Il paradiso della birra

Il paradiso della birra

Non solo vino
di Maurizio Maestrelli
09 giugno 2009

Luogo d’origine di alcuni dei più famosi stili birrari, sede di grandi gruppi e produttori artigianali, di musei e università a tema. Il Belgio è davvero la patria della birra, che non si finisce mai di scoprire…

Il Belgio è un Paese piccolo. Quando mi è capitato di girarlo in auto per la prima volta non mi rendevo bene conto delle distanze e tendevo sempre ad arrivare agli appuntamenti con un anticipo tremendo. Piccolo dunque, ma estremamente affascinante, ricco di storia: dalla sua capitale, Bruxelles, ai piccoli villaggi seminascosti nelle Ardenne. Ricco anche di anime e culture diverse, perché la Vallonia di lingua francese e, a nord, le Fiandre di lingua fiamminga continuano a stare insieme pur non amandosi alla follia.

Non so esattamente quanti di questi elementi abbiano a che vedere con la birra. Probabilmente nessuno, di certo però aumentano le motivazioni che sono alla base di un viaggio, sia esso un break di fine settimana nella capitale oppure un “on the road” nelle campagne a visitare castelli, cittadine e abbazie.

E il viaggio è sempre il modo migliore per scoprire e vivere anche quello che è il patrimonio gastronomico di una nazione e, eccoci arrivati al punto, il su o autentico tesoro birrario che, in termini di concentrazione geografica, è senza dubbio il primo al mondo.

E, molto probabilmente, lo è anche in termini di qualità e varietà. Già perché il Belgio è spesso definito il “beer paradise” ovvero il paradiso della birra proprio perché da nessuna altra parte, come in questo spicchio d’Europa, si registra una così elevata concentrazione di birrifici: alcuni grandi come multinazionali, altri talmente microscopici da essere mandati avanti da una sola persona, alcuni di secolare tradizione, altri frutto recente della passione di giovani imprenditori intraprendenti.



Il colosso mondiale della birra, che dopo essersi “bevuto” l’americana Bud è diventato

Anheuser-Busch InBev (16,1 miliardi di euro di fatturato nel 2008) ha sede in Belgio, però le uniche birrerie trappiste, depositarie di antica sapienza e ancora “controllate” dai monaci, risiedono anch’esse in Belgio. Insomma, le due facce di una stessa medaglia.

In questa autentica cornucopia profumata di luppolo, i curiosi troveranno modo di approfondire la loro conoscenza della birra, gli esperti avranno invece modo di togliersi tutte, o quasi, le soddisfazioni tra birre d’annata e nuove “invenzioni”. Perché in Belgio c’è praticamente tutto. E vi diciamo anche perché. Le birre, tradizionalmente, si dividono infatti in tre grandi categorie a seconda del tipo di fermentazione che svolgono durante il processo di fabbricazione: esiste la fermentazione alta, quella bassa e quella spontanea. Tutte presenti in Belgio. Le birre si possono anche suddividere per ingredienti: a seconda

dei cereali, maltati e non, dei luppoli, dei lieviti, delle spezie che arricchiscono svariate

ricette. Anche questi elementi sono presenti in grande profusione tra Vallonia e Fiandre. Prendiamo, ad esempio, la fermentazione spontanea ovvero quella dove i lieviti necessari a far attivare la fase fermentativa non sono inoculati dall’uomo, ma si trovano liberi in natura.

È il caso del celebre lambic del Payottenland, una vallata vicino a Bruxelles dove da sempre la birra si fa lasciando le vasche aperte con il mosto a contatto con l’aria. Un’aria particolare, evidentemente, perché qui i lieviti “liberi” fanno fermentare la birra. Questo, insieme ad altri elementi usati nella ricetta, fa del lambic un prodotto assolutamente straordinario, a volte non compreso, ma meritevole di tutela e di riscoperta. Dal lambic discendono poi le gueuze, miscele di lambic giovane e d’annata, le faro, lambic a cui è addizionato zucchero o caramello, le kriek, sempre lambic ma con l’aggiunta di particolari ciliegie, e infine la “sorella” framboise dove invece sono i lamponi a giocare lo stesso ruolo. Numi tutelari di questo stile antichissimo e affascinante sono Cantillon, Drie Fonteinen, Girardin’s, Boon. Spostandosi nel campo delle alti fermentazioni il Belgio ha, come dire, dei campioni mondiali di specialità.

