Vita da winemaker. Stefano Capelli

Vita da winemaker. Stefano Capelli

Vita da Winemaker
di Giordana Talamona
08 aprile 2014

Caparbietà, preparazione e passione sfrenata per il territorio della Franciacorta. Questi sono solo alcuni dei tratti distintivi di Stefano Capelli, enologo di Ca’ del Bosco, custode oggi di quei segreti tramandati dal suo maestro, André Dubois, che sanno trasformare ogni vino in una grande emozione

Tratto da Viniplus di Lombardia n°6 - Marzo 2014

Stefano Capelli - Ca' del BoscoIncontra Maurizio Zanella quando è ancora perito agrario, ma pur di entrare in azienda segue il suo consiglio di continuare gli studi diventando enologo. Dietro al suo arrivo a Cà del Bosco ha giocato di più il destino o la sua caparbietà?

Credo che una buona dose di fortuna debba essere sempre riconosciuta al successo personale. Il destino ha voluto che incontrassi Maurizio Zanella nel momento giusto. Ma la fortuna da sola non basta. Ero un ragazzo fortemente motivato, con una grande voglia di realizzarsi. Avevo una forte determinazione che col tempo è diventata passione per il mio lavoro. Questa passione, ancora oggi, è la sorgente emotiva che guida il mio modo di fare le cose, di pensare diversamente, di innovare.

Ci parli di un altro incontro fondamentale per lei, quello col suo maestro, André Dubois e di quanto abbia inciso sull'azienda.

Dubois, essendo nato in Champagne e cresciuto tra le vigne e le più rinomate maison champenois, divenne col tempo maître de chai presso la Möet & Chandon. La sua ultratrentennale esperienza in Champagne lo fece portatore di grande sapienza enologica nell'elaborazione di questi vini. Per usare un termine tecnico, Ca' del Bosco ebbe la fortuna di vedersi « travasata » in un sol colpo questa enorme conoscenza, che ci permise di recuperare in fretta la mancanza di storia e di esperienza. Eravamo una giovane azienda in una zona che aveva appena iniziato a sperimentare l'elaborazione « in classico» dei vini. Dubois mi voleva al suo fianco mentre lavorava perchè voleva insegnarmi il lavoro sul campo, non a tavolino. Io ebbi la fortuna di essere il suo allievo prescelto, al quale aveva deciso di trasmettere le sue preziose conoscenze, affinché ne diventassi custode. Elaborare un Franciacorta è un insieme di pratiche molto complesse, fondate sull'esperienza. Per fare questi vini non basta una fermentazione, ce ne vogliono ben due e ben gestite. Tutte le procedure specifiche del metodo di fatto sono pratiche in buona parte segrete, frutto di esperienza più che di teoria.

Quali segreti le ha tramandato il suo maestro?

Uno degli insegnamenti più importanti di Dubois fu l'attenzione maniacale per lo studio della maturazione delle uve, vigna per vigna. Saper valutare con i piedi in vigna la qualità e la migliore destinazione delle uve alle diverse tipologie di Franciacorta. Vinificare le uve vigna per vigna, tenendo separati i vini per 7 mesi per poi assemblarli prima del tirage e non far nascere un unico vino già all'ammostatura. Ma la cosa più magica e appassionante fu senza dubbio l'insegnamento su come creare le cuvée dei vini finiti, su come bilanciare gli uvaggi e utilizzare i vini riserva. In pratica l'arte di saper assemblare le partite dei vini-base, creando un qualcosa di omogeneo, dal gusto ben definito che si ritroverà in bottiglia. Creare un insieme di grande equilibrio, cosa che la natura da sola non potrebbe offrire e che non esisterebbe senza la mano dell'uomo. In Champagne sono maestri nel tramandarsi questa tecnica, già praticata ai tempi di Dom Perignon. Ci sono tanti altri insegnamenti di cui sono custode (il remuage, il dégorgement, l'uso della liqueur d'expedition...), che fanno ormai parte del metodo di lavoro Ca' del Bosco, che ho il compito di custodire, sviluppare e trasmettere. Ma il racconto diventerebbe troppo lungo".

