Quintodecimo, l’Irpinia nel calice. Luigi Moio incanta Milano

AnnIverSary60
di Sara Missaglia
18 settembre 2025
Ci sono serate che non si dimenticano. Restano nel cuore tra eleganza e visione, tra un calice che profuma di territorio e le parole di chi quei vini li ha pensati, studiati, attesi. A Milano, Luigi Moio ha portato la sua Irpinia e lo ha fatto con gesti misurati, con l’esempio e con le eccellenze di Quintodecimo.
Quintodecimo non nasce per caso. È il frutto di un’idea maturata lentamente, come i vini del Professore. Tra i protagonisti delle masterclass che hanno dato lustro al calendario di avvenimenti per i festeggiamenti del sessentesimo anniversario dell'Associazione Italiana Sommelier, non poteva mancare la presenza di Luigi Moio. Figlio d’arte e innamorato della sua terra, ha concepito la cantina come un laboratorio intellettuale e agricolo insieme, un punto d’incontro tra il sapere scientifico e il rispetto per la natura. Dopo anni di ricerca e studio – tra cui un lungo soggiorno in Borgogna – ha scelto di tornare a Mirabella Eclano, in Irpinia, per costruire il suo progetto: fare vini che parlino il linguaggio del luogo, ma con la grammatica dell’eccellenza. I 34 ettari di vigneto di Quintodecimo sono ripartiti sulle tre denominazioni, ognuna con il suo clima e i suoi terreni: Greco di Tufo DOCG, Taurasi DOCG, Fiano di Avellino DOCG.
Metafisica del dettaglio
A Quintodecimo nulla è lasciato al caso. Ogni gesto, in vigna e in cantina, segue una logica rigorosa, ma mai rigida. I vigneti sono trattati con delicatezza, senza forzature né scorciatoie. Il vino nasce prima di tutto dalla cura dell’uva, dalla sua capacità di esprimere complessità senza eccessi, potenza senza scompensi. La cantina, scavata sotto casa, è un tempio del silenzio. Qui il vino riposa, si evolve, trova la sua voce. È un processo lento, calibrato, quasi musicale. Il tempo è un ingrediente fondamentale, così come il rispetto della natura: «Per me il vino è una cosa seria, ma estremamente semplice», sottolinea il Professore. «Il vino non nasce dalla tecnologia alimentare. Il vino è legato alla naturalità e lo si fa se si ha in testa un modello di vino e se abbiamo l’uva funzionale, idonea e coerente al progetto. Le attività in cantina sono di guida e di assistenza». Il terroir è l’insieme delle condizioni naturali del luogo - suolo, esposizione microclima - che interagiscono con la pianta. Un’esclusiva situazione geografica che è possibile intendere semplicemente come la terra nella quale la pianta vegeta, ovviamente curata dagli uomini, parte integrante del concetto di terroir. Il Moio-pensiero-credo è tutto qui, tatuato tra i filari delle sue vigne.
I bianchi: eleganza e precisione
La serata è iniziata con la degustazione di tre annate della Grande Cuvée Luigi Moio, la cui produzione si attesta intorno alle 6000 bottiglie all’anno: la sua firma in etichetta sottolinea il senso di appartenenza che ha con questo vino. Forse il suo quinto figlio, forse il suo grande amore: la moglie Laura non è affatto gelosa, compagna, complice e strenua sostenitrice del progetto del marito. Nasce dall’unione dei tre vitigni bianchi - greco, falanghina e fiano - che a Quintodecimo erano già stati prodotti nella versione monovarietale. In questa cuvée ciascuna delle parti fornisce un contributo superiore rispetto alla semplice somma dei tre, creando le condizioni per un’amplificazione olfattiva e gustativa del vino e per una sua maggiore longevità. Il greco, con la sua sottile trama tannica e la sua elevata acidità, apporta corpo e potenza, conferendo una elevata longevità al vino. La falanghina, con le sue delicate e fresche note fruttate, dona vivacità e leggerezza, trasmettendo tensione e progressione al sorso. Il fiano, vitigno dell’eleganza, offre delicate note floreali e balsamiche nei primi anni e lievi sentori salini, sino alle nuance fumé nella maturità. La percentuale delle tre uve è la seguente: 40% greco, 20% falanghina, 40% fiano. Il greco è ottenuto da una singola parcella della Tenuta del Giallo d’Arles situata a Tufo, centro della reale di produzione del Greco di Tufo DOCG: il suolo è marnoso-arenario con un elevato tenore di argilla e una buona dotazione di calcare, l’esposizione a sud-ovest, l’altitudine di 400 metri con una pendenza del 15%. La falanghina proviene dalla fascia mediana della piccola collina di Quintodecimo a Mirabella Eclano. Il suolo è sciolto con presenza di argilla, l’esposizione è a ovest e l’altitudine di 380 metri con una pendenza del 10%. Il fiano è una selezione della vigna dell’Exultet, situata a Lapio a 600 metri di altitudine, in uno dei punti più rinomati per la coltivazione del Fiano di Avellino DOCG. Il suolo, prevalentemente argilloso, è attraversato a circa 1 m di profondità da una fascia di lapilli che, per la loro porosità, favoriscono un costante apporto idrico alle viti. L’esposizione è a sud-ovest con una pendenza del 20%. Per quanto attiene alla vinificazione, dopo la raccolta manuale in piccole cassette da 15 kg, i grappoli d’uva vengono sottoposti a pressatura soffice. La fermentazione avviene per il 60% in barrique nuove di rovere francese e per il 40% in serbatoi di acciaio inox. Al termine della fermentazione, il vino affina per otto mesi sui lieviti, di cui sei dopo l’assemblaggio dei tre vini monovarietali. Dopo l’imbottigliamento, le bottiglie riposano per altri due anni in posizione orizzontale, nel caveau dell’azienda, consentendo al tempo di perfezionare le opere e permettendo al vino di raggiungere l’espressione più completa.
