Profondo Champagne

Profondo Champagne

AnnIverSary60
di Manuela Basaglia
30 settembre 2025

La straordinaria e autorevole verve di Guido Invernizzi ha concluso la settimana di appuntamenti che ha scandito il programma di AnnIverSary60 di AIS Lombardia. Nei calici sei straordinari champagne e la storia di un mito che non smette mai di stupire e affascinare.

«I Beatles che bevono champagne e le coppe di champagne nei film di James Bond sono due meraviglie del mondo che andrebbero aggiunte alla lista delle dodici esistenti». Guido Invernizzi, posizionando questo vino dalle origini antichissime all’interno dell’iconografia moderna, dà il via all’ultima delle cinque serate tenutesi a Milano per celebrare i sessant’anni dell’Associazione Italiana Sommelier. Argomento migliore non poteva essere scelto; anfitrione più accattivante nemmeno.

Tra storia e aneddoti

Tutto quello che riguarda lo champagne ruota attorno a tre semplici parole: storia, terroir e passione. Invernizzi sa che il pubblico presente è esperto, appassionato e allora lo cattura come solo lui sa fare: arricchendo la narrazione con piccoli aneddoti che rendono unico il racconto e il ricordo.

La storia dello champagne affonda le sue radici nel monachesimo, quando venne definito il concetto di clos e la zona della Champagne era unicamente una via di passaggio per il commercio verso le Fiandre. È lecito pensare che in questo periodo lo champagne fosse un vino rosso e fermo, utilizzato per lo più durante le incoronazioni dei re e indissolubilmente legato alla Chiesa e all’Inghilterra. Fu infatti a ridosso della Guerra dei Cent’anni che, narra una leggenda, una partita di vino della zona della Champagne, bianco e fermo, finì in Inghilterra e, dimenticata per un periodo, quando venne aperta fu trovata frizzante e di ottima beva. Nacque così la dicitura «the British paradox» per riferirsi a questo vino imbottigliato fermo e stappato frizzante che venne chiamato “vino folle” fino agli inizi del 1600, quando Sir Kenelm Digby inventò la moderna bottiglia dello champagne, scura e molto resistente e «che mise fine alle folli esplosioni delle bottiglie che lo contenevano» sottolinea Invernizzi.

Il passo per arrivare al nome di Dom Pérignon fu breve: mettendo ordine a diverse credenze e abitudini popolari, questo monaco benedettino pose le basi per la produzione dello champagne, codificando regole che sono tutt’oggi utilizzate. Una potatura consapevole, il divieto della pigiatura con i piedi, temperatura costante e umidità controllata, fermentazione in bottiglia e il concetto di millesimo sono solo alcune delle migliorie apportate.

Si deve invece al chimico Jean-Antoine Chaptal l’intuizione di aggiungere zucchero al mosto per aumentare il grado alcolico dei vini base fermi e che l’aggiunta successiva, dosata correttamente, era in grado di dar luogo a reazioni uniche all’interno della bottiglia, che sviluppano energia, di cui solo il 5% contribuisce a far schizzare il tappo mentre il resto è il botto. E dopo il botto ecco una leggera nebbiolina che si crea attorno al collo della bottiglia con l’anidride carbonica che, insieme all’alcol, è responsabile di veicolare la maggior parte dei profumi dello champagne.

Profumi e odori che sono la risultante degli effetti di una condizione pedoclimatica unica al mondo: un mare che ora non c’è più ha lasciato in questi terreni una crosta gessosa ricca di fossili marini, dando al suolo la capacità di adattarsi al bisogno della vite, ovvero immagazzinare calore e acqua, e rilasciarli quando la vite ne ha bisogno, contrastando le meno favorevoli condizioni climatiche di questa zona. Se da un lato, infatti, le correnti oceaniche portano acqua, fondamentale per la viticoltura, il clima continentale la espone a una costante alternanza di sole e gelo. Ecco allora che entra in gioco il ruolo del viticoltore, che basa parte del successo dei suoi prodotti sulla pendenza di coltivazione e su metodi manuali per scaldare le vigne, a volte collocando vere e proprie stufe in mezzo ai filari.

