Vermouth d’Italia e del Mondo - Prima Parte

Vermouth d’Italia e del Mondo - Prima Parte

Non solo vino
di Margherita Bruciamonti
24 aprile 2025

Insieme ad AIS Pavia, un viaggio alla scoperta del Vermouth, lo storico vino aromatizzato del XVIII secolo che ha conquistato il mondo come affascinante proposta di aperitivo o come componente nella più raffinata mixology.

Attraverso una degustazione in un contesto informale ed estremamente piacevole, AIS Pavia ha organizzato presso l’enoteca Trinca di Pavia, un coinvolgente percorso dedicato al Vermouth: guidati da Luca Giordana, relatore AIS e piemontese DOC, il percorso è stato suddiviso in due serate, la prima dedicata ai vermouth storici di Torino, la seconda dedicata ai vermouth dal mondo.

La storia del Vermouth in breve

Quando si parla di vermouth si fa riferimento a un vino aromatizzato principalmente da infusione di assenzio, erbe botaniche, fiori e spezie, addizionato di alcol e zucchero: questo spiega il motivo per cui il sapore è intenso e deciso e perché rientra nella categoria dei vini liquorosi.

L’origine del vermouth è molto antica e sembra che risalga addirittura all’antica Grecia, quando vini addizionati di erbe macerate ed estratti erano già utilizzati come elisir medicinali e digestivi. 

Spostandoci in tempi più recenti,  a partire dal XVII secolo, troviamo le prime espressioni di liquori aromatizzati in Svizzera e Germania, dove ricette tradizionali erboristiche venivano già studiate e catalogate: gli antichi testi officinali che spiegavano distillazioni, processi chimici e realizzazione di preparati curativi erano scritti in tedesco.

Da qui la nascita del nome wermuth, che indica un preparato a base di vino e assenzio, con molteplici proprietà salutari tra cui digestive e depurative, di gusto amaro.

Arriviamo al 1796, quando Carpano di Torino, partendo da una base di vino moscato, già aromatico di natura, vi aggiunge spezie ed erbe, tra cui in particolare l’assenzio, creando la sua ricetta storica: nasce il vermouth moderno.

In Piemonte la produzione liquoristica era molto diffusa anche a livello famigliare perché la regione disponeva di tutti gli ingredienti necessari: vino bianco di base, le erbe botaniche e officinali, ampiamente coltivate, oltre allo zucchero che derivava dalla coltivazione della barbabietola, molto diffusa nel XIX e XX secolo.

In quel periodo Torino è una città internazionale che risente degli influssi svizzeri e francesi, dove si respira un’aria aristocratica, potente motore per la diffusione di mode, usi e costumi sociali: nei salotti, l’ora dell’aperitivo diventa l’ora del vermouth, che con il suo tenore alcolico e il gusto amaricante predispone al pasto e incalza l’appetito.

La ricetta moderna 

Per produrre il vermouth si parte da una base di vino bianco, che deve avere una grande acidità ed essere piuttosto neutro per poter essere caratterizzato e arricchito a piacimento delle svariate ricette: in Italia si utilizzano principalmente vini bianchi da uve trebbiano, mentre, per la produzione da vini rossi, specialmente in Piemonte, è molto utilizzato il ruchè, già aromatico e speziato.

A livello internazionale è invece molto utilizzato il vino bianco da uve airen spagnole, che presenta le caratteristiche sopra citate. Il Vermouth di Torino viene classificato in base al colore che può essere bianco, ambrato rosato o rosso e alla quantità di zucchero impiegata nella sua preparazione. Può essere quindi extra dry, per prodotti che contengono fino a 30 g/l di zucchero, dry con zucchero fino a 50 g/l e dolce con tenore di zucchero pari o superiore a 130 g/l di zucchero.
Il disciplinare che tutela il vermouth di Torino prevede anche una tipologia superiore che si riferisce a prodotti con titolo alcolometrico non inferiore a 17% vol., realizzati con il 50% di vini piemontesi e aromatizzate con erbe coltivate o raccolte in Piemonte.

Il vermouth rosso quindi non è necessariamente legato al vino base di partenza: infatti può essere classificato come rosso un vermuth prodotto da una base di vino bianco ma che, attraverso l’aggiunta di caramello di zucchero, viene modificato nel colore e caratterizzato nel sapore. Attualmente sono 40 le aziende socie del consorzio che producono e distribuiscono il vermouth di Torino in tutto il mondo.

Iniziando la degustazione, Giordana invita i partecipanti a riconoscerne il vino base di partenza e a percepirne l’utilizzo dell’ingrediente principale, l’assenzio, e invita a decifrare, attraverso un'attenta analisi, gli altri ingredienti che delineano i diversi profili dei prodotti che degustiamo lisci.

