Un weekend gourmet in Valcamonica

Un weekend gourmet in Valcamonica

Territori
di Davide Gilioli
06 aprile 2020

Viniplus di Lombardia - N°18 Marzo 2020. Si avvicina la primavera e cresce in molti di noi la voglia di ricominciare con i weekend e le gite “fuori porta”. Ma se siete appassionati anche di enogastronomia, ecco alcuni suggerimenti per andare alla scoperta delle meraviglie lombarde, partendo proprio dalle zone meno conosciute

Clicca sull'immagine per scaricare l'articolo in formato PDFIn questo numero vi parleremo di un’area facilmente raggiungibile dalle principali città lombarde – circa un’ora e mezza di auto da Milano, un’ora da Bergamo e ancora meno da Brescia – , ma che spesso non viene adeguatamente considerata come meta per un piacevole fine settimana: la Valcamonica. Si tratta di un’ampia valle formata dal fiume Oglio e situata a nord del Lago d’Iseo (conosciuto anche con il nome di Sebino), che si estende per circa 90 km tra le provincie di Brescia e Bergamo, incuneandosi nel cuore delle Alpi centrali, fino a raggiungere Ponte di Legno, ultimo centro abitato prima del Passo del Tonale che segna il confine tra Lombardia e Trentino, incastonato tra due meravigliosi parchi naturali: il Parco Nazionale dello Stelvio a nord-ovest e il Parco dell’Adamello a sud-est.

IL (NOSTRO) PRIMO FATTORE DI INTERESSE: LA VITICOLTURA

Alle varie fiere e manifestazioni sul vino, l’offerta di bottiglie provenienti dalla Valcamonica sta lentamente crescendo sia in termini quantitativi che qualitativi, con risultati interessanti fatti registrare anche nelle ultime edizioni della nostra guida Viniplus di Lombardia. Nasce quindi da una serie di assaggi fortuiti – tra cui un contributo significativo quello di alcuni vini prodotti con varietà resistenti (“PIWI”) e altri da vitigni autoctoni quasi scomparsi – e dalla curiosità, la scelta di recarmi in questa zona. A livello legislativo, va premesso che in Valcamonica è presente esclusivamente l’omonima IGT, creata nel 2003 e totalmente collocata in provincia di Brescia, che prevede sia la tipologia bianco sia rosso. Tradizionalmente, però, questa è sempre stata considerata una zona da vini rossi, anche perché in passato è stata spesso influenzata dalle regioni vitivinicole circostanti: da est (Trentino) è arrivato il marzemino, da ovest (Valtellina) il nebbiolo, da sud (Franciacorta) merlot, cabernet sauvignon, oltre alla più recente introduzione di pinot nero e cabernet franc. Si trovano inoltre varietà piuttosto presenti in Valle da prima dell’avvento della fillossera, come l’erbanno (un biotipo di lambrusco Maestri sviluppatosi localmente, che prende il nome dall’omonima località vicina a Darfo Boario Terme), il ciàss negher (geneticamente riconducibile alla famiglia della schiava) e il ciliegiolo, nonché alcune varietà ancora in attesa di essere studiate, riconosciute e registrate che al momento trovano sbocco solamente sotto la generica denominazione di “Vino Rosso”. Si tratta però di vini fortemente condizionati dalle particolari caratteristiche pedoclimatiche della Valle: le forti pendenze, le temperature piuttosto rigide (mitigate solamente dall’influsso del lago nella parte più basse), la scelta di vitigni relativamente tardivi nonostante il limitato irraggiamento solare li rende, generalmente, dei rossi dal profilo sottile, dotati di buona beva ma che faticano ad imporsi in termini di struttura e persistenza.