All’apparenza sfidanti e sfavorevoli, queste condizioni sono uno dei luoghi di elezioni dei tre vitigni che compongono la triade dello champagne: qui pinot noir, chardonnay e meunier danno alla luce una delle migliori espressioni di loro stessi. Indiscusso leader il pinot noir, caratterizzato da profumi di frutti rossi, ribes, lampone, fragoline di bosco e violetta, dona struttura e potenza. A favorire l’invecchiamento ci pensa lo chardonnay, arricchendo i vini con i suoi aromi delicati di mela, pera, albicocca, banana, mango e vaniglia. Ultimo, ma non per importanza, il meunier, che si occupa di mantenere intatto nel tempo il vino: resistente alle gelate, matura per primo e porta con sé morbidezza e rotondità, distinguendosi per profumi di albicocca, pera, banana, caramello e pinolo.

In alcune bottiglie fanno poi capolino altri vitigni, utilizzati in quantità minori, che concorrono a esaltare la qualità dei tre re: arbanne, floreale e agrumato, porta una buona acidità; petit meslier, cugino del grüner veltliner, viene utilizzato per mantenere acidità nelle annate particolarmente calde; e infine il pinot bianco, altro membro della famiglia dei pinot, che resiste bene al freddo, dona struttura e arricchisce con note floreali e mielate.

La Degustazione

Champagne AOC Brut Nature La Petite Montagne Le Murtet 2019 - Francis Boulard & Fille

60% pinot noir e 40% chardonnay, fermentazione spontanea in botti da 400 L di legno nuovo, 40 mesi sui lieviti, sboccatura 2023, malolattica svolta, vigne di 30 anni coltivate sul Massif de Saint-Thierry

La consistente parte di uve rosse presente in questo champagne si fa notare subito al primo sguardo: il colore nel bicchiere, paglierino, assume dei riflessi di oro antico rosa, che rivela il seppure breve contatto con le vinacce del pinot noir. Le bollicine, numerose, fini e persistenti, nascono dal nulla e risalgono dritte senza appoggiarsi alle pareti del bicchiere, identificando una presa di spuma perfetta. Il naso, pulito ed elegante, offre profumi fruttati, di frutta bianca, mela, agrumi come la scorza di cedro e di limone, seguiti da note di erbe aromatiche essiccate, come timo e maggiorana. Non da ultimo, nei profumi emerge il terreno su cui queste vigne sono coltivate: un terreno di origine oceanica, ricco di conchiglie, che dona dei sentori minerali, come di mare. In una perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, questo stesso effetto salino è presente all’assaggio: secco, fresco e tendente al saporito, il risultato nel calice è un vino equilibrato e armonioso, da abbinare, come dice Invernizzi, «solo con sé stesso».

Champagne AOC Extra Brut Francis Orban 2020 - Francis Orban

100% meunier, 50% vini di riserva, fermentazione in acciaio, 40 mesi sui lieviti, sboccatura 2023, malolattica svolta

Di colore dorato con riflessi ramati, ha una bollicina piccola, fine e persistente, che risale nel calice a velocità media. Al naso note fruttate di mela rossa matura, accompagnate da una leggera mineralità; inconfondibili poi i sentori caratterizzanti del meunier, ovvero accenni di frutta secca, come mandorla e noce. A chiudere questo naso avvolgente degli sbuffi di panificazione, come la crosta del pane o la fetta biscottata, che vanno verso la pasticceria, ma non la identificano ancora. Al gusto il calice è equilibrato e anche in questo caso vi è perfetta corrispondenza gusto-olfattiva: i profumi fruttati e di panificazione sono replicati anche in bocca, accompagnati da una bollicina elegante che sostiene la persistenza gustativa.

