cinese di famiglia (jia) combina i caratteri di "tetto" e "maiale", testimoniando il suo ruolo nella vita domestica. Tuttavia, in alcune tradizioni religiose, il maiale è stato oggetto di disprezzo e proibizioni. L'ebraismo e l'islam, ad esempio, vietano il consumo di carne suina. Il maiale, dunque, ha attraversato i secoli assumendo significati diversi, legati al contesto storico e culturale. Oggi, la sua immagine è spesso associata alla produzione di eccellenze gastronomiche, ma la sua storia complessa e affascinante ci ricorda il legame profondo tra uomo e animale.
L'evoluzione del maiale: un viaggio tra selezione genetica e biodiversità
Il maiale moderno, frutto di una lunga selezione genetica e di incroci tra varietà locali e importate, ha visto una svolta cruciale nel 1873 con l'introduzione in Italia, da parte del professor Antonio Zanelli, della razza Large White. Questa, grazie alla sua rapida crescita, ha gettato le basi per la produzione di eccellenze alimentari oggi apprezzate globalmente. La pianura padana si è rivelata l'habitat ideale per questi allevamenti, favorita dalla disponibilità di sottoprodotti industriali come residui di mulini e trebbie dai birrifici. Tuttavia, l'intensificazione produttiva ha causato la scomparsa di molte razze autoctone. Fortunatamente, negli ultimi anni si registra una promettente riscoperta di queste varietà locali, segno di una crescente attenzione verso la biodiversità e la qualità, auspicando una coesistenza di diversi modelli di allevamento che valorizzino le specificità territoriali.
Le razze rustiche come custodi di biodiversità
Negli ultimi decenni, un movimento di rinascita ha riportato in auge alcune razze autoctone italiane, ognuna con caratteristiche uniche e un forte legame con il territorio.
La Cinta Senese è una pregiata razza suina originaria delle colline senesi, si distingue per il caratteristico mantello nero con una fascia bianca che cinge il tronco, da cui prende il nome. Allevata tradizionalmente allo stato semibrado, si nutre principalmente di ghiande e radici. La storia della cinta senese è antica e affascinante. Un celebre esempio è l'affresco del Buon Governo di Lorenzetti, che ritrae questi suini nel paesaggio senese medievale. La loro presenza in quest'opera d'arte testimonia l'importanza che avevano già allora nell'economia e nella cultura locale.
La Mora Romagnola con il suo manto nero focato e le setole a spiga, è un vero e proprio emblema dell'orgoglio romagnolo. Un tempo diffusa in tutta la regione, questa razza ha rischiato di scomparire per sempre ma grazie all'impegno appassionato di allevatori e istituzioni, è tornata a essere un vanto del territorio. Oggi, la Mora Romagnola è un Presidio Slow Food, un riconoscimento che ne attesta il valore unico e la qualità superiore. La sua carne, dal sapore intenso è frutto di un'alimentazione naturale a base di ghiande, castagne e frutti del sottobosco, e viene utilizzata per produrre salumi di pregio, come prosciutti, lardo, coppa e salami.
L’Apulo-Calabrese è un’antica razza suina di origine iberica, particolarmente resistente e adatta al territorio collinare. Un tempo diffusa, con circa 131.000 capi negli anni '20; oggi questa razza ha subito un drastico calo. La sua rinascita è stata possibile grazie all'impegno e alla passione di allevatori come Madeo, produttore presente tra i salumi in degustazione, i quali, come spesso accade in questi contesti hanno dato il via a un movimento di recupero e valorizzazione di questa razza unica.
Il Nero dei Nebrodi, o più correttamente Nero Siciliano, è una razza suina autoctona diffusa in tutta l'isola. Le sue origini sono antiche, risalgono addirittura all'epoca della magna grecia. Questo maiale si distingue per il suo mantello nero, le setole lunghe e robuste e una sorta di criniera, caratteristiche comuni ai suini neri del Mediterraneo. Oggi, la maggior parte degli esemplari, circa 6500, si trova nel Parco dei Nebrodi, la catena montuosa che caratterizza la Sicilia settentrionale.
Tra le varietà menzionate, la Casertana e la Sarda arricchiscono questo prezioso mosaico di biodiversità. Purtroppo, non tutti i suini autoctoni italiani hanno avuto la stessa fortuna: alcuni, come il Nero di Lomellina e il Nero di Parma, sono stati recuperati solo di recente grazie a meticolosi programmi di selezione. Anche in Europa, esempi come il maiale basco del Kintoa o il Mangalica ungherese mostrano l’impegno nel preservare le specie rustiche, contrastando l’omologazione imposta dagli allevamenti intensivi. In un'epoca in cui la biodiversità è sempre più minacciata, la riscoperta di queste razze autoctone rappresenta non solo la tutela di un patrimonio inestimabile, ma anche la valorizzazione dei territori che le custodiscono.