In passato si è spesso cercato di ovviare a questi limiti ricercando surmaturazione in pianta ed estrazioni importanti in fase fermentativa, con il risultato di perdere qualcosa per strada in termini di tipicità e personalità. I cambiamenti delle tendenze di mercato – che oggi chiede vini più improntati sull’eleganza che sulla potenza e che premia più l’idea di vitigno autoctono rispetto a un blend internazionale – congiuntamente al ricambio generazionale e a una sempre più numerosa presenza in Valle di giovani vignaioli, hanno quindi portato gradualmente a rivalutare le vinificazioni in bianco, inclusi tentativi (tutt’altro che maldestri) di spumantizzazione. Ecco quindi comparire vini bianchi a base di riesling, incrocio Manzoni, müller-thurgau, chardonnay, in grado di esaltare al meglio quelle doti di freschezza e sapidità, coniugando – soprattutto olfattiva e un buon equilibrio gustativo. Non mancano inoltre coraggiose sperimentazioni: in primis quella sugli spumanti Metodo Classico, che statisticamente vengono per la maggior parte ottenuti da chardonnay, seguono da pinot nero e pinot bianco, ottenendo uno stile che – anche per le caratteristiche dei terreni e delle altimetrie – richiama molto di più quello trentino rispetto a quello dei “cugini” franciacortini. Presenti all’appello anche alcune versioni rifermentate in bottiglia, ottenute da vitigni resistenti, come il solaris, che danno origine a espressioni agrumate particolarmente riconoscibili, o alcune vendemmie tardive (da riesling in particolare) che strizzano l’occhio allo stile alsaziano e si rivelano perfette per l’abbinamento con alcuni formaggi locali. Il quadro prospettico è perciò molto interessante, considerate le potenzialità dell’area. Tuttavia, giova ricordare che la viticoltura di montagna, tipica di queste zone, si realizza in condizioni estreme e a costi elevatissimi per i vignaioli, considerando la frequente impossibilità di ricorrere alla meccanizzazione per le lavorazioni in vigna, alle pendenze elevate e alle difficoltà legate agli aspetti logistici. Di questo il consumatore medio dovrà tenere conto, per far sì che (a partire da chi avrà il compito di divulgare e promuovere la Valcamonica vitivinicola nei prossimi anni) l’offerta produttiva venga stimolata da un’adeguata remunerazione e si possano quindi attrarre nuovi investimenti per rafforzare l’immagine di questa viticoltura “emergente”.

(ENO)GASTRONOMIA E PRODOTTI TIPICI

Se per la viticoltura si parla in molti casi di sperimentazione e di ricerca di una propria identità, lo stesso non si può dire per la grandissima tradizione gastronomica camuna, che regala piatti dai sapori che affondano le proprie radici nel tempo. Il piatto “principe” (e probabilmente più noto anche al di fuori del territorio, grazie a numerosi punti di contatto con le tradizioni delle provincie limitrofe) è il casoncello: un raviolo di pasta fresca che incontra ricette per il ripieno (generalmente di carne, condito con abbondante burro e salvia) anche molto diverse fra loro, spostandosi da un paese all’altro. L’abbinamento con il vino potrebbe essere proprio quello di un Valcamonica IGT Bianco, magari a base manzoni bianco, che può esaltarsi anche con un altro piatto tipico: le piode (pietre tradizionalmente utilizzate per la copertura dei tetti) di Monno, ovvero gnocchi di patate crude serviti anch’essi con burro e salvia. Cambiamo invece registro con le migole (dal dialetto locale, “briciole”), una sorta di polenta – e di grano saraceno alla quale si aggiunge burro o panna in cottura e che viene servita con salame cotto e formaggio d’alpeggio: qui sembra il momento di rispolverare un rosso con buona acidità (come un erbanno) o tannino (nebbiolo) in grado di arginare la sensazione di untuosità data dal ricco condimento. Rossi che accompagnano molto bene anche i salumi tipici: come la berna, una particolare versione ovina di “carne salada” che viene fatta essiccare al sole e aromatizzata con una salamoia di sale, erbe aromatiche e spezie, oppure la salsiccia di castrato o ancora il raro e pregiatissimo violino di capra, un prosciutto tipico presente anche nella vicina Valtellina.

