In giro per cose buone: la Franciacorta

In giro per cose buone: la Franciacorta

Non solo vino
di Elio Ghisalberti
01 aprile 2008

Prodotti e artigiani del gusto in un territorio che non è solo “bollicine” ma presenta un offerta enogastronomica completa e di elevato livello. Un ricco ed approfondito articolo per conoscere le bellezze enogastronomica della Franciacorta

Franciacorta e le bollicine più nobili, nate per rifermentazione in bottiglia. Non v’è, in Lombardia, un territorio che si identifica di più nel suo vino – prima DOCG italiana per la tipologia - delle colline che formano l’anfiteatro morenico che ha i confini naturali nel lago d’Iseo a nord, i fiumi Oglio (ad ovest) e Mella (ad est), i Monte Orfano a sud. Un territorio che insiste su una ventina di comuni tutti in provincia di Brescia. Questo assioma territoriovino è naturalmente stato generato dalle caratteristiche pedoclimatiche: non si

possono raggiungere certi risultati se le basi - nel caso specifico, una parola che ha duplice valenza – non sono compatibili con il progetto. Ma quest’ultimo, altrettanto importante e certamente decisivo, deve essere necessariamente elaborato dagli uomini, dalle loro ambizioni e dalle scelte che ne conseguono. Impostate da chi, a suo tempo, con una lungimirante intuizione ed una caparbietà smisurata (Franco Ziliani della Berlucchi tanto per non fare nomi) ha dato il via alla produzione delle bollicine con il metodo della rifermentazione in bottiglia.



Successivamente riprese da tutto quel grande movimento di cantine capitanate dai nomi diventati illustri, che ha puntato senza indugi sul prodotto bandiera. Per questi motivi in Franciacorta è difficile, più che altrove, scindere il vino dall’offerta gastronomica. Ma bisogna pur farlo perché è questo l’obiettivo degli itinerari del gusto, realizzati dando uno sguardo alle tradizioni ed alla tipicità ma soprattutto centrati sull’oggi, su quello che effettivamente il territorio è in grado di fornire di qualitativamente valido, con continuità ed in una quantità minima che consenta la presenza sul mercato. Carne o pesce, da questo incontro che diventa talvolta una contrapposizione, può partire il ragionamento attorno alla cucina di un territorio di congiunzione tra la montagna che si spegne tra lago e pianura. Rovato ed Iseo, i due paesi-capoluogo che delimitano da sud a nord il territorio, continuano ad esserne l’emblema. Pur ridimensionato dalla moderna catena distributiva, il mercato del bestiame (si svolge ogni lunedì) continua ad essere un appuntamento importante per Rovato. Una tradizione che si è fissata nel dna di generazioni di macellai, i “becher” come vengono chiamati in dialetto. Sono due famiglie a contendersi la palma dei migliori selezionatori e sezionatori di carne: i Guarneri ed i Lancin . La prima vanta una storia quasi secolare, la seconda è stata fondata più recentemente, nel 1989 quando Franco Lancini si mise in proprio dopo avere imparato guarda te il mestiere proprio dal Guarneri. In ambedue si va sempre a colpo sicuro, la qualità della carne e degli elaborati (anche i salumi, soprattutto quelli freschi) è di quelle difficili da trovare altrove.

Ed i consigli sul come utilizzare i tagli, valorizzando anche le parti considerate meno nobili, si sprecano. Per il pesce pescato (realmente) nel Sebino, l’indirizzo consigliabile è quello della Cooperativa di Clusane . Carlo e Pietro Barbieri sono sempre disponibili anche a filettare il pesce fornito dai 16 soci attualmente operativi. Insieme alla specie che è diventata l’emblema della ristorazione clusanese, la tinca (vedere al capitolo ristorazione), secondo la stagione ed il fermo pesca si trovano coregoni, salmerini, lucci, sardine, scardole e le piccole aole (ahinoi sempre più rare). Sul pontile nei pressi del porticciolo può capitare di vedere il procedimento di essiccazione degli agoni (sarde di lago) e dei filetti di tinca o di cavedano. Che sia carne o pesce, la tradizione li vuole accompagnati dalla polenta, gialla e spessa.