Molti stili birrari sono di alta fermentazione, ma le trappiste si sono conquistate un posto nell’empireo per ragioni storiche, qualitative e, si deve ammetterlo in qualche caso, di marketing.

Hanno un loro marchio di riconoscimento, il noto esagono e la scritta Authentic Trappist Product e in Belgio sono solo sei, equamente divise tra Vallonia e Fiandre. Nella prima regione troveremo Chimay, Orval e Rochefort; nella seconda Westmalle, Westvleteren e Achel. Una settima trappista è comunque in Olanda e le sue birre si chiamano La Trappe. Le belghe hanno comunque più fama, in larga parte meritata, e successo. Definire le trappiste non è facile: parlare di stile è poco corretto perché, al di là dell’alta fermentazione e dell’ambito religioso nel quale sono prodotte, tra una birra e l’altra ci sono notevoli differenze. Sia in termini di caratteristiche organolettiche sia sotto il profilo della percentuale alcolica. Personalmente metto in cima alla lista dei desideri Orval, Westmalle Tripel, le Westvleteren, Rochefort 8 e 10. Ma fare graduatorie in questo caso è un po’ meschino, sono tutte da provare almeno una volta nella vita. Se le trappiste si staccano dalla folta folla birraria, sotto di loro pullulano centinaia di birre meritevoli di considerazione. È la famiglia delle birre cosiddette d’abbazia ovvero di quelle birrerie, in qualche caso anche di grandi dimensioni, che producono birre sulla base di vecchie ricette appartenute a comunità religiose. Alcuni marchi sono notissimi anche in Italia, basti pensare ad Affligem, a Leffe o a Grimbergen, altri un po’ meno come Abbaye de Rocs, St. Feuillien, Floreffe, Steenbrugge e l’elenco potrebbe andare avanti quasi all’infinito. Differenze a parte, le birre d’abbazia hanno quasi tutte un buon corpo e un adeguato tenore alcolico. Impegnative, ma sempre molto interessanti, come le trappiste del resto, nella tecnica di abbinamento con il cibo.

Se fosse finita qui, ci sarebbe già di che fregarsi le mani. Ma il Belgio offre molto di più. Le blanche, o witbier se ci si trova nelle Fiandre, sono birre straordinarie per ingredienti e profumi. D’aspetto velato, a volte lattiginoso,sono prodotte utilizzando anche frumento non maltato, e molte spezie tra cui il coriandolo e la buccia d’arancio Curaçao, ma non sorprendetevi se sentirete anche anice stellato e/o cumino. Gli esempi più famosi sono Hoegaarden, Blanche de Namur, Blanche de Watou, Blanche de Bruxelles. Birre un tempo stagionali, ma oggi reperibili tutto l’anno, sono invece le saison. Anche queste nate per la necessità di dissetarsi e ritemprarsi dalle fatiche nei campi, le saison sono acidule e rinfrescanti, intriganti nelle loro note agrumate. In Italia si trovano, anche se non facilmente, e i prodotti più conosciuti sono senza dubbio la Saison Dupont, la Saison Regal e la Saison de Pipaix…

Questi dunque gli stili autoctoni che costituiscono, in buona parte, il marchio di fabbrica del Belgio birrario. Ma la grande fantasia, e probabilmente anche il desiderio di bere birra, ha fatto sì che si possano trovare pils, uno stile di origine ceca, belghe, stout, lager e creazioni addirittura poco facilmente inseribili in qualche categoria precostituita. È il grande fascino di una fortissima tradizione che si difende ma, allo stesso tempo, sa innovare se stessa. Ecco, in fondo, perché l’esperienza di un viaggio in terra belga è più che motivato se si vuole cominciare a conoscere l’articolato panorama brassicolo che lo compone e dal quale tutti, americani e italiani in primis, hanno attinto a piene mani per trovare l’ispirazione.

Una volta poi rientrati in Italia, scoprirete che le birre belghe sono nel nostro Paese da anni: chicche una volta introvabili si possono scoprire nei beershop lombardi, marchi più noti ma comunque degni di nota compaiono invece nei cataloghi di aziende come Interbrau (www.interbrau.it), Dibevit Italia (www.bieretheque.com) e Beer Concept (www.beerconcept.it).

Conoscere le birre del Belgio è un po’ come partecipare a una caccia al tesoro: per certi

aspetti è anche un po’ faticoso, sicuramente impegnativo, ma una certezza l’avete di sicuro. Il tesoro, o meglio il vostro tesoro, quello cioè dei vostri gusti “birrari” personali, in Belgio lo troverete certamente.

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