In Oltrepò la vie en rose corre lungo il sentiero del Metodo Classico
Speciali ViniPlus
di Davide Gilioli
31 luglio 2024
Nell’areale produttivo che vanta la maggior estensione vitata a pinot nero d’Italia, il rapporto con i vini rosa prende da sempre la strada delle bollicine Metodo Classico, a partire dalla sfida chiamata Cruasé
Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 26 Maggio 2024
Un triangolo incastonato tra Piemonte, Emilia e Liguria, composto da 440 chilometri di colline vitate; oltre 1300 le aziende appartenenti alla filiera (includendo anche vinificatori e imbottigliatori), distribuite su 13.000 ettari e 7 denominazioni, da cui si ricavano circa 30 milioni di bottiglie tra DOC e DOCG. Sono i numeri dell’Oltrepò Pavese, che valgono quasi due terzi dell’intera produzione vinicola della Lombardia, articolata tra vitigni e tipologie anche molto diversi fra loro. Ma qual è lo spazio riservato ai vini rosé?
LA CENTRALITÀ DEL METODO CLASSICO DOCG
Secondo Francesca Seralvo, neo eletta presidentessa del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese e al timone di Tenuta Mazzolino, prima ancora di parlare di strategie future, è bene fare il punto sulla situazione attuale. Negli ultimi anni il ruolo dello spumante Metodo Classico sta diventando sempre più importante per i consumatori, sia in Italia che all’estero, per cui: «è importantissimo continuare a sostenere la crescita di un prodotto come l’Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero DOCG, che si sta sempre più affermando come una bollicina di qualità, con un’identità gustativa ben definita, legata all’eleganza del pinot nero». Forte di una crescita (anno su anno) a doppia cifra nel periodo post Covid, la produzione di questa tipologia ha sfiorato le 600mila bottiglie nel 2023, con un potenziale futuro che può arrivare a 2 milioni nell’ipotesi in cui vi aderisse anche chi attualmente produce bollicine da pinot nero non rivendicandole in etichetta. «La grande sfida dei prossimi anni – continua la presidentessa Seralvo – è quella di rafforzare l’identità territoriale dell’Oltrepò Pavese su entrambi i fronti: aumentarne la riconoscibilità e la percezione di qualità fra i consumatori, trovando al contempo una coesione ancora più forte all’interno delle realtà produttive della filiera: produttori, vinificatori, imbottigliatori».
LA (DIFFICILE) SFIDA CHIAMATA CRUASÉ
Parlare di rosati in Oltrepò Pavese significa quindi concentrarsi sullo spumante Metodo Classico a base pinot nero e sulla relativa DOCG? Se pensiamo a un prodotto di fascia “premium”, con un preciso posizionamento sul mercato e volano qualitativo per la fascia più attenta di clienti, consumatori e appassionati, la risposta non può che essere affermativa e la mente si concentra su un nome ben preciso: Cruasé. Si tratta di un marchio collettivo creato nel 2009 dal Consorzio per identificare la tipologia di rosé vinificata utilizzando unicamente uve pinot nero: un nome particolare, frutto dell’unione dei termini “cru” (parola che identifica lo stretto rapporto tra il vitigno e una specifica selezione di parcelle di territorio particolarmente vocate) e “rosé”. Crua era anche il nome di un vitigno (e del relativo vino) assai diffuso in zona nel XVIII secolo. Dopo l’euforia iniziale dei primi anni, il progetto ha trovato una serie di “resistenze”, più o meno profonde, legate in particolare alla tonalità del colore utilizzato, al periodo di macerazione sulle bucce e ad altri dettagli tecnici concernenti la spumantizzazione. In realtà, per quanto riguarda la vinificazione tal quale, il punto di riferimento resta il disciplinare del Metodo Classico, con la sola differenza che nel caso del Cruasé il periodo di affinamento minimo sui lieviti viene portato da 15 a 24 mesi. Le tipologie previste sono due: Brut e Brut Nature.
LE FUTURE MODIFICHE AL DISCIPLINARE
Sul tema delle bollicine, Carlo Veronese, direttore del Consorzio, ci preannuncia una serie di modifiche al disciplinare di produzione volte a migliorare la comunicazione di questo importante prodotto: la prima riguarda il nome stesso della DOCG, che dovrebbe diventare “Oltrepò DOCG Metodo Classico”, con l’eliminazione, quindi, dell’aggettivo “Pavese”. La sosta minima sui lieviti sarà aumentata da 15 a 24 mesi per i non millesimati e da 24 a 36 mesi per i millesimati; verrà inoltre introdotta la tipologia Riserva, con una sosta minima sui lieviti di 48 mesi. Tutto confermato, invece, per quanto riguarda la base ampelografica: pinot nero minimo 85% e 15% composto da chardonnay, pinot grigio e pinot bianco, da soli o congiunti. Infine, sarà proposta l’eliminazione della tipologia Crémant per il Metodo Classico Rosé. «Queste modifiche saranno un’occasione per riportare l’attenzione sul marchio Cruasé – sostiene Veronese – e sensibilizzare ancor di più i produttori verso il suo effettivo utilizzo, nonché facilitare una maggiore consapevolezza del brand presso i clienti e i consumatori finali». Nessuna particolare indicazione sul colore, invece, che rimane una variabile legata allo stile di ogni singola azienda, anche tenuto conto delle enormi differenze pedoclimatiche che appartengono a un territorio così vasto ed eteregeneo.
CRUASÈ, FUTURO SIMBOLO VINCENTE DELL’OLTREPÒ PAVESE?
«Siamo pienamente consapevoli delle grandi potenzialità di questo territorio e certamente fra queste vi è quella di consacrarsi definitivamente come un punto di riferimento per la produzione di spumanti Metodo Classico di grande qualità a base pinot nero, sia esso vinificato in bianco o in rosé» ci spiega sempre Francesca Seralvo, con un lampo di orgoglio che attraversa il suo sguardo mentre ci risponde. «Se il mercato, come negli ultimi anni, confermerà questo trend positivo della domanda sui rosé, come Consorzio non possiamo non tenere in considerazione il vantaggio di poter disporre di un territorio ampiamente vocato verso questa tipologia di produzione. Ci stiamo impegnando fin dall’inizio di questo mandato a comunicare le eccellenze dell’Oltrepò Pavese a tutto tondo e nei diversi mercati dove siamo presenti e dove intendiamo aumentare la nostra quota».
LA COESIONE DEL TERRITORIO, UNA LEVA FONDAMENTALE
La crescita dell’Oltrepò Pavese degli ultimi anni, avvertita nei numeri e nelle presenze di visitatori e addetti ai lavori sul territorio, sta passando anche da un fruttuoso ricambio generazionale, grazie alla presenza di nuovi giovani imprenditori che stanno investendo in tecnologie, comunicazione e, tema molto rilevante, in ospitalità. Al netto di un incremento della qualità vitivinicola che è testimoniato dal crescente numero di premi e riconoscimenti per i vini oltrepadani, il miglioramento dell’immagine del territorio passa inevitabilmente da un’esperienza turistica e di accoglienza che devono fare i conti con una domanda sempre più esigente e variegata. Dal Consorzio e dai suoi produttori traspare la chiara intenzione di coinvolgere tutti i canali di questa filiera, dalla ristorazione - in primis – alle strutture ricettive, per poter contribuire a creare un sistema Oltrepò che sia sempre più integrato in tutti i suoi attori principali. ◆
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