A Castegnato, al limite orientale della Franciacorta, alcune aziende agricole sono impegnate da tempo nel recupero di quelle varietà tradizionali di mais, il “belgrano” in particolare, che erano alla base della farina per polenta bresciana.

I primi a crederci sono stati i fratelli Esposto che affidano il loro mais al molino di Bienno in Valcamonica, la cui grande macina a pietra è mossa come un tempo dal movimento dell’acqu . Ma sempre a proposito di farina per polenta è notevole anche quella biologica integrale della Fattoria Paradello di Rodengo Saiano. La famiglia Consoli, titolare dell’attività si distingue per un’altra peculariatà, l’allevamento di pollame e la produzione di uova, tutto certificato bio. Alla fattoria Paradello il benessere degli animali inizia da una corretta alimentazione a base di legumi e granaglie provenienti dai 15 ettari di proprietà

che vengono coltivati direttamente. E continua con la concessione degli spazi adeguati (4 metri quadri a capo contro i pochissimi centimetri degli animali allevati in gabbia) e di una totale libertà di azione e di gestione della giornata all’aria aperta. I capponi allevati a terra con questa modalità raggiungono il peso “forma” dopo almeno 200 giorni di vita, cioè il doppio di quelli allevati in batteria. Ne guadagna naturalmente la qualità della carne che ha una sapore deciso ma naturale, una maggior succulenza ed una consistenza (tenuta alla cottura) dimenticata. Il prodotto migliore dell’arte norcina franciacortina è indubbiamente il salame, ottenuto per tradizione con l’apporto dei tagli più nobili (dove non si fa prosciutto il salame ci guadagna…). La carne della coscia viene lavorata con il coltello, non macinata con la “ macchinetta”. Lo produce ancora così Luigi Bellini nel salumificio che ha da poco realizzato per trasformare direttamente i maiali che superano le due lune ed i 2 quintali di peso allevati nell’azienda agricola di famiglia. Niente polvere di latte, caseinati o altri additivi per tutti i salumi marchiati Al Berlinghetto. Il salame viene prodotto anche nelle versioni affumicato (leggermente) e conservato nell’ola, cioè nello strutto, come da antica usanza di Montisola. E la tradizione dei formaggi? Ci sarebbe quella del Quartirolo, ma i caseifici si sono specializzati nel prodotto fresco da inviare alla stagionatura altrove. Per trovare buoni formaggi di capra biologici bisogna sbordare dalla Franciacorta portandosi fino alle porte di Brescia, per raggiungere l’azienda agricola Val Persane nella valletta di Mompiano (dietro lo stadio, meno di un chilometro ed il mondo cambia di netto). Alberto Guidi e Cristina Peroni lavorano giornalmente il latte munto da un’ottantina di capre camosciate, tenute in una stalla un po’ di fortuna ma lasciate spesso libere di pascolare tra i castagneti circostanti. Ne ricavano formaggi freschi (soprattutto) e stagionati che sono diventati l’emblema di una stoica resistenza contadina al magma di cemento che avanza dalla città. Il più apprezzato è il “barbatass” un formaggio morbido, spalmabile, ottenuto per coagulazione lattica.



LA RISTORAZIONE

Sbilanciata verso l’alto, con una ricca dotazione di ristoranti eccellenti che mascherano l’impasse che regna nel mondo delle trattorie. E’ questa la fotografia del momento attuale della ristorazione in Franciacorta. L’esempio più eclatante arriva da Rovato, che ha

visto progressivamente spegnersi (se non sono chiuse certo non brillano come un tempo) le insegne storiche delle osterie sorte numerose negli anni floridi del mercato del bestiame. I tentativi di rivitalizzarle si sono scontrati con l’inesorabile rarefazione

dei valori che erano l’essenza della trattoria: la presenza dell’oste e della sua famiglia innanzitutto, quindi di una cucina casalinga realizzata con materie prime scelte e trattate con cura, per lo più provenienti dal quinto quarto o dai tagli meno nobili dell’animale (quelli

erano destinati agli “sciur”). Tra i vari tentativi di ripercorrere non tanto la cucina che fu, ma almeno l’obiettivo di offrire una cucina buona ed a prezzi ragionevoli segnaliamo l’ultima gestione delle Quattro Rose, nella parte alta all’imbocco del paese. Paolo Marelli ha ridato vigore ad un locale che dispone – è un fatto raro nel centro del paese

– anche di un piacevole spazio all’aperto.

