In giro per cose buone. Il Pata negra

In giro per cose buone. Il Pata negra

Non solo vino
di Elio Ghisalberti
02 novembre 2010

Tutti ne parlano, molti lo propongono nei loro locali, ma sono pochi (anche tra gli stessi ristoratori) quelli che conoscono bene la realtà del prosciutto spagnolo ottenuto dal maiale iberico, conosciuto anche con il nome di Pata negra (letteralmente unghia nera, non zampa nera come viene scritto dappertutto) per distinguerlo dalle più diffuse razze bianche.

Tratto da L'Arcante N°14

Pata NegraUn prodotto eccezionale, che gli intenditori - non solo spagnoli - non esitano a definire il migliore prosciutto al mondo. Troppo diverso dai nostri Parma e San Daniele per poter fare un paragone: se la gioca semmai con il Culatello di Zibello, che ha una certa affinità nel metodo di stagionatura, ma solo quando uno e l'altro sono fatti effettivamente come si deve, cioè attraverso un processo di lavorazione accurato di una materia prima già eccellente di suo.

E proprio qui, in queste poche parole, è racchiuso il segreto del miglior Pata negra (o Iberico come lo chiamano). Un recente viaggio nella zona di produzione è stato molto utile per capire come sia articolata e controversa - per non dire altro - la qualità delle produzione del Jamon Iberico. Nei negozi di alimentari, come nei ristoranti, si trova di tutto e di più, sia come denominazione che come prezzo. Si va da 10 euro a 100 euro al chilo: una differenza altissima, probabilmente il più delle volte giustificata da una qualità che si può verificare all'assaggio, ma che per ammissione degli stessi produttori nessuna denominazione di origine riesce a tutelare efficacemente. Bisogna fidarsi della loro serietà, è la risposta unanime ed un po' sconsolata (quando non interessata) degli esperti. Per la cronaca bisogna però ricordare che le DOP (denominazione di origine protetta) sono ben quattro: Huelva-Jabugo; Dehesa de Extremadura; Guijelo-Salamanca; Pedoches-Cordoba.

Nomi che corrispondono anche a zone geograficamente circoscritte e confinanti comprese tra l'Andalusia e l'Estremadura. Si tratta in pratica di una enorme distesa di querce, la più grande al mondo (oltre due milioni di ettari). Altopiani collinari posti tra i 500 ed i 1000 metri di altitudine, dove l'incontro tra le correnti mediterranee e quelle atlantiche determina un clima adatto all'allevamento allo stato brado dei suini neri di razza Iberico. E questa è la prima grande differenza. Si tratta di un "cerdo" (traduzione spagnola di maiale) solo sfiorato dal meticciamento con le razze ormai più diffuse nell'allevamento mondiale. Un animale che conserva qualche similitudine morfologica con il cinghiale, più rustico e robusto, tozzo ma con arti sottili eppure molto robusti. Gli allevatori rivendicano di avere mantenuto alta la percentuale di purezza della razza proprio perché questa garantisce carni migliori e quindi l'eccellenza dei salumi che ne derivano. Il tipo di alimentazione ed il movimento alla ricerca del cibo sono gli altri fattori determinanti. Dopo aver raggiunto suppergiù l'anno di età ed il peso di un quintale, i maiali vengono lasciati liberi di scorrazzare nella "dehesa" (cioè la foresta di querce) alla ricerca delle ghiande cadute per terra. Succede tra ottobre e febbraio: in questo periodo arrivano a mangiare anche 10 chili di ghiande al giorno. Alla fine il peso sarà quasi raddoppiato, attestandosi in media sui 180 chili. L'alimentazione con le "bellota" (le ghiande) ed il grande movimento hanno un influsso positivo in particolar modo sul contenuto in grassi che si modifica progressivamente, arrivando a somigliare più a quelli dell'olio extra vergine di oliva (con ben il 65% di acido oleico) che ad un grasso animale. Caratteristica che diventerà fondamentale sia per il gusto finale del prosciutto, sia per la sua digeribilità. Le cosce vengono salate a secco, lasciandole sovrapposte in cestoni per circa una settimana. Quindi vengono inviate alla fase di stagionatura che avviene per tutto in modo totalmente naturale, senza alcuna forzatura, sfruttando solo la temperatura e la ventilazione esterna attraverso il posizionamento a vari livelli e l'apertura delle finestre.

Pata NegraUn po' quello che avviene per il Culatello di Zibello, con la differenza che il Pata negra comincia il percorso dalle cantine per raggiungere nel giro di un anno i piani alti. L'operazione viene ripetuta almeno due volte per ottenere la stagionatura minima di 24 mesi, oppure tre (per un totale di 36 mesi) per il prodotto di maggior pregio.

Attenzione però perché dei 40 milioni di prosciutti che la Spagna produce annualmente, solo una percentuale molto bassa, stimata tra l'1 ed il 2%, viene effettivamente prodotta seguendo la procedura descritta. A prescindere dall'appartenenza o meno ad un DOP, che come abbiamo detto non sempre costituisce di per sé una garanzia, la denominazione completa del miglior Pata negra è dunque "Jamon Iberico de bellota".

