Suggestioni eno-casearie tra i Rolli di Genova
Non solo vino
di Maria Rita Olivas
30 novembre 2023
Piccolo viaggio tra vini e formaggi tipici della Liguria, ispirato dai palazzi rinascimentali di Genova.
Durante il Congresso AIS di Genova del 24-26 ottobre scorso, un momento particolarmente suggestivo è stata la visita guidata, organizzata splendidamente da AIS Liguria, di alcuni palazzi dei “Rolli” (Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 2006), dimore storiche delle famiglie genovesi più potenti del ‘500. All’epoca venne infatti creato un particolare sistema di ospitalità per le alte personalità pubbliche in visita alla città, costituito da elenchi di importanti palazzi privati. Quanto più sfarzoso era un palazzo, tanto maggiore era il rango degli ospiti che avrebbero potuto soggiornarvi. Da qui l’ambizione di nobili e ricchi imprenditori della città a rinnovare i loro edifici, chiamando i più importanti artisti del momento per arricchire le facciate con stucchi e colonne, i giardini con ninfe e fontane, gli interni con raffinate decorazioni, sontuosi arredi e pregiate collezioni d’arte.
Di particolare fascino, per noi sommelier, sono state le sale adibite ai pranzi e alle cene, ricche di affreschi e quadri dedicati al piacere della convivialità. Salendo gli imponenti scaloni che portano ai piani nobili, sotto volte finemente dipinte, immaginiamo tavole allestite con lucente argenteria, bicchieri in vetro di Murano, maioliche, fruttiere, candelieri. E ci troviamo a immaginare una serie di abbinamenti eno-caseari che affondano le radici nelle tradizioni locali della pastorizia e della viticultura.
Si parte da Palazzo della Meridiana, dove un grande affresco di Luca Cambiaso raffigura la scena del canto XXII dell’Odissea, in cui Ulisse, con l’aiuto di Minerva, trafigge uno dei Proci proprio nel momento in cui sta per portare alle labbra una coppa di vino. Lungi dall’essere drammatica, la scena sembra celebrare le gioie di Bacco e della buona tavola.
Una suggestione che ci porta a pensare ad altri episodi dell’Odissea, a Polifemo e alle sue capre, e in un attimo siamo con la mente fra gli Appennini a nord di Genova, in Valbrevenna, dove si produce una deliziosa caciotta di capra a breve stagionatura, dalla delicata acidità e dall’intensa aromaticità – ricorda la famosa miscela ligure di erbe selvatiche prebugiun – lascito delle piante di cui si nutrono gli animali, che pascolano liberamente diversi mesi all’anno. La sua consistenza morbida e la struttura leggera vengono valorizzate in abbinamento con un vino bianco di medio corpo, avvolgente ed equilibrato, come il Riviera Ligure di Ponente DOC Pigato 2021 di Terre Bianche. I ricordi di erbe mediterranee e di miele millefiori al naso sono preludio a un sorso snello, fresco e di grande piacevolezza.
Proseguiamo a visitare Palazzo Lomellino, dove l’iconografia di Bacco è presente sia nella statua del ninfeo nel magnifico giardino, sia nel medaglione sul soffitto della scala che conduce al piano nobile, opera di Domenico Parodi, a simboleggiare il concetto di opulenza tipico dei banchetti dell’epoca.
Con un altro volo pindarico, l’idea di opulenza ci porta ai formaggi di vacca Cabannina prodotti nel Parco dell’Aveto, situato nell'entroterra del Tigullio. Una razza rustica, dagli arti robusti, in grado di arrampicarsi sui pascoli impervi dell’Appennino. Nel 2002 un censimento evidenziò una drastica diminuzione dei capi, a causa della sostituzione con razze più produttive. Partì quindi un progetto di ripopolamento della Regione Liguria, supportato anche dal Presidio Slow Food, che ha portato nel corso degli ultimi 20 anni a un aumento degli allevatori e a una maggiore attenzione dei consumatori per le gustose carni della Cabannina e il particolare formaggio che si produce dal suo latte, ricco di grassi insaturi, di Omega 3 e 6. Di notevole espressività gusto-olfattiva già nella versione “tenera”, a breve stagionatura, sprigiona un profluvio di erbe aromatiche, come malva e borragine, sentori di pascolo, sottobosco, su uno sfondo di yogurt e panna. In bocca è denso, pastoso, di spiccata tendenza dolce, persistente e dal finale leggermente amaricante. Serve un vino dall’intensità olfattiva e dalla mineralità marcate, come il Riviera Ligure di Ponente Pigato DOC 2020 della Cascina delle Terre Rosse. Cedro, albicocca, salvia, maggiorana, resine boschive inebriano il naso dal calice giallo dorato, mentre il sorso è attraversato da una bella vibrazione acido-sapida. Corposo e persistente lascia la bocca netta sui ritorni di agrumati.
