Eugenio Pol. Artigiano del pane

Eugenio Pol. Artigiano del pane

Interviste e protagonisti
di Laura Sonzogni
04 ottobre 2010

Eugenio Pol non è tipo da perdersi in giri di parole. Lui il vino lo beve con gusto e il pane lo fa, e con tutti i crismi. Per questo chiamarlo panettiere sarebbe riduttivo in tempi in cui si fregia di quest'etichetta anche chi si limita a infornare michette già pronte.

Tratto da L'Arcante 14

Eugenio PolPane e vino hanno sfamato generazioni intere, soprattutto in periodi di vacche magre. E anche nell'era degli snack forse c'è ancora qualcuno che preferisce fare merenda con una fetta bagnata con poche gocce del nettare di Bacco e una spolverata di zucchero. Sui loro significati simbolici poi, a partire da quelli religiosi, si potrebbero scrivere pagine.

Ma Eugenio Pol non è tipo da perdersi in giri di parole. Lui il vino lo beve con gusto e il pane lo fa, e con tutti i crismi. Per questo chiamarlo panettiere sarebbe riduttivo in tempi in cui si fregia di quest'etichetta anche chi si limita a infornare michette già pronte. "Artigiano del pane" è forse un termine che rende meglio l'idea del suo lavoro. Anche se in un passato ormai lontano, quando ancora viveva a Milano, Pol è stato anche chimico. Per poco però.

Poi ha capito che quella non era la sua strada e ha cominciato a dedicarsi alla sua vera passione: la cucina. La strada da apprendista a cuoco passa attraverso lavoretti di ogni tipo, dal banco del fruttivendolo a quello del macellaio, dal piccolo ristorante al grande chef (tra i suoi maestri c'è, per citarne uno, Aimo Moroni), con un unico obiettivo: conoscere le materie prime e carpire i segreti del mestiere ad ogni livello della "catena" che dai campi arriva in tavola.

La prima esperienza da oste Pol la fa in Valsesia, una zona che lui, veneziano d'origine e milanese d'adozione, ha imparato a conoscere ed amare fin da piccolo, quando era la meta prediletta per lunghe escursioni e passeggiate con il padre. Ma il locale è piccolo e un po' sperduto e lavora a pieno ritmo solo d'estate. Va meglio qualche anno dopo quando, forte di nuove esperienze in quel di Milano, ritorna e inaugura a Varallo Sesia una nuova osteria, basata su una cucina strettamente legata al territorio e a prodotti locali e biologici.

Tutto fila liscio, se non che il nostro non è soddisfatto del pane. Con la mente torna sempre ai racconti del padre sul profumo dei pani di mais fatti in casa dalla nonna. Eugenio vuole mangiare un pane che sappia di grano e, anzi, di diversi tipi di grano "perché - dice - il pane, quello vero, non sa di lievito di birra" e che non abbia "quel colore bianchiccio, perché così mangiamo solo zuccheri". Per questo decide di farsi da sé un pane con una lista ingredienti brevissima: farina, quella biologica (spesso di antiche varietà di grano cercate e selezionate in giro per l´Italia ) macinata a pietra dal mugnaio di fiducia Renzo Sobrino di La Morra, Cuneo; acqua di montagna, pura; sale; lievito naturale.

Ed è parlando di questa "magica" miscela di acqua e farina e dei vari esperimenti per arrivare alla fermentazione che il suo racconto si trasforma e assume toni quasi poetici, ad esempio quando spiega che la "pasta madre" cambia a seconda dell'acqua e dell'aria, così come un vitigno muta al variare del terroir. Un parallelismo che continua anche quando spiega che le sue "micche" sono fatte per durare giorni e giorni e che anzi con il tempo si affinano e migliorano, così come il buon vino. Pol ama citare una massima di Antoine de Saint Exupery: "In qualsiasi cosa, la perfezione non si ottiene quando non c'è più nulla da aggiungere, ma quando non c'è più nulla da togliere". Un principio che vale anche per il vino. La sua preferenza ricade infatti su quelli con pochi solfiti, preferibilmente biologici o, meglio ancora, biodinamici, come quelli del francese Nicolas Joly, per intenderci.

Eugenio PolE, infatti, l'afflato poetico si trasforma rapidamente in "tempesta ed impeto" quando il pensiero corre alla lista ingredienti delle merendine che hanno preso il posto del "vecchio" pane e vino di cui sopra. Il suo passato da chimico riaffiora nelle invettive contro i mono e digliceridi degli acidi grassi, da evitare tanto quanto l'acerrimo "nemico" reo di aver mascherato per decenni il vero sapore del pane, il lievito di birra. Ma la rabbia si scioglie altrettanto rapidamente mentre racconta delle lettere e delle telefonate di giovani che si candidano ad apprendisti per il laboratorio Vulaiga (in dialetto locale il termine indica la neve quando scende leggera come farina) di Fobello, dove Pol lavora da solo, occupandosi della panificazione (due volte alla settimana, dalle 2 del mattino alle 22 del giorno successivo) e delle consegne del pane nelle osterie e nei locali del circondario. Eugenio dispensa volentieri consigli a chi voglia tentare l'impresa di fare il pane vero, ma - dice - il suo locale è troppo stretto per ospitare un "secondo". E l'impressione che si ha parlandoci mentre passeggia con i suoi cani dopo una giornata di lavoro è che Vulaiga rimarrà piccolo perché la massima di Saint Exupery, forse, Pol l'ha applicata alla sua vita prima ancora che al suo pane.

 

Eugenio Pol

Nato a Milano il 9 febbraio 1960. Diplomato in chimica nel 1978, svolge questo lavoro per due anni e coltiva parallelamente l'hobby della cucina. Nel 1981 un amico gli propone di rilevare una piccola osteria in alta Valsesia. Pol abbandona il suo lavoro e si dedica a tempo pieno ai fornelli. Dopo anni di esperienza nella ristorazione decide di cambiare ancora vita e di diventare mastro panificatore, ritirandosi definitivamente in Valsesia, a Fobello (Vercelli), per sperimentare lieviti e farine nel suo laboratorio "Vulaiga". Il suo pane è apprezzato in tutto il mondo e anche dai maggiori ristoratori italiani, da Aimo e Nadia Moroni a Massimiliano Alajmo.

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