La grazia dell’essere Barbaresco e le movenze dei cru

La grazia dell’essere Barbaresco e le movenze dei cru

Territori
di Giuseppe Vallone
29 settembre 2022

Si esprimono con tonalità a volte simili, spesso diverse. La voce, però, è sempre la stessa, quella del Barbaresco. Con Nicola Bonera, abbiamo affinato i sensi, provando a cogliere le diverse frequenze, i differenti accenti, con cui le Menzioni Geografiche Aggiuntive contribuiscono a rendere grande l’elegante vino di Langa.

Mai a sufficienza approfondito, lo studio delle diverse caratteristiche che nel calice sanno esprimere le varie Menzioni Geografiche Aggiuntive è un tema che, per un cultore del nebbiolo di Langa – e ancor prima per un appassionato di vino tout court - quando viene riproposto, va colto al volo. E in effetti, il seminario organizzato all’interno dell’ampia cornice di Enozioni 2022, guidato da Nicola Bonera, si è presentato, sin dal suo titolo, quale ottima occasione per approfondire, ancora una volta, come la mescolanza di annata, terreno, altimetria, microclima e mano dell’uomo, diano vita a vini che, a dispetto dell’unica Denominazione rivendicata in etichetta, parlano con tonalità tanto differenti.

La degustazione si è focalizzata su 5 differenti MGA: Albesani, Basarin e Gallina, site nel Comune di Neive; Rio Sordo, ricadente sotto Barbaresco; Rombone, nel Comune di Treiso. Più un sesto vino, non rivendicante una MGA, ma prodotto da diverse vigne tutte site nel Comune di Barbaresco.

Nicola Bonera e Hosam Eldin Abou EleyounE dunque, iniziando con la trattazione dei terreni, è noto che l’areale del Barbaresco è composto da terreni marnosi, arenacei e sabbiosi, distinguibili nelle Formazioni di Lequio e nelle Marne di Sant’Agata Fossili. Le prime interessano la costa meridionale della denominazione ricadente nei Comuni di Treiso e Alba e l’appendice più orientale del Comune di Neive; le Marne di Sant’Agata Fossili sono, invece, la formazione di tutto il restante areale. Così, scendendo nello specifico, delle cinque MGA da noi degustate durante il seminario, solo Rombone è caratterizzata dalle Formazioni di Lequio e questo, in linea di principio, dovrebbe riservare al vino un carattere più compatto, serrato e croccante rispetto a quelli ottenuti dalla Marne di Sant’Agata Fossili.

Il terreno, però, è soltanto uno dei fattori in gioco. Notevole importanza assume l’esposizione del vigneto all’interno della singola MGA, così che un vino ottenuto da una vigna esposta a N-NE si esprimerà su caratteri più freschi e aerei rispetto a un vino dai vigneti affacciati al pieno sole meridiano.

Così, all’interno della MGA Albesani, la Vigna Santo Stefano – da cui proviene il quarto dei vini in degustazione -, esposta a SO, presenta un connubio ideale di insolazione, altimetria e composizione dei terreni, così da esprimere alcuni dei più eleganti e prestigiosi Barbaresco possano esserci. Da par suo, la Gallina, che nel suo versante più fresco guarda dritto alla Vigna Santa Stefano, nel crinale contrapposto, esposto a S-SO, dà vita a uve da cui si ottengono vini generalmente di grande finezza e rotondità: da qui proviene il terzo vino in batteria.

A differenza delle precedenti due MGA, entrambe a NO di Neive, la Menzione Basarinoccupa l’intero crinale meridionale della collina del San Cristoforo, a SO del paese: da qui, e precisamente dal versante che espone a SE, provengono le uve del Barbaresco di Adriano Marco e Vittorio, secondo in degustazione, che può essere definito archetipico del carattere lineare ed equilibrato dei Barbaresco di questa Menzione.

Da ultimo, come detto caratterizzata dalle Formazioni di Lequio – alternanza di strati di marna e sabbie -, la Menzione Geografica Aggiuntiva Rombone vede i vigneti svilupparsi a 180°, a coprire esposizioni tanto calde quanto più fresche. In generale, i vini provenienti da qui, come il primo in batteria, sono generalmente più severi e compatti rispetto ai precedenti trattati.

A completare il quadro, che giocoforza il tempo imposto al seminario vuole limitato, e a scompigliare le carte, ci pensa poi l’ultimo vino che Nicola ci propone: prodotto con uve da 14 diversi vigneti situati nel vasto areale di Barbaresco (se confrontato all’estensione di una singola MGA media), il vino gioca su un campo diverso, esprimendo caratteri che vedremo essere in sé intrinsecamente diversi e al contempo influenzati dal trascorrere del tempo.

