Il Carso, il “paese della roccia”

Il Carso, il “paese della roccia”

Territori
di Paola Lapertosa
10 maggio 2021

Un percorso insieme a Roberto Filipaz per scoprire l’impronta lasciata ai vini dal Kras, una roccia più che una terra, caratterizzata non tanto per ciò che sta in superficie, piuttosto per quello che c’è sotto.

Una zona di confine, dalle forti influenze mitteleuropee e scrigno di vitigni autoctoni di carattere e originalità. Da una parte l’influenza marina dei venti di Scirocco e di Bora che provoca repentini sbalzi termici e dall’altra il terreno complesso, a base calcarea, con rocce vive e frantumate, con terre rosse ricche di ferro e silicio, marne e flysch, ricoperto da depressioni a imbuto anche di pochi centimetri (le doline) e rocce affioranti con grandi e profonde grotte nel sottosuolo che formano risorgive di acqua dolce (il cosiddetto fenomeno del carsismo). Vigneti distesi sull'altipiano e sul ciglione a picco sul mare meritano certamente di essere inseriti fra quelli in cui il termine di viticoltura eroica è certamente appropriato. Tutto questo è il territorio del Carso, un grande altopiano di roccia calcarea che si estende dalla provincia di Trieste a quella di Gorizia e che per due terzi si trova in Slovenia.

Il CarsoIl Carso è una terra difficile, dura e ostile, con falesie e terrazzamenti verticali che rendono la sua viticoltura eroica:una zona sottoposta a un clima estremo, con inverni molto freddi ed estati con grandiosi sbalzi termici tra il giorno e la notte sferzata dal più forte dei venti, la Bora. Ma è anche una zona caratterizzata da terreni sorprendentemente drenanti dove l’acqua filtra arricchendosi di anidride carbonica e scava nel sottosuolo grotte, pozzi e gallerie. Ecco quindi che i vini del Carso sono “rocciosi” e di grande personalità, ricchi di acidità e mineralità grazie alla montagna e dotati di eccezionale sapidità grazie al mare.

Proprio questa peculiare posizione geografica, che climaticamente delimita l’inizio del clima continentale e la fine di quello atlantico, ha creato nel corso di secoli micro-ecosistemi nell’ecosistema generale dove ben si esprimono tre vitigni autoctoni: la malvasia istriana, di origine greca, è presente nella zona dal Trecento ed è oggi la più pregiata dell’intera regione; la vitovska che da secoli ha imparato a resistere alla Bora trovando dimora sulle colline triestine; il terrano, della famiglia del refosco, che vanta una storia antica e caratteristiche davvero peculiari con il suo colore acceso e intenso, sentori di frutti di bosco e grande acidità.

I vitigniIn questa terra si producono anche fantastici Orange Wines, come siamo soliti chiamarli oggi, anche se qui i vini a macerazione prolungata sono figli di una tradizione millenaria che risale alle origini della viticoltura. In questa terra di elezione, infatti, la pratica era già diffusa prima della moda e offre ai vini doti caratteriali indiscutibili: il contatto prolungato sulle bucce dei vitigni bianchi durante la fermentazione (da poche decine di giorni fino a oltre un mese) favorisce la cessione di pigmenti e sostanze aromatiche, donando al vino un colore deciso (anche se non sempre arancione) e uno spettro olfattivo molto ricco. Grazie alla componente calcarea e di pietra focaia, questa tipologia di vini è profondamente espressione del territorio del Carso e si manifesta nel bicchiere con un notevole sentore di ginestra - fiore molto presente sui costoni dell’altopiano -, e uno straordinario profumo di albicocche mature.

Durante la degustazione Filipaz ha mostrato immagini scattate dentro le cantine scavate direttamente in grotte ricche di stalagmiti e rocce vive e ha raccontato le peculiarità delle aziende e dei vitigni simbolo del Carso. Infine, ha proposto alcune delle novità introdotte dai viticoltori: dalla valorizzazione dei vitigni internazionali a un Metodo Classico realizzato con il terrano fino alla fermentazione direttamente nella pietra.

“Il mio carso è duro e buono.
Ogni suo filo d’erba ha spaccato la roccia per spuntare,
ogni suo fiore ha bevuto l’arsura per aprirsi”
Scipio Slataper