L'arte della salumeria: un viaggio nel gusto
La preparazione dei salumi di maiale è un'arte antica, un tesoro di tradizioni che variano da regione a regione. Tuttavia, dietro ogni specialità si celano passaggi fondamentali comuni. Si parte da carni suine selezionate che vengono sottoposte a processi di lavorazione specifici. La salatura, fase cruciale, prevede l’uso di sale, spezie e altri ingredienti che non solo conservano la carne, ma ne esaltano il sapore caratteristico, si possono altresì aggiungere erbe aromatiche, vino, aglio, additivi e altri ingredienti che contribuiscono a creare un bouquet di aromi inconfondibile. Dopo la salatura, la carne, se macinata, viene insaccata in budelli naturali o artificiali, che le conferiscono la forma desiderata. Segue la stagionatura, fase in cui il prodotto perde umidità, i sapori si intensificano e si sviluppano aromi complessi. È un processo artigianale che richiede cura, esperienza e una profonda conoscenza delle tecniche tradizionali.
L'esame organolettico: un viaggio sensoriale
Da un salume dobbiamo aspettarci un vero e proprio viaggio sensoriale che coinvolge olfatto, gusto e tatto
Esame olfattivo: l'odore di un buon salume evoca sentori di carne suina, fresca o cotta, con note umami che stuzzicano l'appetito. A volte, si possono percepire sentori di stagionatura, un tributo allo sviluppo di muffe nobili che arricchiscono il profilo aromatico. Non mancano note speziate, pepate e sentori burrosi dovuti alla presenza di acidi grassi.
Esame gusto-olfattivo: al palato, il salume rivela i gusti fondamentali dolce, salato, amaro e acido. L’umami, il quinto gusto, aggiunge profondità e ricchezza. Gli aromi di carne si fondono con note burrose, speziate e vegetali, creando un'esperienza gustativa tridimensionale.
Consistenza e masticabilità: sono caratteristiche che debbono essere tenute in debita considerazione in quanto influiscono nell’equilibrio finale del prodotto e naturalmente in prospettiva di un eventuale abbinamento col vino.
L'abbinamento con il vino: un'arte da scoprire
Per esaltare al meglio le qualità di un salume, è fondamentale abbinarlo al vino giusto, valutandone con attenzione le caratteristiche sensoriali.
Nel salume, bisogna valutare la grassezza e la conseguente tendenza dolce, la sapidità, l'umami, la succulenza e l'eventuale piccantezza tipica di alcuni salumi, prestando particolare attenzione all'intensità e alla persistenza di tali sensazioni, soprattutto se si tratta di salumi ottenuti da razze autoctone.
Nel vino, invece, le caratteristiche organolettiche da considerare sono la sapidità, la freschezza (eventualmente amplificata dall'effervescenza) che andranno a bilanciare la grassezza del salume. Anche la morbidezza del vino gioca un ruolo cruciale, poiché si contrappone alla sapidità, all'umami e all’eventuale piccantezza tipica di alcuni prodotti. In ultimo il vino dovrebbe armonizzarsi con la persistenza, la struttura e l'intensità del salume.
Pertanto, la scelta si orienta principalmente verso vini bianchi, spumanti metodo classico e martinotti, senza escludere i vini rosati. Per salumi di grande struttura e persistenza, si possono considerare anche alcuni vini rossi importanti.
Un viaggio tra i sapori autentici della tradizione italiana
Il primo salume è una mortadella di Mora Romagnola, prodotta da Artigianquality di Bologna. Al naso, emergono sentori carnei decisi, una delicata nota burrosa e un finale piacevolmente speziato. Al palato si rivela sorprendentemente consistente, con una persistenza aromatica di umami che invoglia alla masticazione. Ciò che colpisce di più è il contrasto con la mortadella tradizionale: qui la grassezza è meno percepibile, lasciando spazio all'intensità della carne e alla persistenza aromatica. Un ottimo esempio di come una razza rustica possa cambiare radicalmente un prodotto.