Se dovesse fissare, come in una fotografia, il più bel ricordo di tutti questi anni passati in azienda, quale sarebbe?

Sicuramente la serata di presentazione della Cuvée Prestige, il nostro Franciacorta non millesimato, avvenuta a Milano a fine ottobre 2007. Un evento memorabile che ha segnato un punto di svolta nella storia della nostra azienda, che con Cuvée Prestige ha raggiunto un pubblico più ampio, più giovane, senza perdere identità ma, al contrario, affermando uno stile nel fare Franciacorta. Marcato dalla sua purezza aromatica, freschezza, complessità e grande bevibilità. Il successo del prodotto ha contribuito a far crescere l'azienda negli anni seguenti. Un successo da incorniciare, nel senso della parola, visto che nel mio ufficio ho un bellissimo poster che mi ritrae durante la serata di presentazione"

Stefano Capelli - Ca' del Bosco

C'è un sogno che come enologo non ha ancora raggiunto?

"In Ca' del Bosco abbiamo sempre nuovi obiettivi da raggiungere. Non esiste limite nella ricerca del miglior vino possibile. Siamo sempre alla ricerca di procedure per ottenere vini dal gusto inimitabile, anche se siamo ben consci che nessuna tecnica di vinificazione o elevage deve marcare il gusto di un grande vino. Sono sempre più convinto che si è diversi solo se si è in grado di rivelare il meglio che ciascuna vigna ogni anno può offrire".

Su un grande vino incide più la scienza o l'arte dell'enologo?

"Entrambe le cose. Per noi l'enologia è guidare, intervenire il meno possibile sui fenomeni naturali delle trasformazioni dell'uva in vino. La vinificazione è al tempo stesso arte e scienza. Arte in quanto si richiama alla sensibilità dell'autore, alla sua idea di bontà del vino, alla ricerca del gusto voluto. Scienza in quanto guida nelle operazioni che permettono di raggiungere gli obiettivi con precisione. Mi piace pensare di fare vini apprezzabili quando saranno al massimo della loro maturazione, vini con una forte attitudine all'invecchiamento. L'immagine e il valore di un vino sono legate alla sua capacità di invecchiare, anche se consumato giovane".

E sulla questione salute ed ecosostenibilità ambientale, qual è la sua posizione?

In questi ultimi anni abbiamo lavorato molto per garantire la massima genuinità e purezza dei nostri vini. Il solo pensiero che il consumatore sospetti che i vini possano contenere delle sostanze esogene (pesticidi o altri contaminanti), frutto di una viticoltura o procedure nocive per l'ambiente, anche se solo allo stato di tracce inoffensive per la salute, ci ha spinto in campagna verso la conduzione biologica dei vigneti e in cantina ad introdurre il lavaggio delle uve grappolo per grappolo. La purezza e la salubrità dei nostri vini sono totali, già dalla vendemmia 2012.

 Qual è l'innovazione più importante che ha introdotto?

Il dégorgement senza shock ossidativo. Vita lunga ai Franciacorta anche dopo il dégorgement. Dal 2004 in Ca' del Bosco si effettua il dégorgement in assenza di ossigeno. Grazie a questa tecnica possiamo vantare un contenuto di solfiti inferiori a 50 mg/litro a fronte di un limite massimo previsto dalla normativa europea di 185 mg/litro, valori titolati che riportiamo in etichetta lotto per lotto. Questo significa non solo salubrità del vino ma anche una grande longevità: i nostri vini continuano così ad accrescere negli anni la loro espressività aromatica, la loro armonia olfattiva e la loro piacevolezza.

Com'è nata questa innovazione?

Da sperimentazioni iniziate nel 2000, quando scoprimmo le cause dello shock ossidativo subìto dal vino dopo il dégorgement. Dimostrammo che le modalità di misurazione dell'ossigeno in quella fase non erano complete: una quota dell'ossigeno intrappolato nel collo della bottiglia in forma gassosa non era misurato. Dalla nostra sperimentazione è nata una tecnologia, della quale sono titolare del brevetto, che ci ha permesso di effettuare la tappatura al dégorgement in assoluta assenza di ossigeno, riducendo in maniera significativa l'aggiunta di solfiti in questa fase.