La qualità inferiore, determinata dal fatto che i maiali vengono alimentati con un misto di ghiande e cereali, è "recebo" che talvolta si può trovare in commercio come "mezza ghianda"; si scende ancora di un gradino per il "pienso", l'animale alimentato solo a cereali. C'è poi la denominazione "serrano", che in realtà, se non accompagnata dalla specifica "Iberico", non garantisce che si tratti dei maiali Pata negra: significa semplicemente di montagna, nulla più. La stessa differenza vi è sulla "paleta", ovvero l'arto anteriore che in sé è meno pregiato del "jamon", ma che può raggiungere l'eccellenza solo se prodotto secondo la medesima metodologia. Differenze sostanziali che naturalmente incidono sulla qualità del prosciutto e che giustificano la disparità dei prezzi. Per accertarsene è certamente utile fare caso a quanto è riportato sul cartiglio, tuttavia risulta fondamentale l'assaggio.

Il Pata negra di elevata qualità alla vista deve risultare ben marezzato di grasso, ricco di puntinature bianche dovute alla concentrazione in un aminoacido (la tirosina) che si verifica solo nei prodotti poco salati all'origine e lungamente stagionati. Profumo e sapore non sono certamente paragonabili alle dolcezze dei nostri crudi. Al contrario hanno note molto saporite, penetranti, con un grasso oleoso ed avvolgente, di lunghissima persistenza. Va tagliato rigorosamente al coltello dopo averlo conservato al caldo e senza mai riporlo in cella frigorifera. L'usanza spagnola è di lasciarlo appeso al soffitto convogliando il grasso che man mano cola in una bacinella posta nella parte inferiore. Grasso che cola e fa gola, poiché viene riutilizzato sia per ammorbidire la cotica che per cucinare.

Beppi BellavitaIntervista a Beppi Bellavita

Non bisogna andare molto lontano per incontrare il maggior esperto italiano di Pata negra. Giuseppe (detto Beppi) Bellavita, bergamasco con la passione per l'avventura e la montagna, è stato infatti il primo ad importare i migliori prosciutti spagnoli con continuità, attraverso la sua azienda che si occupa di importazione e distribuzione di prodotti alimentari di qualità, la Fenica con sede a Grassobbio (BG). Accadeva vent'anni fa e da allora molte cose sono cambiate. "Quando ho cominciato a girare tra i ristoranti per farlo conoscere mi prendevano per matto, sia per le caratteristiche in sé del prodotto, sia per il suo prezzo che in riferimento al periodo era molto più alto di adesso". Ora tutti dicono di conoscerlo. "Tutti sanno a grandi linee che cos'è e che è un prodotto di valore, ma il livello della conoscenza è ancora molto, troppo, superficiale. E poi il mercato è invaso da prodotti di ogni genere, molto spesso di qualità scadente: l'aumento della richiesta ha generato parecchie, chiamiamole così, infiltrazioni. Chi li propone ha interesse a non far capire al professionista ed al consumatore la differenza tra l'Iberico puro de bellota (vedi articolo) e le altre tipologie meno pregiate". Come ci si può orientare quindi? "O si ha la conoscenza specifica del prodotto, oppure è meglio affidarsi ad un fornitore di fiducia, a qualcuno che ha dimostrato nel tempo di garantire continuità nella qualità. Non è per tirare l'acqua al mio mulino, ma le denominazioni sono ancora meno efficaci che in Italia, tanto che alcuni produttori importanti (come Domecq, azienda distribuita da Le Fenica e considerata con Joselito la Formula Uno del Pata negra, ndr) hanno deciso di rinunciarvi per puntare esclusivamente sul marchio aziendale". Come ci si può regolare di fronte all'offerta di un piatto di Pata negra? "Primo il prezzo: un prodotto di qualità, di Bellota, non può costare meno di 15 euro a porzione. Se si va sotto si può già presumere che venga servito qualcos'altro. Controllare la scritta riportata sul cartiglio è naturalmente buona norma. Il prosciutto deve essere lì, da vedere mentre viene tagliato. Non solo, un buon segnale è la presenza di altri prosciutti interi appesi all'interno del locale, muniti del raccoglitore di grasso (i "bellota" trasudano molto). Se ben stagionato il grasso esternamente è giallo: eliminata la parte superficiale deve essere invece bianco". E per l'abbinamento, Beppi Bellavita cosa predilige? "Bollicine, bollicine e ancora bollicine, le più buone che ci possa permettere".

Maggiori informazioni su www.patanegra.it, il sito de La Fenice che ha sede in via Martin Luther King 14/18 a Grassobbio (BG); tel. 035.335177.

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I commenti dei lettori

Utente Eliminato
09 marzo 2012 - 11 12
Utente Eliminato

Ringraziamo il nostro attento lettore italo-spagnolo per la segnalazione. In
effetti non è corretto parlare di traduzione letterale e ce ne scusiamo. Il
senso però crediamo si sia capito: normalmente si crede che con "negra" venga
indicata la colorazione del mantello e quindi della zampa (la pata). In realtà
la razza del cerdo iberico che dà origine ai prosciutti più pregiati si
distingue per avere "negra" anche l'unghia, ed è quest'ultima ad essere
sottintesa nel nome.
Elio Ghisalberti

Paolo Pozzato
23 febbraio 2012 - 22 32
Paolo Pozzato

Vivo da venticinque anni in Spagna.
Ho visto un errore molto grossolano e mi spiace dover contraddire quanto riportato : "Pata Negra" non significa assolutamente "Unghia Nera" che letteralmente in spagnolo si direbbe "Uña Negra"!
Purtroppo devo confermare che la traduzione letterale corretta è "Zampa Negra" proprio come viene scritto dappertutto e si può constatare facilmente controllando in qualsiasi dizionario.