Il secondo assaggio è un lardo di Cinta Senese DOP, preparato con sale, pepe nero ed erbe aromatiche e stagionato per 90 giorni. Ci troviamo nell'azienda toscana Mattone Due a Montaione (FI). L'aspetto è invitante e il profumo intenso si percepisce subito. Al naso si distinguono note speziate che si fondono bene con le erbe e i sentori carnei, creando un insieme piacevole. Al palato è ricco di sapore, elegante e non stucchevole, con un gusto intenso e una persistenza notevole. In sala, cresce la curiosità di capire gli aromi utilizzati, ma Gabriele ci spiega che il mix di spezie ed erbe è un segreto aziendale, un elemento distintivo da proteggere.
Il terzo salume è un capocollo di suino Nero Calabrese, viene lavorato con sale, pepe nero e conservanti, insaccato in budello naturale, legato e stagionato per almeno 100 giorni. Prodotto da Madeo, un'azienda calabrese rinomata per l'attenzione al benessere animale e alla sostenibilità: allevamento all'aperto, filiera 100% calabrese e niente antibiotici. Il profilo organolettico di questo capocollo si apre con un piacevole sentore animale, arricchito da note grasse e burrose che si mescolano a sentori speziati e di pepe. Al palato, offre un sapore ricco e persistente di umami, grasso e spezie, con un finale che ricorda l'affumicato. È importante sottolineare, però, che questo sentore non è dovuto a un processo di affumicatura, bensì alla particolare stagionatura del prodotto.
Il quarto protagonista è un prosciutto crudo di maiale Nero dei Nebrodi, prodotto dal salumificio di Giuseppe Frusteri. Allevatore nei Nebrodi dal 2016 e presidente dell'OPAN, Frusteri segue un processo di lavorazione tradizionale: le cosce vengono salate con sale, aromi e spezie, lasciate asciugare per venti giorni, poi ricoperte di sugna e stagionate per ben 40 mesi. Questo prosciutto ha un aspetto invitante e succulento. Il grasso compatto e abbondante ricorda i pascoli ricchi di ulivi, querce e faggi dove i maiali vivono liberi. Al naso è intenso, con un profumo che ricorda una delicata sfumatura selvaggia, seguita da sentori carnei, erbe e spezie. Al palato ha un sapore deciso che richiama la rusticità della razza e del territorio, con un finale che ricorda la ghianda, l'oliva e la nocciola.
Il quinto salume è un Lomo 100% Iberico di 959 Iberico, ricavato dal controfiletto del suino. La sua particolarità sta nell'allevamento dei maiali nella "dehesa", un ambiente unico con boschi di lecci e querce. Da ottobre a marzo, durante la "montanera", i maiali mangiano solo ghiande ed erba, conferendo alla carne un sapore inconfondibile. Il controfiletto viene pulito dal grasso esterno e condito con sale, aglio e paprika e successivamente insaccato in budello naturale. La stagionatura avviene in modo artigianale negli essiccatoi naturali del Consorcio de Jabugo, una zona protetta dall'UE che garantisce l'origine e la qualità dei prodotti. Le fette sono invitanti, con colori che vanno dall'arancio al mogano con venature estese. Il profumo evoca le note speziate della paprika e le morbide sfumature di cantina, risultato della stagionatura naturale. Al palato, il sapore carnoso e avvolgente è esaltato dall'aroma della paprika, mentre le infiltrazioni di grasso intramuscolare conferiscono al prodotto morbidezza e piacevolezza.
Degustazione e abbinamenti
Cantina della Volta - Lambrusco di Sorbara DOC Metodo Classico “DDR” 2015 (Degorgiatura dosaggio recente)
Un lambrusco metodo classico che sfida le convenzioni, nato dalla terra modenese per volontà della Cantina della Volta. Questo spumante, puro lambrusco di Sorbara, celebra il territorio con un'esplosione di freschezza e un bouquet ricco esaltato da un lungo affinamento sui lieviti. Frutto della visione di Christian Bellei, dimostra come i vitigni autoctoni possano dare vita a grandi vini. Fermentato in acciaio e poi in bottiglia per almeno 84 mesi sui lieviti, seguito da altri 18 mesi di riposo, è uno spumante di rara eleganza, dedicato a chi ama autenticità e raffinatezza.
Un colore corallo vivace e brillante colpisce subito lo sguardo. Al naso si apre con un bouquet ricco e fresco, dove spiccano melograno, lampone e ciliegia, accompagnati da tocchi di rosa e viola appassiti, oltre a una piacevole nota balsamica ed erbe aromatiche. Al gusto è intenso e vivace, con un bel equilibrio tra freschezza e rotondità, che si conclude con una lunga scia fruttata.
