Semplicemente miele

Semplicemente miele

Non solo vino
di Camilla Guiggi
01 ottobre 2009

Una visita all’azienda trentina Mieli Thun alla scoperta di un prodotto fresco e fragrante...

Tratto da L'Arcante N° 10

Quando un po’assonnati la mattina facciamo colazione e spalmiamo sulla fetta di pane il miele, abbiamo mai pensato a tutta la storia racchiusa in quel barattolo? Andrea Paternoster, patron dell’Azienda Agricola Mieli Thun di Vigo di Ton (Trento), ha una sua teoria per valorizzare questo splendido prodotto della natura. Parlando con lui si capisce subito l’amore che ha verso questo dono delle api.
Ma qual è l’obiettivo che Andrea vuole raggiungere con il suo instancabile lavoro? A questa domanda risponde così: “Offrire l’integrale freschezza dei nettari che si trovano dentro i calici dei fiori, per riportare in un vaso di miele parte di quella magia di cui sono spettatore dalla primavera sino all’autunno inoltrato, questo è il mio primo obiettivo. Ciò comporta necessariamente il saper essere secondi a Madre Natura, ma implica anche comunicare il giusto valore di quello che le nostre api raccolgono e producono.
Una necessaria consapevolezza per sostenere con vigore la gioia dei Mieli ed il loro
Rinascimento. Negli anni mi è apparso sempre più chiaro che per riscattare la dignità dei mieli si debbano investire risorse ed energie per informare ed educare il pubblico ai nettari e cancellare quindi dall’immaginario comune il concetto di prodotto miele.
Mieli solo al plurale perché non uno, ma molti e tutti diversi. Ogni fioritura è un mondo a se, che richiede tempo e passione per conoscerlo ed esplorarlo. Sono dell’opinione che se
è norma porre distinzione tra cabernet, barbaresco, merlot, aceto balsamico di Modena o
di Reggio Emilia, sia per tanto obbligatorio dire: “…ho assaggiato un miele di eucalipto del Metaponto” sino a giungere a definirne l’anno di produzione, che influisce non poco sulle caratteristiche e peculiarità delle singole fioriture”.

Noi sommelier sappiamo quanto influiscano sulla qualità di un vino fattori quali l’annata,
la zona di produzione, la vinificazione, ma quando acquistiamo un miele poniamo la stessa attenzione? Un miele di corbezzolo se è stato prodotto in Toscana o in Sardegna cambia: il primo è meno amaro del secondo, perché è il clima stesso ad essere diverso nelle due regioni. La purezza di un miele viene mai presa in considerazione? I mieli presentano evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica. Si parla di miele uniflorale quando questo proviene principalmente da un’unica origine botanica e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista della composizione, delle caratteristiche organolettiche e microscopiche. In altre parole per potersi considerare uniflorale un miele deve essere riconoscibile come tale dal punto di vista delle analisi di laboratario e, cosa che più interessa, per le caratteristiche di aspetto, profumo e gusto. Questo non è sempre facile, basti notare come sono differenti due o più mieli dichiarati, ad esempio, di agrumi. Le differenze non sono legate solo al territorio, ma anche alla contaminazioni di altre specie botaniche, che caratterizzano quel miele dichiarato uniflorale, sia a livello visivo che a livello gustativo. Da questa ricerca di “purezza” nasce l’idea di Andrea Paternoster della “Quintessenza”, una sorta di cru. Per produrre la
Quintessenza si raccoglie, in melari vergini, il nettare che le api bottinano al momento
in cui la fioritura è al proprio culmine.
In questo modo il prodotto miele - che nel periodo d’inizio fioritura o di fine
fioritura può risultare “contaminato” da modestissime percentuali di altri nettari
- raggiunge un’integrità al limite massimo dell’ottenibile. Ciascun favo d’un melario è composto da circa 4129 celle perfettamente esagonali che contengono 0,42 grammi di prelibato nettare: Quintessenza ne è l’espressione più estrema. L’ultimo contributo di Andrea per la riscoperta del miele è la pubblicazione di un libro che va incontro alle esigenze di portare sempre più persone a contatto con le tematiche dell’apicoltura. Il “Dizionario dei Mieli Nomadi”, così si intitola, raccoglie speranze, idee, esperienze, storie, di quattro autori che dipingono con semplicità e ironia il mondo apistico e dei mieli. Un libro non da leggere, ma da consultare all’occasione, nel quale si trovano anche suggerimenti per l’utilizzo alimentare dei mieli nel quotidiano, lasciando spazio alle capacità, alla sensibilità e all’estro dei lettori di rielaborarne il contenuto. Mieli dalla A alla Z, ma anche indirizzi web che invitano il lettore a implementare i contenuti del Dizionario con fonti e spunti di approfondimento esterni. Il Dizionario è un progetto aperto e il lettore è chiamato a inviare le proprie idee e pensieri sui mieli utilizzando un indirizzo mail. I materiali così raccolti saranno poi vagliati e utilizzati per completare una seconda edizione. Concludendo ricerchiamo nel miele la stessa qualità che ricerchiamo quando acquistiamo un vino. Cerchiamo di abbinarlo in maniera consapevole con i cibi, ad esempio
con i formaggi, sfruttandone le caratteristiche sensoriali. Questo dovrebbe valere anche quando lo usiamo come dolcificante, ad esempio nelle tisane o nei tè.

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