Tutti i segreti del panettone di Davide Longoni

Tutti i segreti del panettone di Davide Longoni

Non solo vino
di Alessandro Di Venosa
21 dicembre 2021

È sabato 11 dicembre, sono le 6:30 del mattino, mancano pochi giorni a Natale e AIS Lombardia è entrata nel laboratorio di Davide Longoni per scoprire come nasce uno dei panettoni più famosi d'Italia.


Per alcuni è la festa più bella dell’anno, altri aspettano il Natale per aprire quella bottiglia che da tempo attendeva il momento giusto, per molti è il periodo in cui finalmente il panettone torna a essere il dolce sovrano. Il re dei lievitati negli ultimi anni ha ritrovato lo smalto dei vecchi tempi e sono in tanti a pensare che sia forse il dolce più rappresentativo del nostro paese.
Per scoprire come nasce il panettone artigianale ci siamo rivolti direttamente a colui che, quando si parla di pane e lievitazione, è oggi considerato “Il Maestro”. 
Ecco, allora, il racconto di una giornata che rimarrà a lungo impressa nella nostra memoria e, soprattutto, nei nostri recettori olfattivi e gustativi.

Davide LongoniIL PANE E DAVIDE LONGONI

Nato in Brianza da una famiglia dove il pane era la principale attività di sostentamento, dopo una laurea in Letteratura e qualche breve esperienza lavorativa, capisce che l’unica vera strada della sua vita profuma di farina e lievito madre. Di Davide avevamo già tracciato un breve profilo in un precedente articolo dal titolo: “La new wave dell’arte bianca”. Ecco perché la nostra scelta è ricaduta proprio su di lui: esperienza, passione, conoscenza e voglia di condivisione ci dicono che Davide e la sua squadra sono le persone giuste per parlare del più famoso tra i grandi lievitati e della sua produzione a livello artigianale.

IPNOSI E BURRO

Quando gli chiediamo se possiamo irrompere nel suo laboratorio per scattare foto e riempire lui e il suo staff di domande, Davide ci mette meno di un istante per darci il suo ok. Già, perché la disponibilità è un’altra delle sue doti umane più evidenti. Del resto, anche il quarto dei dieci punti del manifesto dei PAU, i Panificatori Agricoli Urbani di cui lui è il padre putativo, recita così: “Cooperiamo condividendo ricette, consigli e fornitori. Crediamo che la rivoluzione del Pane Agricolo Urbano sia di tutti, per questo accogliamo nelle nostre botteghe chiunque scelga di intraprendere la strada del pane”. Ed è esattamente quello che succederà in questa meravigliosa esperienza.

A Milano è l’alba di uno di quei giorni in cui fa molto freddo. Il ghiaccio fa luccicare le strade, le macchine sono avvolte da una coltre bianca, le mani tremano un po’ per il freddo e un po’ per l’emozione.

Un veloce messaggio sul telefono ed ecco che nell’ombra del complesso di Via Tertulliano, dove da poco Davide ha aperto il nuovo laboratorio, appare Mauro Iannantuoni, uno dei suoi più stretti collaboratori, che ci guiderà alla scoperta del dolce che forse più di tutti ricorda il capoluogo meneghino.

Un saluto rapido, un “Tutto bene?” che si condensa nell’aria gelida e vola via: c’è poco tempo per i convenevoli; anzi, è bene accelerare il passo, il secondo impasto del panettone tradizionale è in macchina e non bisogna perderlo di vista neanche per un attimo.

Via la giacca, si corre all’impastatrice. Mauro osserva l’impasto e capisce che è tempo di introdurre le uova, versate a filo affinché lo stesso abbia il tempo di inglobarle. Un paio di minuti e siamo pronti per celebrare il matrimonio tra la massa in lavorazione e il burro, tanto burro, così come deve essere: materia grassa amata e odiata dall’uomo tanto quanto lo è dall’impasto.