Stefano Capelli - Ca' del BoscoC'è stato un errore che non si perdona come professionista?

Potrà sembrare presunzione, ma per come Ca' del Bosco è strutturata, i margini di errore umano sono minimi. Ho la fortuna di essere a capo di un team di enologi, agronomi e tecnici che amano il proprio lavoro e che danno il massimo per raggiungere sempre la massima qualità possibile. Abbiamo strumenti e attrezzature che ci consentono di monitorare ogni fase delle lavorazioni. Ogni decisione è supportata da analisi e da valutazioni condivise. Tuttavia non sempre riusciamo ad ottenere dalle nostre vigne ciò che vorremmo. La natura ci porta ad avere una variabilità imponderabile da un anno all'altro. Ciò non toglie che non mi perdonerei se, in un'annata in cui le uve fossero impeccabili e perfette, non riuscissi a tradurle in un grande vino e non ritrovassi nel vino l'espressività di quel frutto.

Ama di più lavorare in vigna o in cantina?

Ca' del Bosco si è sempre strutturata con professionalità specifiche, distinte per attività. Le vigne, da più di 20 anni, sono condotte dall'agronomo Luigi Reghenzi e dai suoi collaboratori. Io sono nato in cantina e da 28 vendemmie lavoro e dirigo tutte le fasi dell'elaborazione dei nostri vini. Per formazione, sensibilità, intuito - capacità di analisi che ho sviluppato lavorando in cantina a fianco di Dubois e Maurizio Zanella - mi sento legato in modo particolare a questo ambiente. Ciò non toglie che, essendo nato in campagna da padre viticoltore, amo la vigna e la vita da vigneron. Di tanto in tanto faccio volentieri un passaggio in vigna e collaboro con Reghenzi nel definire le strategie di conduzione. Del resto, il lavoro dell'enologo inizia con l'osservazione e lo studio della materia prima che andrà poi a trasformare.

Oggi la Franciacorta è tra le realtà spumantistiche più importanti in Italia, ma il paragone con la Champagne viene spesso sollevato.

È vero, a livello mondiale la Franciacorta si deve spesso misurare con la Champagne, ma questo confronto è una forzatura, sotto molti punti di vista. In primis nel profilo aromatico: noi ci distinguiamo per la maggiore complessità aromatica, per la profondità, lo spessore e il calore. I Franciacorta sono meno acidi, più intensi d'aroma, più vinosi. Nello Champagne c'è un savoir faire plurisecolare, 300 anni di storia vitivinicola, il che costituisce un enorme vantaggio, soprattutto in termini di immagine e marketing. Inoltre la loro estensione territoriale è enorme rispetto alla nostra. Tuttavia, l'essere più giovani e avere meno estensione può costituire un vantaggio per noi, l'opportunità di costruire una grande realtà vitivinicola più dinamica e più aperta all'innovazione, che si basa comunque su una storia consolidata e in cui operano brand riconosciuti a livello internazionale.

Cosa si può migliorare nel territorio?

C'è ancora molta strada da fare, soprattutto a livello di turismo enogastronomico. Bisogna aumentare quantitativamente e qualitativamente l'offerta alberghiera e la ristorazione, puntando sull'eccellenza, su un posizionamento medio-alto. Negli ultimi dieci anni molti Comuni della Franciacorta hanno deciso di porre vincoli all'edificazione, per preservare intatto il nostro particolare paesaggio collinare. Le superfici vitate sono aumentate, così come gli uliveti. Molti borghi storici sono stati ristrutturati, sono nati bed & breakfast che ogni giorno accolgono turisti dalla Lombardia, da altre Regioni, da tutto il mondo. Non dimentichiamo che la Franciacorta è una delle più importanti zone vitivinicole italiane ed è a solo un'ora da Milano. Nel caso delle grandi Appellation francesi, ad esempio, il paesaggio viticolo riesce ad attirare milioni di appassionati, creando un indotto economico importante. Noi abbiamo le stesse potenzialità, ma manca ancora la consapevolezza di vivere un grande terroir. Vorrei che in futuro la Franciacorta si affermasse sempre di più come una forte appellazione, ossia una denominazione dove il suo vino possiede un gusto distinto, inimitabile, veramente riconosciuto dagli appassionati e non solo rivendicato dai produttori.

