La Champagne e lo champagne. Intervista a Samuel Cogliati

La Champagne e lo champagne. Intervista a Samuel Cogliati

Interviste e protagonisti
di Gianpiero Viotti
07 gennaio 2016

Giovedì 21 gennaio inizia il seminario di tre incontri condotto da Samuel Cogliati e organizzato dalla Delegazione AIS di Cremona-Lodi. A pochi giorni dalla partenza, quindi, abbiamo pensato di scambiare qualche chiacchiera con Samuel Cogliati, relatore del seminario con una breve intervista.

Samuel Cogliati - Foto di Francesco OriniAlla fine di un percorso, di un libro o di un pranzo, di fronte alla sorpresa finale si è soliti uscire con la sempre classica espressione latina "dulcis in fundo". Sull'evento che invece aprirà il sipario della stagione eno-formativa della delegazione AIS di Cremona-Lodi, parafrasando la celebre frase latina, sarebbe il caso di usare la più incisiva allocuzione "dulcis ab...initio".

Prima dell'inizio del Seminario, e per poterne illustrare nel dettaglio quelle che saranno le finalità e i contenuti, abbiamo rivolto alcune domande a Samuel Cogliati, relatore e tra i massimi esperti italiani di Champagne e di vini francesi.

La prima serata del Seminario si svolgerà giovedì 21 gennaio 2016 alle ore 20.30 presso l'Hotel Vecchio Casello di Castelleone in provincia di Cremona (qui i dettagli). Avrà come filo conduttore: "Uno sguardo d'insieme sulla Champagne e sullo champagne: eccezione inafferrabile allo stato più puro. Principali elementi di storia, geografia e geologia della regione. Ricostruzione del processo produttivo e della sua evoluzione. Logica identitaria e comunicativa".

Nella comunicazione del Seminario "La Champagne e lo champagne" lo champagne viene definito come "il vino dei Re e il re dei Vini". È ancora oggi condivisibile tale affermazione?

È una definizione di cui mi accollo l'audacia, ovviamente un po' provocatoria. "Re dei vini" lo champagne può essere considerato per fama, prezzo medio e - nelle sue migliori espressioni - per livello qualitativo, quanto meno tra gli spumanti. "Vino dei re" è uno storico dato di fatto. 

Nel suo primo libro "Champagne - Il sacrificio di un terroir" ad una prima lettura potrebbe stupire una sua frase che suona pressappoco così: "Il fatto che lo Champagne sia un vino e allo stesso tempo non lo sia è paradossalmente una fortuna". Potrebbe chiarire ai nostri lettori il significato e la portata di una simile affermazione? 

È una fortuna perché lo champagne può vantare tutte le qualità della più entusiasmante delle bevande, per varietà, finezza, imprevedibilità, ecc. Ma al tempo stesso il fatto di non essere percepito come un vino - bensì come una "bevanda speciale", quasi a sé - da una grossa fetta di pubblico gli ha permesso di farsi strada tra coloro che non amano o non conoscono il vino. 

Le "statistiche natalizie" hanno dato grande risalto al grande recupero, in Italia e all'estero, degli spumanti nazionali sullo Champagne. Quali possono essere state le cause, o meglio le concause, che possono aver generato il sorpasso? La diversità dei costi? La miglior qualità? Una politica commerciale e di comunicazione più attenta e mirata?

Credo che i prezzi, coniugati con un'offerta capillare e un grosso lavoro di marketing siano alla base di questa tendenza. In alcuni casi, come quello del prosecco, deve avere influito anche un'offerta quantitativamente più cospicua, data dall'ampliamento della denominazione d'origine. Infine forse i clienti hanno voglia di scoprire dell'altro. 

Sempre riferendoci al suo libro, possiamo leggere anche alcune critiche ad alcuni sistemi produttivi in uso nella regione dello Champagne e che lei definisce come "agricoltura negata". Potrebbe chiarirci sinteticamente alcuni degli aspetti che lei evidenzia come "criticità"?

Sintetizzare in poche parole ciò che ha comportato due libri ("Il sacrificio di un terroir", Porthos Edizioni, 2008, e "Il sogno fragile", Possibilia Editore, 2013) non è facile. Diciamo che, nella grande maggioranza dei casi, lo champagne è frutto di una vitivinicoltura estensiva e intensiva, con rese elevate e ampio utilizzo della chimica agronomica ed enologica. Peraltro come numerose altre realtà vitivinicole del mondo intero: siamo di fronte a un approccio agroindustriale. 

Relativamente alla produzione, quali sono le principali diversità e particolarità tra le "grandi Maison" e i più piccoli "recoltant"? 

Attenzione: questa bipartizione non è automatica. La maggior parte dei piccoli produttori (récoltant-manipulant) lavora con identico approccio delle grandi maison, ma con minore competenza e ovviamente volumi ben minori. Se invece parliamo di qualche manciata di piccoli vignaioli "illuminati", le differenze sono molte; questi ultimi lavorano in modo molto più artigianale: vigne seguite di persona, vinificazioni meno invasive, ecc. 

Chi ha la fortuna e la possibilità di partecipare a qualche degustazione di champagne si imbatte talvolta in prodotti di eccezionale particolarità, che poco o nulla hanno in comune con i più noti prodotti abitualmente reperibili in commercio. Che cosa ci può dire in proposito?

Se si riferisce ai vini di quei vignaioli (ma anche di qualche rara maison) "illuminati" di cui parlavamo prima, hanno appunto poco in comune con i prodotti rivolti al grande pubblico. Una materia prima di ben altro livello, una vinificazione meno tecnologica. Il risultato sono champagne molto più espressivi e gustosi. Ma questo è vero per tutti i vini del mondo. 

Per concludere: come dovrebbe comportarsi, e a quali particolari dovrebbe porre una speciale attenzione, chi oggi entra in una qualunque enoteca alla ricerca, se non di un ottimo, ma comunque anche di un solo "buon champagne"?

Direi che, se non ha particolari competenze, dovrebbe cercare un buon enotecario di cui fidarsi, e lasciarsi consigliare. Se invece è competente in materia, lo è probabilmente diventato informandosi attraverso letture, viaggi e attente degustazioni. Si affiderà allora alla sua sensibilità e al suo gusto personali. 

 

Credit foto: Francesco Orini

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