Grande Cuvée Luigi Moio 2023 (anteprima)
Il naso è delicato, testimonianza della vera ossessione per la totale pulizia del vino che è propria delle scelte enologiche del Professor Moio. Immediati sentori di albicocca, nespola, cipria, con una nota speziata dolce e un finale agrumato. Un naso elegante, riconoscibile: si tratta di un’annata non ancora in commercio, che verrà messa a scaffale a partire da settembre. L’ingresso al palato è largo, morbido nonostante il vino non abbia residuo zuccherino. Immediata la freschezza, legata anche al fatto che il vino non fa fermentazione malolattica e una grassezza al gusto dovuta esclusivamente all’uva. Avvolgente e rotondo al palato, in presenza di una bellissima struttura. Finale lunghissimo con un ritorno olfattivo preciso.
Grande Cuvée Luigi Moio 2022
Le sensazioni al palato sembrano essere più fresche della Cuvée 2023. Il colore è leggermente più filigranato e i profumi sono riconducibili a note mentolate e muschiate, in presenza di una moltitudine di erbe aromatiche essiccate. Il fruttato richiama la mandorla pelata, con una grassezza al palato inferiore rispetto al precedente, e un finale decisamente più fresco e marcato. Grande eleganza nella leggiadria di un sorso infinito.
Grande Cuvée Luigi Moio 2021
Anche in questo caso al naso immediate sono le note mentolate accompagnate da delicati rimandi al tartufo bianco, al muschio e a ricordi lievemente tropicaleggianti, tra banana e mango. L’ingresso al palato è piuttosto denso, con un’acidità che arriva immediatamente e che deterge. È un vino dalla texture vellutata e avvolgente, di piacevole rotondità, che sembra essere la corretta fusione tra le prime due espressioni.
I rossi: profondità, identità e tecnica sartoriale
La seconda parte della degustazione è stata un’immersione nella materia viva dell’aglianico, declinato secondo la visione Quintodecimo: potente ma mai sontuoso, articolato ma sempre leggibile. Il Grand Cru Luigi Moio Taurasi Riserva è il culmine di un pensiero e di una pratica enologica che non si accontenta di accompagnare il vino: lo plasma con cura quasi artigianale. Sono cinque gli ettari dedicati all’aglianico per una produzione di circa 3000 bottiglie a ettaro. Il Professor Moio racconta di un esperto di vino del passato definì questi vini come la fusione perfetta tra Bordeaux e Borgogna. Volendo a tutti costi realizzare un grandissimo vino è particolarmente fiero di questa definizione. In questo vino tutto è calibrato. La trama è fitta, setosa. I profumi si susseguono con ordine e profondità: amarena sotto spirito, erbe officinali, tabacco dolce, incenso. Un vino che si fa ascoltare in silenzio.
Grand Cru Luigi Moio Taurasi Riserva 2021 (anteprima)
Il vino sarà commercializzato a partire dal 1° dicembre 2025 e, per certi versi è immaturo, commenta il Professore. Al naso si avverte una leggera presenza di legno, accompagnata da note di incenso e di liquirizia, e spezie dolci come la cannella e l’anice stellato. È un ruolo importante quello giocato e interpretato dalla barrique durante l’élevage. Al palato, oltre all’immediata sensazione della perfezione nella gestione dell’alcol, tornano le note speziate e boisé accompagnate dalla frutta matura, come mirtillo e mora. Il tannino è presente ma è già setoso e per nulla allappante, con un finale leggermente talcato su note mentolate.
Grand Cru Luigi Moio Taurasi Riserva 2020
Più giocato sul frutto e sulla florealità, siamo in presenza di una componente vegetale marcata. Il vino tende a un percorso di eleganza, impreziosito com’è dal corredo di spezie e di erbe aromatiche essiccate: noce moscata, alloro, ricordi di fava tonka e di frutta secca, con un finale in chiusura già balsamico.
Grand Cru Luigi Moio Taurasi Riserva 2019
Si tratta dell’unico vino attualmente in commercio. È un Aglianico con il pedigree, un vino che guarda dritto negli occhi, con una profondità e una compattezza di naso molto interessanti dove prevalgono frutti sotto spirito e spezie mentre il palato viene letteralmente avvolto e accarezzato da tannini perfettamente integrati. È il vino più completo, che ha un effetto totalmente detergente al palato e una pulizia finale straordinaria chiudendo con note di torrefazione e chicchi di caffè.