L’approvvigionamento delle carni, tutte acquistate alla vicina macelleria Guarneri, è già una garanzia. Buoni i primi di pasta ripiena, casoncelli e tortelli di zucca, ed il manzo all’olio

eseguito e non interpretato nel rispetto della tradizione. Ma per questo piatto l’indirizzo più giusto è quello della famiglia Cerveni che ha da alcuni anni trasferito l’insegna storica delle Due Colombe all’interno del mulino ristrutturato verso la stazione. La cucina di Stefano Cerveni ha alle spalle l’esperienza di tre generazioni, quella di nonna Erminia che ha esordito ai fornelli nel 1955 e soprattutto quella di papà Giuseppe che con mamma Clara ha elevato il livello complessivo del locale. In stand-by Vittorio Fusari è lui, Stefano Cerveni, in questo momento il cuoco che rappresenta al meglio la moderna cucina di Franciacorta, quella che senza perdere l’identità ha saputo rinnovarsi ed affinarsi.. Il manzo all’olio – di cui diamo la ricetta originale di famiglia – è compreso in un menu che

ha in altri classici di famiglia i cavalli autentici piatti-fuoriclasse, come i bigoli col pestom (l’impasto fresco del salame) ed il piatto del capitano, un felice connubio terra-mare, filetto di manzo e gamberoni. Ma anche tutti gli altri piatti sono espressione di una cucina

che predilige l’equilibrio, l’armonica fusione e non la sovrapposizione degli ingredienti base (3-4 non di più). Uno stile assai diverso rispetto a quello di Nicola Silvestri, giovane patron del Gelso di San Martino di Cazzago, cuoco rivelazione del panorama della

ristorazione franciacortina (dopo nemmeno un anno dall’apertura la Michelin lo ha premiato con la stella). I suoi sono piatti molto ricchi, sia di materie prime (scelte con cura

assoluta ma relazionandosi poco con il territorio) che di elaborazioni, a volte addirittura ridondanti di sapori.

Certamente un cuoco di gran valore che potrà raggiungere la quadratura del cerchio liberandosi dalla ricerca dei sensazionalisti. Torniamo ad una maggior semplicità consigliando i locali dove protagonista principale è l’altra risorsa del territorio, il pesce di lago. A Montisola, l’isola lacustre più grande d’Europa, gli indirizzi consigliabili sono

due: la Foresta e la Locanda a Lago.

Non a caso ambedue si avvalgono di una fonte di approvvigionamento è un’affare di famiglia. Nando Soardi, patron de La Locanda, e Sandro Novali, fratello di Silvano titolare de La Foresta, sono infatti due pescatori pescatori con licenza professionale rimasti ad oprare costantemente sul Sebino. A Clusane, il paese che divenuto celebre per la tinca