L'abbinamento con la mortadella di mora romagnola si rivela piacevolmente armonico. Il vino, grazie al suo perfetto equilibrio tra acidità e rotondità, esalta la parte carnea del salume, prolungandone la persistenza aromatica. La sua nota fruttata si fonde piacevolmente, mentre la freschezza invoglia al calice successivo.
Tenuta del Conte - Cirò Rosato DOC “Mani Contadine” 2021
A Cirò Marina, Tenuta del Conte è un'azienda familiare di 15 ettari, curata dalla famiglia Parilla da quattro generazioni. Dal 2010, seguono i principi dell'agricoltura biologica, con un occhio di riguardo per il territorio e i vitigni locali, soprattutto il gaglioppo. Le vigne tra il mare e la Sila, godono di un clima perfetto. Qui nascono vini autentici, che raccontano la Calabria, grazie a uve coltivate senza l'uso di chimica su vari terreni come argilla calcarea, rossa o bianca. “Mani Contadine” è un vino fatto solo con uve gaglioppo, da vigne di 25 anni a 50 metri sul livello del mare. Fermenta in modo naturale con una breve macerazione di 12 ore, e poi riposa un anno in acciaio e due in bottiglia.
Questo vino rosato si svela con un ricco color salmone, con riflessi ramati che ne preannunciano la ricchezza. Al naso, un'apertura olfattiva sussurrata ci introduce a un bouquet delicato di fiori appassiti, in un mix di rosa e oleandro. Note di alloro e ricordi di arancia amara emergono gradualmente, arricchendo il profilo olfattivo. Una suggestione ferrosa, quasi ematica, evoca sentori di carne, aggiungendo un tocco intrigante e inaspettato. La struttura importante del vino si rivela con un'imponente sapidità, un omaggio alla sua origine marittima. Tannino e corpo si ergono a protagonisti, in un equilibrio perfetto con la componente morbida che ne esalta la piacevolezza.
L'abbinamento con il lardo di Cinta Senese è un vero e proprio tripudio di gusto. Il vino esalta le note balsamiche del lardo, creando un intreccio di aromi che ricordano tè e tisane. La persistenza del vino e del salume si fondono in un'esperienza sensoriale appagante, mentre il tannino, con la sua struttura, si sposa armoniosamente con la succulenza del lardo in un gioco di contrasti che esalta entrambi i protagonisti.
Ma è con il capocollo di suino nero di Calabria che l'abbinamento raggiunge la sua massima espressione. Il vino con la sua personalità decisa, riesce a domare la rusticità del salume creando un'affinità aromatica perfetta. La sapidità del vino si fonde con la sua morbidezza, mentre il tannino si contrappone alla succulenza del capocollo, in un'esplosione di umami e note di erbe aromatiche con accenni balsamici.
Marco De Bartoli - VSQ Metodo Classico Extra Brut “Terza Via Cuvée VS”
Lo spumante “Terzavia VS” di Marco De Bartoli è un metodo classico, ottenuto da uve grillo 100% provenienti da vigne di oltre 25 anni. La fermentazione spontanea dei vini base avviene in parte in acciaio e in parte in botti di rovere da 500 litri. Successivamente si procede all'assemblaggio e alla rifermentazione in bottiglia, con l'aggiunta di mosto fresco, vino di riserva e Vecchio Samperi. L'affinamento sui lieviti si protrae per circa 30 mesi.
Si presenta con una veste dorata, preludio a un profilo olfattivo ricco e in stile ossidativo. Note di agrume amaro, chinotto, mandorla, nocciola, sentori iodati e salmastri si fondono con le intense fragranze della macchia mediterranea, punteggiata da rosmarino e timo. Un dinamismo affascinante si crea tra il miele amaro di corbezzolo e la dolcezza del miele millefiori, con un finale che ricorda la crosta di pane. Al palato, l'equilibrio tra morbidezza ed effervescenza è sorprendente ma la magia di questo vino risiede nella sua componente ossidativa, perfettamente integrata e capace di esaltare ogni singola nota aromatica.
È l’abbinamento con il prosciutto di Nero dei Nebrodi a svelarne la vera essenza. I sentori di frutta secca del vino si intrecciano con quelli del salume, creando un’affinità aromatica sorprendente, mentre l’effervescenza alleggerisce la ricchezza del prosciutto. Tra sapori e persistenza, nasce un dinamismo sensoriale che genera una piacevole dipendenza, con un finale di miele e frutta secca che invita a riassaporare. Un incontro emozionante, un tributo al territorio e alla sua eccellenza gastronomica.