Élevage: la maturazione come arte del tempo
Qui emerge uno degli aspetti più affascinanti della filosofia di Moio: l’élevage, ovvero l’evoluzione del vino nel tempo prima della sua uscita. Più che semplice invecchiamento, è un percorso quasi poetico. Ogni fase di affinamento è studiata per accompagnare il vino verso la sua forma migliore, con lentezza, in ascolto costante. L’élevage nei rossi di Quintodecimo è una sfilata di precisione. Barrique e tonneaux non sono strumenti per marcare il gusto, ma mezzi tecnici per stabilizzare, armonizzare, scolpire la materia. La barrique, in particolare, viene utilizzata come un bioreattore naturale che favorisce la polimerizzazione dei tannini, conferendo longevità, struttura e pulizia aromatica. È un uso colto, consapevole, che rifugge ogni omologazione e che rispetta l’identità del vitigno. Moio tratta l’élevage come una partitura musicale: ogni elemento ha il suo tempo, ogni nota il suo spazio. Non c’è fretta. Il vino si compone come una sinfonia, con equilibri che si costruiscono giorno dopo giorno, senza alcuna forzatura.
Il Vigneto Aureo di Luigi Moio: la matematica incontra la viticoltura
Si tratta di una vigna unica al mondo, progettata secondo la spirale di Fibonacci, celebre successione matematica che governa l’armonia di forme presenti in natura, dai girasoli alle galassie. L’ideatore di questa opera agronomica e artistica è Luigi Moio, che spiega che il vigneto si ispira alla sezione aurea, un concetto matematico e filosofico che da secoli rappresenta l’equilibrio e l’armonia estetica. «Per me, anche un grande vino non è semplicemente buono, ma è bello», afferma il Professore, definendosi un esteta della natura. La spirale aurea, infatti, non è solo un simbolo di perfezione formale, ma anche di rinascita, rispecchiando il ciclo vitale della vite che ogni anno si rigenera, dalla caduta delle foglie al risveglio primaverile. L’idea di questo vigneto prende forma durante il lockdown del 2020. In quattro anni, all’interno di un anfiteatro naturale di dieci ettari, Moio ha piantato una vigna circolare che raggiunge il diametro di circa 100 m. Al suo centro la spirale, ispirata a Fibonacci, che convoglia l’acqua piovana e rappresenta la connessione profonda tra razionalità e natura. Il vigneto è strutturato in sedici spirali, ciascuna composta da quattro filari di quattro varietà di uve: aglianico, greco, falanghina e fiano, per un totale di 784 piante. Ogni varietà è rappresentata da 196 piante disposte in modo che la loro successione rispecchi la scala decrescente del contenuto di composti coloranti. I filari sono orientati secondo i quattro punti cardinali e presentano una densità crescente man mano che si avvicinano al centro del vortice. Il Vigneto Aureo non è solo un’opera di design naturale, ma anche un modello sperimentale scientifico che confronta l’adattamento delle diverse varietà di vite a microclimi variabili in modo sistematico ma naturale. Il progetto ha anche un’importante funzione ecologica: la forma a spirale modera il ruscellamento dell’acqua piovana, fungendo da barriera naturale contro l’erosione del suolo. Le acque vengono poi canalizzate al centro della spirale e raccolte in una vasca per il suo riutilizzo. Dal Vigneto Aureo nasceranno ogni anno 233 bottiglie per ciascuna varietà, per un totale di 233 casse da quattro bottiglie. I numeri non sono casuali: 233 è un numero della successione di Fibonacci. I proventi delle vendite finanzieranno una borsa di studio per la ricerca scientifica, tramite una Fondazione dedicata. «Il vino è cultura», afferma Moio. «Va sorseggiato con consapevolezza, è un atto culturale e un mezzo per promuovere la bellezza della natura». E il suo Vigneto Aureo ne è la più poetica dimostrazione: un luogo in cui numeri e natura si fondono in un perfetto equilibrio, ricordandoci che l’agricoltura può essere anche arte e pensiero.
La voce del vino
Luigi Moio parla come scrive, e scrive come fa vino: con misura, profondità e visione. La sua narrazione non è mai tecnica fine a sé stessa, ma è sempre accompagnata da immagini, sensazioni, ricordi. I suoi vini sono figli, non prodotti. Il suo vocabolario è fatto di parole precise, ma mai fredde. Traspare una grande umanità nei suoi gesti e nei suoi racconti: ascoltandolo, si comprende immediatamente che Quintodecimo non è solo una cantina. È una visione che ha preso forma, in una tensione continua verso bellezza e autenticità. I vini di Quintodecimo non lasciano spazio all’indifferenza. Sono espressione di un progetto che mette al centro la coerenza, la competenza e il rispetto per il tempo. Luigi Moio prosegue il cammino nella direzione che ha tracciato, e chi assaggia i suoi vini non può fare altro che seguirlo, calice alla mano. «Per realizzare un sogno è necessario che stia nel cuore e possa arricchire di significato la nostra vita», così conclude il Professor Moio.
Noi prendiamo appunti.