Champagne AOC Extra Brut Cuvée 748 2020 - Jacquesson

55% chardonnay, 30% pinot noir e 15% meunier, fermentazione in botti da 500 L in rovere, almeno 48 mesi sui lieviti

Lo chardonnay porta finezza ed eleganza, il pinot noir offre struttura e corpo, il meunier dona rotondità e morbidezza: ognuna di queste caratteristiche può essere trovata in questo calice dalle bollicine molto fini e persistenti. sentori tipici dei tre vitigni: note di agrume dello chardonnay, piccolo frutto rosso e agrume, come l’arancia rossa, identificativi del pinot noir e profumi di mandorla derivati dal meunier; il tutto è accompagnato da una nota salina molto delicata. All’assaggio queste caratteristiche non si smentiscono: «una sinfonia», come viene definita da Invernizzi. Mora e mirtillo del pinot noir, scorza di agrume e pesca bianca dello chardonnay e una nota di legno a sottolineare una persistenza ricercata in fase di fermentazione e affinamento. In perfetto abbinamento con dei crostacei, il calice è equilibrato, armonico ed estremamente elegante.

Champagne AOC Brut Nature Zero 2016 - Tarlant

32% pinot noir, 32% chardonnay, 32% meunier, 4% petit meslier + arbanne + pinot bianco, fermentazione in acciaio, 7 anni sui lieviti, sboccatura 2022 à la volée

Anche in questo calice il vino è dorato con riflessi ramati, a ricordare la presenza di vitigni rossi; le bollicine, numerose e fini, risalgono a velocità media. Il naso è complesso, il più evoluto fino ad ora, nel quale ogni vitigno presente porta ai massimi livelli le sue potenzialità: profumi di frutta matura, frutta secca, seguiti da note derivanti dai 7 anni di affinamento, ovvero sentori vegetali, come i funghi, castagne, salsa di soia, e un finale di pasticceria. All’assaggio i tanti anni sui lieviti sono responsabili di spiccate acidità e sapidità, che fanno tendere a una leggera predominanza gustativa dello chardonnay sugli altri vitigni presenti. L’abbinamento perfetto è un risotto con i funghi.

Champagne AOC Brut Origin’Elle 2017 - Francoise Bedel

80% meunier, 15% chardonnay e 5% pinot noir, fermentazione in barrique, affinamento 38 mesi sui lieviti, sboccatura 2021

Di colore dorato brillante, questo calice presenta bollicine fini e persistenti, a denotare un’altra presa di spuma perfetta. Il legno, usato in fermentazione, si percepisce al naso immediatamente, ma non risulta invasivo, in un calice i cui descrittori olfattivi sono tali da renderlo complesso, quasi tendente all’ampio. Le prime note sono quelle di pasticceria, di torta di noci, torrone, caramello e biscotto, seguite da profumi di frutta secca e miele di castagno; non da ultimo, degli accenni empireumatici di torrefazione. Fresco, sapido, morbido ed estremamente avvolgente, si ritrova anche in questo caso una perfetta corrispondenza gusto-olfattiva. Perfetto in abbinamento con formaggi o primi non a base di pesce.

Champagne AOC Brut Nature Blanc de Noir Édition Limitée 2019 - De Sousa

100% pinot noir, affinamento in barrique, 48 mesi sui lieviti, sboccatura 2023

«Una costellazione di bollicine che sembra la Via Lattea»: così Invernizzi descrive le bollicine fini e persistenti in questo calice di colore dorato e brillante. Il naso inganna, proponendo dei sentori, come la banana, che farebbero pensare a uno chardonnay, ma che sono invece frutto di un sapiente uso del legno; il piccolo frutto rosso del vitigno si impone infatti subito dopo, seguito da profumi di pasticceria, come di brioche. Nella loro semplicità i profumi sono intensi e persistenti, e creano un calice elegante e avvolgente. All’assaggio freschezza e sapidità del frutto rosso si ritrovano, offrendo alla sala un ennesimo vino la cui corrispondenza gusto-olfattiva è perfetta.

«Lo champagne nella vittoria te lo meriti, nella sconfitta ne hai bisogno»: non ci sono parole più adatte di quelle di Napoleone da prendere in prestito per chiudere questa serata, dove tutti i partecipanti tornano a casa con la sensazione, creata o rafforzata, che è sempre un buon momento di bere un calice di champagne.