Sì perché se il burro è uno dei principali responsabili dei voluttuosi profumi del panettone e della sua scioglievolezza al palato, è anche uno dei suoi più acerrimi nemici: se non dosato correttamente, se non immesso alla giusta temperatura, se non della migliore qualità, è un elemento che in pochi secondi può distruggere quasi due giorni di lavoro.

Il momento, quindi, è particolarmente delicato ma sembra che le cose stiano procedendo nella giusta direzione. Le braccia tuffanti dell’impastatrice sono ipnotiche, lavorano alla giusta velocità affinché l’impasto non si scaldi troppo; quando, con calibrata energia, affondano e tornano su, ci offrono rapidi istanti per osservare la maglia glutinica che prende sempre più forza ed elasticità.
È il momento di aggiungere uvette e canditi in una quantità tale che se non la si vede non ci si crede.
L’impasto ora è ben avviato e, mentre tutte le componenti si vanno ad uniformare, abbiamo il tempo per scambiare due parole con Mauro.

MAURO IANNANTUONI, UNA VITA (FELICE) IN LABORATORIO

L’amore per il suo lavoro traspare a ogni parola e non sembra affievolito dallo scorrere del tempo.
È il 2003 quando Mauro mette piede per la prima volta in quello che negli anni diventerà un vero e proprio luogo di culto, meta di pellegrinaggio soprattutto per gli amanti del cioccolato: parliamo del laboratorio di Ernst Knam, uno dei più importanti esponenti dell’alta pasticceria moderna.
Una collaborazione che dura fino al 2013, anno in cui decide di lasciare l’Italia per inseguire nuovi progetti e avventure negli Stati Uniti. Il 2018 è l’anno in cui Mauro inverte la rotta e torna alla corte del Re del cioccolato; altri due anni importanti per sua la crescita professionale che, nel 2020, fa un ulteriore balzo: questa volta è Davide Longoni ad alzare il telefono e per Mauro si aprono le porte di una nuova sfida in uno dei templi della panificazione internazionale.

IL TEMPO DELLA FORMATURA

La macchina viene fermata. L’impasto appare morbido e liscio, le sospensioni (in questo caso uvette e canditi) sono ben distribuite per tutta la massa. Mauro allontana la vasca dalle braccia meccaniche per immergervi le sue. Prende parti di impasto a due mani e lo allunga dall’esterno al centro. “Questa è l’elasticità che cerchiamo” ci spiega. Bello, sinuoso, l’amalgama si muove come un’onda delicata sotto l’impulso di Mauro.

Portiamo l’impasto nell’altra ala del laboratorio dove già da qualche ora sono presenti altri ragazzi dello staff del panificio e altri se ne sono aggiunti nel frattempo per dare una mano. “Vi avevo promesso che sarei passata a darvi due mani per i panettoni di questo weekend” dice Giulia. Sono le 7:30 di sabato mattina e il laboratorio pullula di giovani leve della nuova panificazione pronte a metterci, oltre alle mani, anche tanta volontà.
Matteo, uno dei ragazzi che lavorano nell’altra sala, con rapidi movimenti, trasferisce la massa dalla vasca a un enorme piano di lavoro in legno: il tavolo, largo circa 1,5 e lungo 3,5 metri, viene quasi del tutto ricoperto dall’impasto che lentamente si lascia andare.

15 minuti di riposo e poi “si staglia”. Cosa significa “stagliare”? Tecnicamente “porzionare” l’impasto. La squadra si schiera: in due, posizionati uno di fronte all’altro stagliano e pesano, al loro fianco altri due ragazzi si occupano della “pirlatura”, ovvero quell’insieme di movimenti rotatori che si effettuano usando le mani e/o il tarocco per accompagnare il pezzo appena stagliato a prendere una forma sferica e dalla superficie ben levigata. È la preforma: le sfere vengono quindi adagiate su grandi tavolieri per andare a riposo per un’ora buona. 



In questo breve attimo di pausa in cui i ragazzi organizzano teglie e pirottini torniamo nella parte di laboratorio dove tutto è cominciato.