Una menzione speciale meritano poi i formaggi camuni, che vedono nel Silter DOP la loro punta di diamante. Il nome deriva dalle particolari camere di stagionatura presenti nelle malghe d’alpeggio (chiamate appunto silter), dove viene posto questo formaggio semigrasso a pasta dura e cotta. La stagionatura minima è di 100 giorni, con la quale si ottiene un prodotto di colore ancora piuttosto bianco e morbido, dal sapore che ricorda il burro e le erbe di montagna. Con il protrarsi dei tempi di stagionatura la pasta assume colore giallastro sempre più intenso e una grana più dura (che al taglio può arrivare fino a vere e proprie scaglie), con profumi di frutta secca e un sapore via via più piccante e sapido. Altri prodotti degni di nota sono il fatulì (un caprino a latte crudo, prodotto esclusivamente con il latte delle capre bionde dell’Adamello, e affumicato con rami e bacche di ginepro) e il casulet (formaggio vaccino a latte crudo). Chiudiamo quindi il pasto con il dolce tipico camuno per eccellenza: la spongada, uno zuccotto dalla consistenza spugnosa, preparato con farina, burro, zucchero, lievito di birra, uova e latte.

NON SOLO VINO E CIBO: COME ARRICCHIRE IL VOSTRO WEEKEND TRA CULTURA E SPORT

tessera sanitaria!) o meno, se avete consultato almeno una volta la nostra Guida Viniplus avrete sicuramente sentito parlare della “rosa camuna”. Si tratta di un simbolo antichissimo, forse il più noto fra le numerosissime incisioni rupestri che dal 1979 sono entrate a far parte del Patrimonio Mondiale tutelato dall’UNESCO, mentre dal 2018 l’intera Valcamonica è stata designata come “riserva della biosfera”. Pur essendo disseminate in diverse zone, la maggiore concentrazione si ha nella parte centrale della Valle, fra il monte Concarena e il pizzo Badile Camuno: nei pressi di Capo di Ponte sono presenti ben tre diversi parchi archeologici, che celano iscrizioni realizzate dal 6000 a.C. fino all’età romana, con resti di villaggi che risalgono alla tarda Età del Bronzo e all’Età del Ferro. Qui, fra animali selvatici, scene di culto e di caccia, la rosa camuna ritorna come elemento ricorrente: il suo significato rimane ancora ad oggi un mistero, anche se la teoria più accreditata la indica come simbolo dell’irraggiamento solare o un’indicazione dei punti cardinali, una sorta di equivalente preistorico della “rosa dei venti”. Come omaggio gastronomico, viene prodotto anche un formaggio tipico che porta questa particolare forma quadrilobata. Ma se oltre alla storia antica e al misticismo, volete anche praticare un po’ di sano sport, non dimenticate che l’alta Valcamonica è un vero e proprio paradiso per gli amanti della neve, grazie ai numerosi impianti sciistici che vanno da Montecampione fino a Ponte di Legno e al Passo del Tonale, dove sul ghiacciaio Presena è possibile sciare anche nei mesi estivi. Non mancano inoltre piste da sci di fondo, da pattinaggio sul ghiaccio e ampie vallate da attraversare con le ciaspole ai piedi, che d’estate si trasformano in rilassanti passeggiate nel verde, fino a escursioni più impegnative percorribili con l’ausilio delle guide alpine. Le pareti, piuttosto ripide, presenti su alcuni versanti rendono queste zone ideali anche per le arrampicate. I numerosi laghi e corsi d’acqua rendono praticabile anche il nuoto e la pesca sportiva. Non va dimenticato, infine, che una delle località più famose – Darfo Boario Terme – racchiude già nel proprio nome un’altra attrazione di grande richiamo. E dopo quest’esperienza appassionante, non ci resta che invitarvi a visitare personalmente questo meraviglioso angolo di Lombardia, secondo un personalissimo mantra, che potrebbe suonare più o meno così: “Meno vini comuni, più vini camuni!”.