La bistecca ha origini fiorentine o livornesi?

La bistecca ha origini fiorentine o livornesi?

Non solo vino
di Camilla Guiggi
25 gennaio 2010

Pellegrino Artusi nel 1891 nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte del mangiare bene” aveva spiegato che il nome “bistecca”, tagliata dalla lombata di vitella, deriva dall’inglese beef-steak...

Pellegrino Artusi nel 1891 nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte del mangiare bene” aveva spiegato che il nome “bistecca”, tagliata dalla lombata di vitella, deriva dall’inglese beef-steak.

Le cronache fiorentine parlano di messaggeri economici di Elisabetta I, che avevano il compito di racimolare capitali in monete d’oro per armare la flotta che nel 1588 avrebbe avuto la meglio sulla“Invencible Armada”spagnola e per fondare la Compagnia delle Indie Orientali. Gli uomini della missione elisabettiana, su di giri per i favorevoli accordi appena stipulati, si erano uniti ai festeggiamenti popolari per la notte di San Lorenzo. Mangiavano e trincavano, cantavano e inneggiavano. E quando sui banconi dei beccai, dal vitello macellato, squartato e cotto allo spiedo davanti alla folla, furono tagliate le fette di carne con l’osso, loro si fecero largo tra la calca con i piatti protesi e invocarono di poterle gustare gridando pieni di entusiasmo: “Beef-steak,p lease! Beef-steak, thank you!”

Di qui la traduzione simultanea e orecchiabile di “bistecca” a opera dei beceri fiorentini. È un’abitudine toscana di italianizzare le parole straniere raddoppiando le consonanti finali e aggiungendo una vocale a chiusura: tramme per tram, barre per bar, brioscia per brioche, cognacche per cognac e così via. Prima di quel giorno di San Lorenzo le bistecche avevano un nome più logico: carbonate.

L’Accademia della Cucina Italiana di Arezzo, con la sua autorità, che le deriva dal fatto di tenere a balia la razza chianina, avalla la tesi che sono stati i livornesi per primi a tradurre là per là beef-steak in bistecca. Infatti, gli inglesi si stabilirono a Livorno molto prima che a Firenze. Questo accadde perché Livorno conquistò il primato dei traffici marini nel mediterraneo, e dai Medici ottenne il beneficio di porto franco, e fu alla base dei Cavalieri pisani di Santo Stefano. Divenne così l’Algeri cristiana mettendo in catene fino a duemila prigionieri mussulmani.

A Livorno, tra il Cinquecento e il Seicento, fiorirono la nazione olandese, alemanna, ebraica, greca e inglese, di conseguenza non è improbabile che già agli inizi del Cinquecento la beef-steak sia stata italianizzata in bistecca proprio a Livorno.

Nonostante tutto la bistecca, che abbia o non abbia trovato la sua identità nazionale a Livorno, resta il piatto principe della gastronomia fiorentina.

Righi Parenti, storico della cucina toscana, afferma che già gli Etruschi erano amanti della famosa bistecca fiorentina, infatti, in alcune loro tombe affrescate si può vedere che facevano il famoso taglio a T. La vera “fiorentina” deve, per prima cosa, essere tagliata così: nella lombata con filetto, controfiletto e l’osso che li divide e disegna una T nella carne.

Ma come va cucinata questa “bistecca Regina” come la definì D’Annunzio?

Secondo Dario Cecchini, famoso macellaio di Panzano,tra Radda e Greve in Chianti,la fiorentina deve essere alta 6 cm e frollata trentacinque giorni e meglio se di femmina ,perché la carne è più gentile e succosa. Ed ecco la sua ricetta: “La brace forte di leccio o di quercia, griglia bassa, carne non fredda di frigorifero, tolta diverse ore prima e cotta per quattro minuti per parte, girandola una sola volta, e 15 minuti ritta. Né sale né pepe, né olio: niente. Dopo la cottura farla riposare al caldo, vicino al camino, possibilmente coperta che non si asciughi, per 15-20 minuti. Ora è pronta. In tavola, oltre al piatto caldo e a un buon coltello, sale marino, olio buono e macinapepe. Ma se la carne è veramente buona anche nulla, a morsi e basta!”.

Non ci resta che provare.

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