al forno, l’indirizzo giusto è quello del Muliner. Andrea Martinelli ha saputo ridare slancio alla tradizione famigliare. La tinca è realmente quella pescata nel lago (e se no lo è, vi avverte), così come tutti gli altri pesci utilizzati: dalle alborelle ai gamberi d’acqua dolce, dalle sarde ai coregoni, dal persico all’anguilla. Cucina fresca, con qualche tocco di originalità, ma senza eccedere. Dall’acqua di nuovo alla terra, anzi al cielo, per segnalare un locale dove lo spiedo è ancora di casa, l’Artigliere a Gussago. Davide Botta ha dato ampia dimostrazione di saperci fare con molte altre preparazioni ma si supera con lo spiedo cotto lentamente (5 ore) nel camino che è ancora parte integrante della cucina. Come da tradizione franciacortina, solo bombolini (coppa) e costine di maiale accompagnano gli uccellini, quelli consentiti ovviamente. Il giro tra le tavole della Franciacorta non può che terminare che dal più famoso dei cuochi italiani, Gualtiero Marchesi, che quattordici anni fa ha scelto di uscire da Milano per trasferirsi all’Albereta di Erbusco perché, disse, sognava di tornare in campagna per riappropriarsi dei prodotti e dei sapori che sono alla base di ogni grande cucina. Operazione compiuta solo in parte: comprensibilmente, la sua cultura e la sua verve creativa non potevano rimanere confinate. “Il cuoco più bravo – ci disse in un intervista recente - è quello che intuisce per primo quel che avverrà, ed è capace di anticipare, interpretandoli al meglio, i cambiamenti. E io adesso credo che siamo andati verso una cucina per così dire barocca, fatta di complicazioni, esasperazioni, eccessi. La cotture sono diverse certo, e normalmente più brevi. Però in un piatto si mettono troppe cose e cucinate in modo molto diverso, si finisce per fare confusione. Invece è importante che la cucina sia semplice e comprensibile. Io non ho mai sposato nessuna corrente di pensiero se non i tre principi fondamentali sui quali nascono i miei piatti: il bello, il buono, il semplice. Tutti e tre viaggiano paralleli e sono necessari l’un l’altro. Fondamentale è la semplicità estrema dove l’alimento, spogliato dell’inutile, esprime la sue vere qualità. Fondamentale il buono, dato dalla qualità del prodotto e dalla capacità del cuoco di contestualizzarlo rispetto agli altri elementi e valorizzarlo attraverso l’elaborazione. Fondamentale il bello come massima rappresentazione visiva di tutti i valori, del rispetto dell’uomo, della terra, della legge dei contrasti”. Le ultime trovate di un grande cuoco che prima di tutto è un uomo colto e sensibile dotato di un’inesauribile curiosità sono improntate a questa ricerca della semplicità. Nella saletta M’Arte si mangia su grandi tavoli ricavati da una conifera vissuta oltre trentamila anni fa. Proprio vero che per intuire cosa può riservare nel futuro la cucina italiana un salto da Gualtiero Marchesi (classe 1930) è ancora indispensabile. Per lui un segnale assolutamente positivo: per il movimento della cucina italiana forse preoccupante. Per la Franciacorta sarebbe una perdita grave se le voci sempre più insistenti di un suo ritorno in pianta stabile a Milano (dove è imminente l’apertura del “Marchesino, ritrovo con cucina ubicato nel Palazzo della Scala) fossero confermate nei fatti.



IL TESTIMONIAL VITTORIO FUSARI

Dopo ventisette anni ventisette, il Volto di Iseo non ha più il volto di Vittorio Fusari. Il cuoco più rappresentativo della cucina del lago d’Iseo e della Franciacorta ha chiuso

l’esperienza di una vita professionale e passionale che lo ha portato ad ottenere, senza che l’osteria perdesse un briciolo dell’atmosfera originale di un luogo di ritrovo caldo ed informale, riconoscimenti da grande ristorante (per dirne uno, la stella Michelin). Un

sodalizio che sembrava indissolubile si è dunque interrotto, e non è il caso qui di rivangare nei motivi che stanno alla base di questa scelta. Crediamo sia invece importante ribadire che Vittorio Fusari è un grande patrimonio per il territorio, che sarebbe un peccato se la sua cucina andasse altrove, legata com’è alla “filiera corta” dei prodotti che costituiscono la base delle sue ricette, da quelle diventate classiche come i tagliolini al pesce di lago ed i filetti di persico dorati, fino a quelle più recenti come le personali interpretazioni della tinca al forno e del manzo all’olio, passando per la sequenza memorabile delle composizioni con l’olio extravergine del Sebino. Ricette