Ci apre le porte anche Palazzo Augusto Pallavicino, dove veniamo abbagliati da una coppia di tele del Bruegel, in una delle quali una radiosa ragazza è intenta a raccogliere l’uva.
Ci ricorda l’incontro con una casara della Valle Arroscia, dove si produce la famosa Toma di Mendatica, da latte di vacca o misto vacca-pecora, anch’essa Presidio Slow Food. Sono rimasti, purtroppo, pochissimi produttori. È un formaggio generoso, dalla pasta semidura e della complessa gamma di sensazioni gusto-olfattive: timo serpillo, erba luisa, burro, panna cotta, funghi, nocciola e una gradevole nota selvatica. Il palato è incentrato sulla tendenza dolce, ma ravvivato da un leggera sapidità. Di buona struttura, lo pensiamo in abbinamento ideale con un Albarola “Poggi al Bosco” 2020 dell’azienda Santa Caterina, in Lunigiana. La macerazione sulle bucce ed il successivo affinamento in anfora rendono il bouquet del vino evoluto e della stessa ampiezza di quello del formaggio, mentre il lieve tannino, accompagnato da una sferzante salinità, rende il sorso energico, ma perfettamente bilanciato da una ricca e polposa tessitura. Lungo, dal finale di erbe medicinali e chinotto. Sia il vino che il formaggio rimandano a tempi antichi, in cui il rapporto tra uomo e natura circostante era rispettoso e simbiotico.
Chiudiamo, ahimè, la visita dei Rolli con Palazzo Tobia Pallavicino – che ora ospita la Camera di Commercio – dove spicca una pregevole copia della Madonna col Bambino scolpita dal marsigliese Pierre Puget nel 1680 (l’originale di trova al Museo di Genova). La figura è inserita all’interno di una nicchia raffigurante un paesaggio agreste e circondata da colonne, che ci trasporta col pensiero tra le cime delle Alpi Marittime e i suoi grandi pascoli, sui quali viene allevata una pecora di razza autoctona “Brigasca”.
Il nome deriva dal paese francese di La Brigue – ceduto dall’Italia alla Francia nel 1947 – che nei secoli passati era attraversato dalle greggi transumanti tra le montagne della Liguria (soprattutto la già menzionata Valle Arroscia), il Piemonte, la Valle del Rodano e la costa ligure. Con il latte della Brigasca i pastori-casari producevano diversi formaggi, mentre utilizzavano il siero per la ricotta, che veniva poi fermentata con grappa o aceto, chiamata il “brussu”, dal sapore forte e pungente, da consumare col pane durante la transumanza. Ancora oggi è una chicca da provare, magari spalmato sul pane di Triora o con la polenta bianca (a base di patate!).
Tra i formaggi, invece, è molto interessante la versione “Gran gessato”, a latte crudo, dalla consistenza granulosa per via della tecnica produttiva – simile a quella del Castelmagno DOP – che prevede una doppia rottura della cagliata a distanza di più giorni e la successiva pressatura. Sia all’olfatto che in bocca gli aromi sono intensi di pascolo, di burro fuso, fieno, fiori secchi e farina di castagna. È sapido, leggermente astringente per via di alcune incipienti erborinature, succulento e persistente. Ripercorriamo con la mente le valli della transumanza e ci ritroviamo nell’entroterra di Ventimiglia, dove troviamo un abbinamento ideale con questo formaggio nel Rossese di Dolceacqua Superiore Pini “Dante” 2021 dell’azienda Poggio dell’Elmo. Incanta prima col colore rosso rubino vivace, poi con l’olfatto balsamico, infine con la beva perfettamente equilibrata tra la pienezza gustativa e la vivacità del sorso, l’avvolgenza e la freschezza. La persistenza sui toni mentolati ci lascia pieni di meraviglia tanto quanto la quadreria e le statue marmoree del Palazzo.
Persi tra le nostre suggestioni, abbiamo attraversato, fisicamente, la “Strada Nuova” di Genova con i suoi magnifici palazzi e, metaforicamente, tutta la Liguria da Levante a Ponente.
E naufragar m’è dolce... tra i Rolli!