Colli Fiorentini, il volto schietto del Chianti

Colli Fiorentini, il volto schietto del Chianti

Territori
di Alessandro Franceschini
14 dicembre 2022

A Firenze la prima edizione dell’Expo del Consorzio Chianti Colli Fiorentini. Poco meno di un milione di bottiglie e due tipologie. Marco Ferretti: «Questo vino fa parte della tradizione culturale di un intero territorio».

Una bevibilità di ottima fattura, una freschezza accentuata, una vocazione prettamente gastronomica. Sono probabilmente i tratti principali che nelle migliori interpretazioni accomunano i vini di una denominazione alquanto eterogenea quanto a dimensioni territoriali come quella che va sotto il cappello del Chianti Colli Fiorentini. “C’è un fil rouge che unisce tutti i nostri vini” ci spiega Marco Ferretti, presidente del Consorzio, durante la recente prima edizione dell’expo di questa denominazione che si è tenuta a Firenze all’interno di Palazzo Vecchio. “È quello che cerca di esaltare la parte fruttata, sia grazie al lavoro dei produttori che per merito della composizione dei terreni, tutti abbastanza freschi e che ci consente di esprimere vini subito molto bevibili, capaci di abbinarsi bene a tavola con molte preparazioni”.

Il territorio e il vino

Distribuito su una zona collinare che va da sud-est a sud-ovest intorno a Firenze, con tre propaggini che si incuneano verso sud, il territorio del Chianti Colli Fiorentini include 18 comuni e occupa un’area poco superiore ai 51 mila ettari, pari a circa l’11% di tutto il Chianti, e accoglie 610 ettari di vigna, il 2,6% dell’intero Chianti, che si estende invece per 23 mila ettari. Se i suoli sono prevalentemente di origine del Terziaro Neogenico (da 5 a 24 milioni di anni), le altitudini variano anche sensibilmente dai 150 ai 400 metri, con colline aperte ed esposizioni quasi tutte rivolte da sud-est a sud-ovest.

Il sangiovese, naturalmente, è l’uva principe del Chianti Colli Fiorentini, compresa tra il 70 e il 100%, ma si possono comunque affiancare vitigni a bacca bianca (massimo 10%), altre varietà autoctone – spesso il canaiolo che contribuisce ad accentuare le sue note fragranti – o anche i francesi cabernet franc e cabernet sauvignon (massimo 15%). In commercio è possibile trovare non solo la versione “Annata”, ma anche quella “Riserva”, che deve sostare in cantina almeno 2 anni prima della commercializzazione, dei quali almeno 6 in legno.

Export e turismo in crescita  

Ogni anno vengono immesse sul mercato circa 900 mila bottiglie di Chianti Colli Fiorentini” continua il presidente sottolineando come, potenzialmente, ci sarebbero i numeri anche per arrivare a 3 milioni di bottiglie se i produttori non preferissero destinare una parte della loro produzione all’interno della più vasta denominazione del Chianti, senza specificazione della sottodenominazione, e che consente rese per ettaro maggiori – 110 quintali/ettaro contro i 95 dei Colli Fiorentini – e una immissione sul mercato molto più rapida –  1° marzo dell’anno successivo alla vendemmia e non 1° settembre, come invece sempre sui Colli Fiorentini.

Marco Ferretti, presidente del Consorzio Chianti Colli FiorentiniCirca il 50% del vino viene attualmente esportato, anche se questa voce è in continua crescita conferma ancora Ferretti. “Nel 2022 tutte le aziende hanno aumentato l’export. Le destinazioni principali? In primis USA e Canada, in Europa la Germania riveste un ruolo importante, anche se ha un po’ ceduto terreno. Riusciamo a esportare anche piccole quantità in Francia. Ci sono comunque aziende che arrivano anche al 70%”.

La possibilità di indicare “Firenze” in bella evidenza in etichetta non è un fattore secondario da queste parti, considerando il potere evocativo che riesce ad avere, soprattutto nei confronti dei turisti, sia stranieri che italiani, il nome di una delle città più famose al mondo. “È un valore importante perché il turista può venirci a visitare facilmente – conclude Ferretti –. Il turismo, d’altronde, è in grossa crescita per le nostre aziende e la vendita diretta ormai rappresenta una fonte economica fondamentale sia per le piccole che le grandi realtà del nostro territorio”.

La degustazione     

Sebbene non sia possibile trarre un quadro esaustivo dalla degustazione di 36 vini di 18 aziende (sono 29 i membri complessivi del Consorzio), con annate che spaziano dalla più recente 2021 fino alla 2016 con le versioni Riserva, è però certamente possibile fotografare lo stato dell’arte di una denominazione che conferma di essersi riuscita a ritagliare una sua collocazione all’interno dell’affollato universo dei vini del Chianti. Al di là dei campioni con più anni sulle spalle e che ambiscono ad avere un ruolo tra vini di maggior lignaggio, la dimensione probabilmente più riuscita di questo Chianti è quella che ricerca una freschezza gustativa del sorso e un tratto delicato, mai urlato, dal punto di vista aromatico.

Tutti aspetti che sono quasi sempre rintracciabili nelle versioni “Annata” che non vanno, come si potrebbe erroneamente pensare, derubricate solo a semplici e beverine. Le interpretazioni più interessanti alternano una viva componente fruttata con sfumature ora più floreali, ora più speziate, che hanno il pregio di donare una finezza quasi sussurrata. Se a questo si abbina anche una tensione gustativa non solo dotata di acidità e sapidità, ma anche di una trama tannica grintosa e viva, non contratta da utilizzi troppo invasivi del rovere, emerge un vino che fa della franchezza e dell'agilità le sue armi migliori. 

È il caso, ad esempio, di due campioni dell’annata 2021, rispettivamente delle aziende Malenchini di Grassina e San Michele a Torri di Scandicci, entrambi ben equilibrati e rappresentativi della piacevole schiettezza che il Chianti Colli Fiorentini può riservare nelle sue versioni più giovani. Di piacevole fattura, tra le annate 2020, il campione dell’azienda agricola Lanciola di Impruneta, che ben alterna la componente fruttata con quella più delicatamente floreale, quello di Fattoria Torre a Cona di Rignano sull’Arno, che con il Chianti Crociferro dona sfumature più minerali e un sorso sapido di ottima fattura, infine il Serretole de La Querce di Impruneta, equilibrato con le sue delicate note di ciliegia. 
Procedendo a ritroso con i millesimi, il Chianti Ugo Bing 2019 di Fattoria di Fiano di Certaldo mostra invece il volto più ricco e intenso di questa tipologia, più “dolce” e con frutti quasi in confettura, ma sempre ben bilanciato e fresco al palato. Ben eseguita anche la versione Riserva dell’annata 2016, con note fruttate che virano dalla ciliegia alla prugna e con un tannino setoso, avvolgente, ma sempre vivo e dinamico.