Se non avesse lavorato in Franciacorta, dove avrebbe cercato fortuna?

"Da giovane enologo, se avessi perso l'opportunità di Ca' del Bosco, mi sarei avventurato nella Champagne, in cerca di una rivincita, in un territorio ricco di storia e di magia. Ma negli anni ho maturato una particolare adorazione per il territorio della Borgogna. Mi attrae l'aspetto artigianale del vigneron della Cote d'Or. I loro bianchi sono i più grandi vini secchi al mondo. Amo la loro complessità, vivacità, profondità e delicatezza".

Cosa dovrebbe migliorare l'Italia per spingere con più vigore l'export?

Abbiamo il grande vantaggio dell'altissimo valore percepito dato dall'essere made in Italy. Dobbiamo senza dubbio imparare a fare squadra e a promuovere, anche nel nostro settore, la qualità e l'eccellenza italiane - così come fanno nella moda, per esempio. Tuttavia è vero che nel caso di Ca' del Bosco la produzione è limitata e quindi anche l'export deve essere molto mirato e focalizzato. L'EXPO 2015 potrebbe portare nuovi sbocchi, ma soprattutto contribuirà ad una maggiore e migliore percezione della nostra unicità in molti ambiti, tra cui il settore vitivinicolo.

Stefano Capelli - Ca' del Bosco

Cosa ci invidiano i produttori stranieri?

La natura ci ha dato la terra più bella e variegata del mondo, una sorta di riassunto degli habitat possibili per l'umanità. Il vino non fa eccezione. Possediamo il più vasto patrimonio viticolo autoctono del globo. Anche se il nostro sistema produttivo è articolato su decine di migliaia di aziende vinicole, per lo più familiari, il che rende difficoltoso "fare sistema", milioni di appassionati da tutto il mondo vogliono conoscerci meglio, anche attraverso i vini. Si esaltano al cospetto delle nostre migliori espressioni qualitative, si lasciano affascinare dalle biodiversità e dalle territorialità. Nessuno più dell'Italia può concretizzare queste espressioni e riassumerle dentro una bottiglia.

Da ultimo, che consigli darebbe a un giovane che sogna di diventare un grande enologo?

Gli consiglierei di approfondire e sviluppare le sue conoscenze scientifiche anche presso facoltà estere, in Europa o anche oltre oceano. Studiare in modo approfondito il suolo e le affinità con le varietà di vite, base imprescindibile per poter creare vini di stile. Dal punto di vista pratico, maturare esperienze pluriennali nei terroir più diversi e rinomati, anche a costo di sacrifici, affinché scopra (in Italia) quali realtà sono più affini al suo talento. 

Biografia

Stefano Capelli nasce il 5 ottobre 1962 ad Almenno San Salvatore (Bergamo). Nel 1981 consegue il diploma di perito agrario presso l'Agraria di Treviglio (Bergamo). Nel 1985 incontra per la prima volta Maurizio Zanella e conosce Ca' del Bosco. Dopo l'incontro con Zanella decide di riprendere gli studi e si iscrive alla Scuola Enologica di Conegliano (Treviso), dove si diploma come enotecnico nel luglio 1986. All'inizio di settembre del 1986 torna in Ca' del Bosco e inizia la sua carriera a fianco di André Dubois, maître de chai. Nel 1998 ottiene il titolo di enologo (L. 129/91). Per tenersi costantemente aggiornato sulle ultime conoscenze scientifiche ed enologiche, frequenta diversi corsi di formazione presso le Università di Bordeaux e di Reims. Attualmente ricopre il ruolo di enologo e direttore tecnico di Ca' del Bosco.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

I commenti dei lettori