La degustazione

Vermouth di Torino Extra Dry - Cocchi

Da vino di base bianco, è pressoché incolore, ed è la porta di ingresso della nostra serata nel mondo dell’assenzio, seguito da profumi di agrume, menta e coriandolo. Non molto zuccherato richiama piacevolmente sentori di soda e gazzosa, facendo capire l’estrema importanza di servire il vermouth fresco da frigorifero, attorno a 8-10 gradi; questa temperatura scandisce il ventaglio olfattivo rendendolo estremante piacevole e tiene a bada la gradazione alcolica di 17°. Riscopriamo il vero aperitivo italiano, che ci mette subito un certo languore, tanto che lo immaginiamo perfetto in abbinamento ad un piatto fresco e aromatico come una ceviche di pesce.

Vermouth di Torino Bianco - Del Professore 

Da vino di base bianco, presenta una bellissima tonalità ambrata lucente e una ricca complessità all’olfatto, esaltando l’impiego di radici, che contribuiscono, insieme al caramello, all’impronta del colore. Note di sottobosco, genziana, arancia amara, lasciano trapelare solo in seconda battuta l’assenzio e tutto il corredo delle erbe quali menta e alloro. In bocca la ricchezza dello zucchero lo rende pieno, avvolgente e persistente.

Il confronto tra le prime due degustazioni è significativo del mondo dei vermouth: il poter cambiare la ricetta a proprio piacimento impiegando in percentuali diverse erbe, spezie, zucchero e alcool dà ai produttori di questo liquore una serie di variabili infinite, rendendolo riconducibile solo alle scelte produttive, al contrario del vino che porta con se anche tutte le caratteristiche del terroir.

Vermouth rubino Riserva Speciale - Martini

Da vino base di partenza rosso, presenta un colore rubino, come suggerito dal nome stesso ed è declinato ad una impronta mediterranea di origano, arancia e cardamomo. Anche qui si avverte la presenza di zucchero, ma è ben presente la chiusura amaricante su note di china e corteccia, che asciuga il palato. Potrebbe essere abbinato a una portata di carne succulenta, ma si rivela quale ingrediente principalmente pensato per la mixology, come anche suggerito nella retro etichetta della iconica bottiglia. 

Vermouth rosso Riserva Superiore - Carlo Alberto

Da base di erbaluce di Caluso, il colore rosso è per aggiunta di caramello. Partendo da una base di vino del territorio, è arricchito da cannella e chiodo di garofano e ci rimanda subito alla memoria i sentori tipici dello strudel altoatesino piuttosto che i dolci natalizi. Scorze di pompelmo, chinotto e kumquat lasciano trapelare la nota di assenzio solo dopo una captazione più attenta. Molto zuccherato è ideale da degustare fresco e liscio come aperitivo.

Vermouth di Torino Storico Rosso - Cocchi

Dalla ricetta originale di Giulio Cocchi del 1891, parte da una base di vino bianco piemontese addizionato di caramello per arrivare alla classificazione di vermouth rosso. Straordinario ventaglio di aromi quali la scorza di agrume, noce moscata, rabarbaro e chiodo di garofano, sfodera una nota imperativa di assenzio, il tutto racchiuso in un soffio di vaniglia. Un orchestra di aromi e gusto che viene amplificato dall’avvolgenza dello zucchero e vengono rimandati al retro olfatto per tempo infinito. È chiaro perché a distanza di 130 anni la ricetta sia stata mantenuta inalterata: assolutamente completo.

Vermouth Antica Formula rosso - Carpano

Da vino bianco di partenza e addizionato di caramello, presenta subito note di vaniglia e di tostatura che suggeriscono un affinamento in legno. Il corredo di erbe botaniche della tradizione piemontese è lineare e scandito in sequenza da assenzio, menta, issopo, maggiorana, rabarbaro e anice. Di tutti i campioni degustati nella serata è quello con la gradazione alcolica più bassa, a cui necessita una minor aggiunta di zucchero, risultando più snello ma estremamente persistente.

Cocktail e abbinamenti

La degustazione dei Vermouth ci ha risvegliato l’appetito: viene servito un delizioso piatto con piccoli assaggi, estremamente curati nei dettagli delle materie prime, in abbinamento a due cocktail classici: il Manhattan, come punto di partenza della mixology internazionale, realizzato con il Vermouth riserva di Carlo Alberto e il Negroni, come classico cocktail aperitivo, realizzato con il Vermouth Rosso di Cocchi.

L’estrema cura nella realizzazione dei drink da parte di Pietro ne sillaba tutti i componenti, oltre a esaltare il piatto in assaggio, sapientemente preparato da Filippo, e a farci scoprire come il vermouth o il cocktail con impiego di vermouth possa essere considerato una piacevolissima alternativa al calice di vino, specialmente nel contesto più volte citato dell’aperitivo.