Il miele di Lombardia

Il miele di Lombardia

Non solo vino
di Camilla Guiggi
03 maggio 2012

Fin dall’antichità il miele ha ispirato magiche leggende e racconti fantastici grazie ai vari poteri che gli hanno attribuito. Già Egiziani e Greci conoscevano le sue proprietà terapeutiche: impararono a usarlo nelle maniere più disparate, dalla medicina alla cosmetica.

Tratto da Viniplus di Lombardia N°2 - Marzo 2012

Miele LombardiaAnche la medicina popolare, in tempi più recenti, ha usato il miele per curare svariati tipi di malanni. Questo “magico” prodotto agirebbe, infatti, in maniera positiva su vari disturbi dell’apparato respiratorio, digestivo e circolatorio, sul fegato e sulla dentizione dei bambini. Tutto questo, però, appare vero solo in un numero limitato di casi e, cosa più importante, manca una sperimentazione scientifica in grado di supportarne gli effetti benefici. Allo stesso modo non si trova riscontro alle virtù attribuite ai mieli a seconda delle piante d’origine. Sono state tuttavia accertate le sue proprietà antibatteriche dovute all’alta concentrazione in zucchero e al pH acido. Se si pensa al miele, oggi, vengono in mente dolci ricordi, magari legati all’infanzia, quando la mattina serviva per addolcire il latte o quando le nostre mamme lo mescolavano al latte caldo per curare il raffreddore o conciliare il sonno. Che cos’è in realtà il miele? “Per miele si intende la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze escrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”. “Il miele è essenzialmente composto da diversi zuccheri, soprattutto fruttosio e glucosio, nonché da altre sostanze quali acidi organici, enzimi e particelle solide provenienti dalla raccolta del miele”. Queste le definizioni che compaiono nel Decreto Legislativo 21 maggio 2004. La fondazione Fojanini ha contribuito, in concomitanza con l’uscita del regolamento CE 797/04, ad uno studio sulla produzione e sulla situazione del miele nella nostra regione. Il territorio lombardo, grazie ai diversi ecosistemi, corrispondenti alle zone montane, collinari e pianeggianti, offre fioriture abbondanti per le api durante gran parte dell’anno. Nella stagione primaverile, in pianura e sui primi rilievi, soprattutto delle province di Bergamo e di Brescia, fiorisce il tarassaco, dal quale le api ottengono un miele molto particolare. Lungo le rive dei fiumi, presso gli argini dei canali e ai confini dei campi, cresce spontaneamente la robinia, che fiorisce a maggio, una tra le specie più importanti per l’apicoltura lombarda. Il miele prodotto può essere “inquinato” dal nettare di ailanto, che fiorisce quasi contemporanea alla robinia. L’ailanto, da cui si ottiene un miele non di facile reperibilità, si è diffuso rapidamente, negli ultimi anni, in pianura e nei fondovalle alpini e prealpini. Introdotto inizialmente con funzione ornamentale, sta ora diventando infestante. Salendo sui primi rilievi, si osserva una più ampia diffusione della robinia, sia nell’Oltrepò sia in tutta la fascia prealpina. In queste stesse zone boschi naturali, castagneti, frutteti e vaste distese di prati sono la base per mieli uniflorali di castagno, tiglio e millefiori, che vanno ad aggiungersi a quello pregiato di robinia. Il castagno fiorisce all’inizio dell’estate. Diffuso fino a 700-800 m di quota, oltre a fornire un ottimo miele di colore ambrato e dal gusto amaro, costituisce la base per eccellenti produzioni di millefiori, insieme con altre varietà botaniche come trifogli, Rosacee (rovo, sorbo, pruno selvatico, biancospino) e tiglio. Soprattutto nelle province di Como e Lecco il tiglio regala un miele monoflorale dalle caratteristiche mentolato-balsamiche, note che più facilmente Miele Lombardiaritroviamo nei mieli millefiori, unite a quelle amarognole del castagno o quelle fruttate del rovo. Ii territori montani e alti montani offrono alle api boschi di tiglio selvatico, spesso frammisti ad acero e sorbo, macchie di erica e mirtillo, siepi di rovo, lampone e ginestre, oltre alla variegata flora dei prati di montagna. Salendo, troviamo distese di rododendro e flora alpina dei pascoli; quest’ultima è ricca di Leguminose, come trifogli e ginestrino, oltre che di Campanulacee, timo, salvia selvatica e nontiscordardimé. Il rododendro dà un miele molto pregiato, dalle delicatissime e caratteristiche note floreali-fruttate; questo ricercato miele ripaga l’apicoltore delle fatiche e dei rischi sostenuti nel portare gli alveari ad alta quota, spesso con difficoltà di trasporto e nella consapevolezza di ottenere una produzione quantitativamente limitata. Nel versante retico della Valtellina, nella zona dell’Alto Lario e nel Garda si trovano mieli con presenza dell’Erica arborea, che conferisce al miele un gradevole aroma di caramello. Nelle province di Como, Varese, Brescia, ossia nelle zone maggiormente urbanizzate e con clima mitigato dall’influenza dei bacini lacustri, le specie ornamentali sono buone produttrici di nettare, come le Magnoliacee e l’ailanto. Terminiamo con il miele di melata prodotto da Metcalfa pruinosa, un miele scuro ricco di sali minerali. La sostanza di partenza non è più il nettare, ma la linfa stessa della pianta. Percentuali variabili di melata, prodotta da insetti diversi, si possono ritrovare nei mieli millefiori delle zone prealpine e alpine che assumono colore più scuro e aroma deciso, tostato-caramellato. Oggi, quindi, non si parla più di miele al singolare, ma di mieli che possono essere uniflorali o millefiori. Il miele uniflorale proviene principalmente da un’unica specie botanica ed è sufficientemente caratterizzato sia dal punto di vista organolettico sia dalle analisi microscopiche. Sono proprio le diverse caratteristiche di gusto, legate al differente nettare di partenza, ad attirare l’interesse di un consumatore sempre più attento. La produzione di mieli uniflorali è possibile quando sul territorio si trova grande quantità di una stessa varietà botanica in zone abbastanza estese. Varie sono le tecniche per incrementare la loro produzione e il grado di purezza. Le caratteristiche organolettiche, sia per i mieli uniflorali che per i millefiori, variano di anno in anno: il clima diverso e lo stesso “lavoro delle api” possono modificare leggermente il gusto del prodotto finale. Si potrebbe fare una similitudine con le annate del vino.

