Esperienza Cantillon

Esperienza Cantillon

Non solo vino
di Maurizio Maestrelli
01 dicembre 2011

Qualunque appassionato di birra che si rispetti dovrebbe trascorrere almeno un weekend a Bruxelles, capitale del Belgio e “mecca” assoluta di centinaia di specialità birrarie. Tra queste spiccano per unicità ed eccellenza quelle della Brasserie Cantillon, luogo d’elezione delle birre a fermentazione spontanea…

Esperienza Cantillon

Tratto da Viniplus di Lombardia N°1

Dal titolo questo potrebbe essere un racconto d’appendice, di quelli che una volta erano pubblicati sui quotidiani. Storie un po’ avventurose e un po’ misteriose, ambientate in scenari esotici. In realtà, di avventuroso qui non c’è proprio nulla. Perché si tratta di pigliare l’aereo e andare a Bruxelles, capitale belga ed europea, per godersi un weekend, sempre che vi basti, a base di splendide birre in splendidi locali. Tuttavia, se di avventura non c’è traccia, mistero ed esotismo abbondano nella Brasserie Cantillon in rue Gheude, 56 (www. cantillon.be), un vero e proprio tempio dedicato alla birra come arte e come attività umana millenaria. Cantillon è uno dei pochissimi, forse il solo, produttore che ancora difende e valorizza il vero lambic. Ma, andiamo con ordine e non diamo troppe cose per scontate. La birra è una bevanda alcolica fermentata a base di cereali, luppolo, acqua e lievito. Le fermentazioni tuttavia possono essere di tipo diverso: la maggior parte delle lager industriali, ma anche le pils, sono di bassa fermentazione ossia i lieviti che permettono la fermentazione “lavorano” a basse temperature e si depositano sul fondo.

Esistono anche birre a fermentazione alta, come le ale britanniche e americane, le stout, le blanche e le trappiste. Normalmente il lievito è inoculato dall’uomo nel mosto, ma ci sono le eccezioni e il lambic è una di queste. Perché qui si parla di fermentazione spontanea, un processo, questo sì, misterioso per il quale il mosto di birra è lasciato per una notte in vasca aperta a contatto con l’aria. I lieviti presenti naturalmente nell’aria lo “contaminano” e una volta travasato il tutto in botti di legno, la fermentazione parte autonomamente. Più o meno come si poteva fare la birra all’epoca dei Sumeri, insomma, botti di legno a parte. Che la produzione del lambic sia quindi un’isola felice nel grande mare delle produzioni birrarie di tutti i tipi è certo, la peculiarità è data dal “terroir”, potremmo dire, ovvero da caratteristici ceppi di lievito presenti nella zona tradizionale di produzione del lambic. Il risultato sono birre dal valore assoluto e dall’unicità garantita. Difficile paragonarle a qualsiasi altra birra, anche a qualsiasi altra bevanda alcolica in effetti. Sono prodotti dall’acidità spiccata, dagli aromi a volte ostici, che vanno affrontati con grande apertura mentale, con la testa sgombra da tutti i luoghi comuni che ci si può essere fatti sulla birra in generale. Già, perché il lambic tradizionale, quello che produce Cantillon solo quando le temperature atmosferiche lo consentono, ossia in inverno, è fatto di malto d’orzo per il 65% e di frumento non maltato per il 35% e, caso anch’esso più unico che raro nel mondo della birra, ricorrendo a luppoli invecchiati tre anni. Ossia, quando hanno perso gran parte della loro carica aromatica.

Esperienza CantillonVisitare Cantillon e assaggiare le birre che crea Jean Van Roy, erede della dinastia che ha fondato l’azienda nel 1900, è una specie di viaggio nel tempo. Non a caso la sua brasserie è anche un museo della Gueuze che non è altro che un assemblaggio di lambic di età diversa. Produttori e assemblatori, da Cantillon un sommelier potrà trovare alcune interessanti similitudini con il mondo del vino. Il lambic stesso è stato definito l’anello di congiunzione tra la birra e il vino. Il lambic lo troverete piatto nel bicchiere, quasi privo della caratteristica schiuma che è immagine identificativa nazionalpopolare della birra, ma lo potrete assaggiare, oltre che nella sua variante gueuze, anche aromatizzato con specifiche ciliegie, per ottenere la Kriek, o con lamponi, e il risultato sarà la Framboise. Jean Van Roy, che è il poeta del lambic, e sulle orme del padre Jean-Pierre, realizza tuttavia altre “varianti” sul tema lambic. Nel suo spaccio annesso alla brasserie – ma fortunatamente le sue birre si trovano abbastanza facilmente in tutti i migliori beer-shop italiani – avrete l’opportunità di assaggiare la Vigneronne, formidabile blend a base di lambic e di uve di Moscato, la Fou’ Foune, specialità dove le protagoniste sono le albicocche Bergeron, la Lou Pepe, una gueuze che è il risultato dell’assemblaggio di differenti lambic provenienti da botti che precedentemente hanno contenuto vino, la Saint-Lamvinus, sempre con uva, ma questa volta si tratta delle varietà Merlot e Cabernet Franc delle pregiate zone di Saint Emillion e Pomerol, più altre “special edition” che, proprio per il fatto di essere speciali e a tiratura limitata, durano lo spazio di poche settimane tanta è la richiesta non solo in Belgio, ma in tutto il mondo. Del resto, per produzione limitata e valore riconosciuto si potrebbe quasi azzardare che Cantillon sta al mondo della birra come Château Margaux sta a quello del vino. La brasserie di rue Gheude ha insomma una grande tradizione alle spalle, un rispetto quasi ossessivo delle regole del vero lambic, ma anche una straordinaria capacità d’innovazione. A suffragio del fatto che si può essere ortodossi senza essere “ingessati”. Vivere l’esperienza Cantillon ha infine un significato più ampio: quello cioè di allargare, in maniera radicale e senza compromessi, la propria visuale sull’incredibilmente variegato mondo della birra. Infine, proprio per la ruvida eleganza delle sue birre, per la loro austera e totale assenza di compromessi con i gusti globalizzati della massa, visitare Cantillon assomiglia per certi versi a oltrepassare un confine. Prima di farlo si è magari dei semplici curiosi della birra, poi si diventa perlomeno dei conoscitori. In qualche caso dei fervidi appassionati.

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