di testa e di cuore, sono gli ingredienti alla base del suo piatto-pensiero che, per usare un gioco di parole, è tutt’altro che un pensiero piatto. L’appiattimento del gusto è quindi un rischio che la sua cucina non ha mai corso. Non sono troppo pochi in Franciacorta i

ristoratori ed i cuochi che si applicano la stessa filosofia? “Abbiamo vissuto un lungo periodo, ed i risultati nefasti si vedono da alcuni anni, nel quale il distacco profondo tra vecchio e nuovo mondo, fra tradizioni e mode, ha creato una forte perdita di contatto con i valori autentici. Raramente la modernità non è stata messa a frutto per migliorare

il buono che c’era, più spesso è stata utilizzata per corromperlo”. Quindi poche speranze? “Tutt’altro, io vedo una forte ripresa di coscienza, sia nei colleghi che nei consumatori. Come ci è voluto tempo per creare lo strappo, ce ne vorrà altrettanto per ricucirlo.

Ma i presupposti per risalire la china la Franciacorta li ha tutti: ambientali ed umani”. Grazie anche a chi non quel filo non lo ha mai perso. “Io credo che sia dovere di ciascuno di noi non perdere i valori fondamentali della cultura di un territorio. Io ho cercato di farlo ed i risultati tutto sommato si sono visti e provati”. A giorni questo discorso tornerà ad essere disponibile sulle tavole della Dispensa, il nuovo concetto di wine-bar che Vittorio Moretti (patron di Bellavista) sta per aprire nel cuore dei vigneti di Franciacorta. “Non sarà

la mia sistemazione definitiva ma è una proposta che ho accettato con entusiasmo. La Dispensa in fondo tradurrà in pratica i concetti che ho sempre applicato nella mia cucina. Il

servizio sarà più semplice ma tutto quanto arriverà in tavola sarà anche disponibile sugli scaffali dell’enoteca e della gastronomia. Gli artigiani avranno a disposizione uno spazio per accorciare la filiera, per arrivare dritti al consumatore. Perché un occhio al rapporto qualità/prezzo bisogna sempre tenerlo aperto, ma solo dal primo dei due fattori non si può prescindere”.



Luoghi del gusto da ricordare



Macelleria Guarneri

Piazza Cavour 9

Rovato (BS)

Tel.030-7721016



Macelleria Lancini

Via Castello 40

Rovato (BS)

Tel.030.7240228



Cooperativa Pescatori di Clusane

Via Punta 4

Clusane d’Iseo (BS)

Tel.030.989074



Azienda Agricola Fratelli Esposto

Via Molino 58/60

Castegnato (BS)

Tel.030.2722202



Fattoria Paradello

Via Paradello 9

Rodengo Saiano (BS)

Tel.030.610260



Azienda Agricola Bellini Luigi

“Al Berlinghetto”

Vai Esenta 7

Berlingo (BS)

Tel.030.9973648



Azienda Agricola Val Persane

Via Valle di Mompiano 90

Mompiano (BS)

Tel.030.2092066



Ristorante Due Colombe

Via Roma 1

Rovato (BS)

Tel.030.7721534

Chiuso domenica sera e tutto lunedì

Prezzo medio: 65 euro.



Trattoria Quattro Rose

Via Orti 8

Rovato (BS)

Tel.030.723027

Chiuso giovedì

Prezzo medio: 30 euro



Ristorante L’Artigliere

Via Forcella 6

Gussago (BS)

Tel.030.2770373

Chiuso lunedì e martedì

Prezzo medio: 65 euro.



Locanda a Lago

Località Carzano 38

Monte Isola (BS)

Tel.030.9886472

Chiuso venerdì a pranzo (d’inverno anche tutto martedì)

Prezzo medio: 35 euro



Ristorante La Foresta

Via Peschiera 174

Monte Isola (BS)

Tel.030.9886210

Chiuso mercoledì

Prezzo medio: 35 euro



Gualtiero Marchesi

Via Vittorio Emanuele 23

Erbusco (BS)

Tel.030.7760562

Chiuso domenica sera e lunedì

Gualtiero Marchesi Prezzo medio: 180 euro.

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