Le caratteristiche dei mieli uniflorali in Lombardia

Il Miele di Acacia o Robinia è uno dei più diffusi e apprezzati grazie alle sue caratteristiche di dolcezza, delicatezza del bouquet e di permanente liquidità. Le tonalità spaziano da un quasi incolore a un giallo paglierino tenue. All’esame olfattivo risulta debole, con sfumature a volte floreali o che possono ricondurre alla cera. Il sapore dolce ricorda un po’ il confetto e la vaniglia, Miele Lombardiaappare sempre poco aromatico e per questo è uno dei mieli più usati in cucina. Il Miele di Ailanto ha una nota molto caratterizzante, assai gradita nei millefiori. Il bouquet è abbastanza intenso, mentre al gusto ha una media intensità con note di sauvignon, tè alla pesca e uva moscato. Ha un retrogusto molto persistente che richiama le varie note fruttate. Sfortunatamente non ha una produzione costante. Il Miele di Castagno ha un colore scuro, odore pungente e un sapore notevolmente amaro. Spesso si trova in miscela con quello di melata che lo rende più scuro e meno amaro. Al naso si presenta aromatico, fenolico con sfumature verdi. Al gusto è astringente con una chiusura amara, ma mai come quella del corbezzolo. Il Miele di Erba Medica (appartenente alla famiglia delle leguminose) si produce prevalentemente nella Pianura padana. Dagli anni ’80 la produzione di questo miele uniflorale è stata spesso compromessa dalla presenza della melata di Metcalfa, e si è ripresa all’inizio del 2000 in seguito alla riduzione delle popolazioni di Metcalfa pruinosa. Il miele ha un profumo debole di media intensità, ma con note pungenti e non particolarmente fini. Ritroviamo richiami vegetali, un vegetale secco riconducibile al fieno, con note, in sottofondo, quasi vinose. Al gusto è dolce, ma con una spiccata acidità e una leggera astringenza. Il Miele di Rododendro, di colore molto chiaro, ha un bouquet delicatissimo, vanigliato e fruttato. In bocca è dolce con ricordi di sciroppo di zucchero e con un retrogusto debole. Il Miele di Tarassaco è molto particolare e il suo bouquet può trarre in inganno. All’olfatto si presenta con note selvatiche, con sfumature ammoniacali e acetiche. Al gusto, al contrario, sorprende con una buona persistenza e una media dolcezza; ha un retrogusto fresco che ricorda la clorofilla e la camomilla. Il Miele di Tiglio ha un profumo inteso e aromatico, con note mentolate e di erbe aromatiche che ricordano quelle officinali montane. Al gusto è di media dolcezza con note fresche, un finale delicatamente ammandorlato e con una buona persistenza aromatica. Il Miele di Melata di Metcalfa si presenta scuro e quasi sempre allo stato liquido. Il bouquet è di media intensità, vegetale, con ricordi di passata di pomodoro e confettura di fichi. Netto il richiamo al pomodoro cotto con sfumature calde e maltate. Al gusto si presenta non particolarmente dolce, con una buona freschezza e sapidità. Di fronte a un vasetto di miele ora, a seconda dei propri gusti, ogni consumatore potrà scegliere il miele con le caratteristiche organolettiche più gradite o più adatte all’uso che se ne vuole fare.

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