Inizia così la degustazione dei sei vini selezionati da Nicola, tutti ottenuti da sole uve nebbiolo, come impone il Disciplinare di produzione del Barbaresco DOCG. 

Barbaresco DOCG Rombone 2016 – Renato Fenocchio
Affinamento in acciaio e botti da 30-50 hl per 12 mesi.
Il vino è specchio dell’areale dal quale proviene, in un millesimo straordinario, al quale Nicola attribuisce un potenziale evolutivo infinito. Il naso è intenso e scuro, c’è buccia e corteccia; l’assaggio è caratterizzato da un tannino duro, che asciuga, e da un tono generale basso e vibrante, mentre il finale di bocca è tattile e saporito. In generale, è particolarmente austero, specie se confrontato ai due vini che seguiranno.

Barbaresco DOCG Basarin 2015 – Adriano Marco e Vittorio
Affinamento di 12 mesi circa in botti di rovere da 30-50 hl, poi altri 9 mesi in bottiglia.
Il primo approccio è di petali e foglie. A mano a mano che va scaldandosi, compaiono l’acqua di rose e infusi pungenti, a delineare un quadro intenso e marcatamente floreale. In bocca è immediato, giocoso, più soffuso rispetto al naso e ben equilibrato.

I viniBarbaresco DOCG Gallina 2015 – Ugo Lequio
Affina per 20 mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 hl e per successivi 6 mesi in bottiglia.
L’impatto olfattivo è fresco e sbarazzino, giocato com’è sulle note balsamiche e la buccia di pesca. Alla cieca, ragiona Nicola, verrebbe quasi da pensare che faccia solo acciaio, con un profilo che ammicca alla Valtellina. In bocca si esprime con convinzione, c’è tanto frutto, ciliegia, arancia sanguinella, succo di mirtillo: il tannino, ben assestato, gioca un ruolo decisivo nel contenere e dare forma all’esuberanza fruttata di questi aromi, donando eleganza a tutta la beva.
Per Nicola, questo vino coniuga perfettamente la forza e l’intensità del primo campione degustato (il Rombone di Fenocchio) con la succosità del secondo (il Basarin di Adriano Marco e Vittorio).

Barbaresco DOCG Santo Stefano Albesani 2013 – Castello di Neive
Il naso è ampio pur essendo riservato, è balsamico, di distillato di frutta, con graziosi accenni di cioccolato e note ferrose che creano un collegamento ideale con l’Alto Piemonte; fa capolino, ci fa notare Nicola, un descrittore tipico dei grandi nebbioli di Langa: la pasta d’acciuga. Al palato è pieno ed esaudente, allappante, ricco.
Un vino elegante ed eminente, che a parere di Nicola oggi è in stato di grazia.

Barbaresco DOCG Riserva Rio Sordo 2013 – Produttori del Barbaresco
Affinamento di 36 mesi in botti di rovere e 12 mesi in bottiglia.
Al primo impatto naso introverso, di funghi secchi, dado e capperi; qualche minuto nel calice ed ecco emergere note fruttate e vegetali. La bocca è intensa, appagante e fresca ma, a dispetto dei 9 anni già passati, esige ancora tempo per completarsi, specie nella persistenza.
Un vino, a parere di Nicola, il cui stile “essenziale” è chiaramente riconducibile al produttore, con un potenziale evolutivo strabiliante.

Barbaresco DOCG 2011 - Gaja
Uve provenienti da 14 vigneti siti nel Comune di Barbaresco. Affinamento di 6 mesi in barrique e altri 18 mesi in botti grandi di rovere.
Il naso è preludio di tutta la degustazione: straniante, particolare, avulso rispetto agli altri vini della batteria. Si apre su note di cassetto della nonna, poi si esprime su profumi di fico, edera, agrume, vite, verderame, alloro, siepe, latitando in frutto e in fiore. In bocca è buono, coerente con i descrittori olfattivi, e conferma la sua natura enigmatica che, secondo Nicola, appare un po’ fuori dal suo tempo.

La suddivisione di un’areale di produzione in singole aree vocazionali – MGA, cru, sottozone, che dir si voglia – è un’operazione certosina, attenta, che pesca sia dagli echi delle tradizioni tramandate sia da lunghi studi e approfonditi riscontri empirici sul campo. Degustare 6 diversi vini, da altrettante aree, seppur con la tara delle differenti annate, ci ha consentito di individuare tratti comuni e singolarità che rendono così affascinante, nobile e infinito il Barbaresco.