F.lli Agnes - Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC Vivace “Campo del monte”
Il Bonarda vivace "Campo del Monte" è l’orgoglioso interprete della tradizione dei rossi frizzanti dell’Oltrepò Pavese. Nato da vigne con più di 60 anni esposte a sud-est su un versante argilloso, questo vino fermenta con lieviti indigeni in acciaio per circa tre mesi, trattenendo naturalmente l’anidride carbonica. Questa lieve effervescenza alleggerisce la fitta trama tannica della croatina, vitigno autoctono di grande rusticità e resistenza.
Nel calice, il vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e denso, arricchito da sfumature violacee che ne rivelano l'anima giovane e vibrante. Il profilo olfattivo è un'esplosione di frutta rossa fragrante e succosa, con sentori speziati e delicate sfumature floreali, mentre il sorso fresco e leggermente frizzante invita alla convivialità. La buona struttura e la trama tannica densa sostengono un gusto deciso, dove il frutto ricco e maturo si intreccia con note di liquirizia e un finale piacevolmente amaricante.
Con il capocollo di suino nero di Calabria, l’abbinamento è interessante, anche se il tannino del vino emerge con un po’ di vigore. L’effervescenza, però, bilancia bene il grasso del salume.
Con il Prosciutto dei Nebrodi, invece, l’armonia è perfetta, specie con la parte più grassa: la succulenza ammorbidisce il tannino, mentre acidità, sapidità ed effervescenza creano un equilibrio irresistibile.
Con il lomo iberico, l’incontro è una scoperta sensoriale. La magrezza del salume esalta le note fruttate del vino, in un gioco di delicatezza e raffinatezza. L’effervescenza passa in secondo piano, ma l’intensità e la persistenza si compensano con maestria. In più, il lieve amaricante del vino dialoga in modo intrigante con la dolcezza della paprika, regalando un contrasto sorprendente.
Lopez de Heredia - Rioja DOCa - “Viña Cubillo” 2016
Viña Cubillo di López de Heredia - cantina fondata nel 1877, la più antica di Haro, in Rioja - nasce da un vigneto di 24 ettari su suoli argilloso-calcarei a 465 metri. Qui viti quarantenni ad alberello compongono un uvaggio di tempranillo, garnacha, mazuelo e graciano. Dopo la fermentazione, il vino matura per tre anni in botti di rovere americano da 225 litri, seguito da un prolungato affinamento in bottiglia. La produzione si distingue per la tradizionale chiarificazione con albume d'uovo, prima dell'imbottigliamento senza filtrazione.
Nel calice, il Viña Cubillo si presenta con un rubino profondo, che anticipa una struttura potente. Al naso, profumi di prugne mature si intrecciano con eleganti sfumature di eucalipto e liquirizia, mentre note di pepe nero e spezie dolci aggiungono complessità e profondità. All’assaggio, il vino rivela un carattere raffinato, con un sottofondo di piccoli frutti rossi, accenni vegetali e sentori terrosi. Il sorso è setoso e armonioso, con tannini perfettamente integrati e sostenuti da una vivace acidità. Il finale è lungo, morbido e avvolgente, dove un delicato tocco agrumato si fonde con una sottile nota affumicata, lasciando un ricordo persistente e affascinante.
Il lomo iberico si sposa magnificamente con questo vino, dando vita a un’armonia di sapori irresistibile. La sua delicata nota affumicata si intreccia perfettamente con la paprika del salume, creando un legame gustativo avvolgente. Questo equilibrio aiuta a smorzare la marcata impronta aromatica data dall’affinamento in legno americano, rendendo la beva ancora più piacevole. L’abbinamento risulta particolarmente intrigante grazie alla sintonia aromatica tra vino e salume, mentre la comune origine territoriale aggiunge un ulteriore elemento di coerenza, confermando come la tradizione spesso ispiri accostamenti naturalmente armonici.
Oltre il sapore: un tributo al suino
In conclusione della serata di degustazione, il nostro relatore Gabriele Merlo ci ha invitato a riflettere con una delle celebri frasi di Winston Churchill: "Mi piacciono i maiali. I cani ci guardano dal basso, i gatti dall'alto. I maiali ci trattano da loro pari". Questa acuta osservazione sulle dinamiche sociali e sul rapporto uomo-animale ci invita a rivalutare il suino oltre il suo ruolo alimentare. Esso incarna storia, cultura e identità, simbolo di un legame ancestrale tra uomo e natura, fondato su rispetto e reciprocità. Un grazie speciale a Gabriele Merlo, il cui entusiasmo contagioso ci ha aperto un mondo affascinante.