Qui normalmente “risiedono” Mauro e Charles, un ragazzo francese che ha lasciato il suo lavoro da commerciale a Tours nella Valle della Loira per inseguire il sogno della panificazione e che, qualche mese fa, dopo due esperienze in laboratori transalpini, ha deciso di scrivere a Davide mosso dall’ardente desiderio di imparare a fare il panettone. Detto, fatto: Davide lo ha subito accolto tra i suoi ragazzi per tutto il mese di dicembre per dargli la possibilità di apprendere l’arte con tutta tranquillità.

Charles ha da poco terminato il terzo rinfresco del lievito madre e insieme a Mauro ha avviato il secondo impasto dei panettoni al cioccolato. Ora abbiamo la possibilità, quindi, di vedere anche un primo impasto. Tutti i primi impasti vengono fatti la sera prima, di solito verso le 17:30 in modo tale che possano avere le 12/13 ore di lievitazione necessarie a essere pronti per essere utilizzati all’alba del giorno successivo. Vengono fatti lievitare in cilindri alti 1 metro: la forma alta e stretta del contenitore aiuta lo sviluppo della massa e della sua forza.
Il tempo di osservare questa meraviglia che dall’altra parte del laboratorio provengono suoni che ci fanno immaginare che il lavoro sui panetti del tradizionale sia ripartito.

Corriamo di là e troviamo la squadra intenta a maneggiare con cura gli impasti. L’ora di riposo ha aiutato i panetti ad asciugarsi leggermente e a creare una sottile pellicola superficiale, la “pelle”, fondamentale per la gestione di questa ultima fase. 


Svolta un’ultima delicata pirlatura, l’impasto viene appoggiato nei pirottini che in precedenza erano stati appoggiati su apposite teglie ribaltabili e trafitti da lunghi aghi che lasciano il segno (fate caso ai piccoli fori che trovate sulla parte bassa del pirottino la prossima volta che mangiate un panettone).

Passeranno altre 6 ore di lievitazione prima di andare in cottura per circa un’ora; una volta cotti i panettoni vengono estratti dal forno e subito ribaltati a testa in giù (ecco spiegate le teglie ribaltabili e gli aghi) affinché, ancora caldi, non si sgonfino.

Nel frattempo, è arrivato Davide Longoni che si è subito messo al lavoro con un’altra parte del suo team per pensare e organizzare il tempo che manca da qui a Natale.
Il lavoro da fare è ancora tanto, il laboratorio lavora a pieno ritmo, ma quello che ci sembra non manchi sono la tranquillità e la sicurezza di chi sa cosa fare e come farlo.

IL PANETTONE E LA VITA
Finiamo così come abbiamo iniziato, ovvero citando uno dei punti del manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani:

7. Le nostre botteghe sono presidio di gentilezza

Una rivoluzione è in corso e vogliamo raccontarla. Le nostre botteghe e i nostri laboratori sono spazi accoglienti, ambienti permeabili e aperti allo scambio immateriale. In negozio si fa cultura del prodotto, si tessono reti. Il ruolo di chi lo presenta è di grande importanza.

Abbiamo vissuto appieno quello che queste poche righe sanno raccontare.
È sabato 11 dicembre, sono le 6:30 del mattino, mancano pochi giorni a Natale, la produzione è al massimo della sua portata ma, nonostante questo, tutti hanno voluto condividere con noi un pezzo della propria storia, un piccolo segreto sulla gestione dell’impasto o semplicemente un saluto e un sorriso.

Oggi un laboratorio di panificazione come quello del Panificio Davide Longoni e di tutti coloro che vivono l’esperienza dei PAU, è diventato (o è tornato a essere) un luogo profondamente culturale dove si vivono e costruiscono relazioni. Un luogo, come si diceva all’inizio, dove non esistono pareti ma in cui lo scambio di idee, i consigli e le strette di mano (più o meno fisiche) sono la linfa per quello spazio e per coloro che lo abitano. 

Solo così questi laboratori oggi possono portare sulle nostre tavole un pane(ttone) quotidiano ricco di sapore, di profumi e di vita.