Alla ricerca del dettaglio: il Brunello P#327 di Campogiovanni

Alla ricerca del dettaglio: il Brunello P#327 di Campogiovanni

Degustando
di Alessandro Franceschini
27 marzo 2025

Una singola particella che dà origine a una singola vasca con caratteristiche uniche e distintive. A Montalcino la nuova selezione ideata dall’enologo Leonardo Bellaccini

«Dalle nostre parti si dice che bisogna andare a cercare il filetto. Ecco, questo è quello che abbiamo cercato di fare con questo nuovo vino». Usa una metafora rustica ma sincera e che rende bene l’idea, Leonardo Bellaccini, storico enologo toscano con più di 40 vendemmie alle spalle a San Felice, in quel di Castelnuovo Berardenga nel Chianti Classico, per presentare il lavoro che ha portato alla creazione dell’ultimo nato nella tenuta Campogiovanni di Montalcino, anch’esso di proprietà del Gruppo Allianz.

Campogiovanni si trova vicino alla frazione Sant’Angelo in Colle, sul versante sud-occidentale di questo iconico territorio, e fu acquistata per volere dell’allora direttore Enzo Morganti verso il 1980. «Fu una delle tante idee visionarie di Morganti, dato che allora si vendeva Brunello grazie al Chianti Classico, e non certo viceversa». Dagli iniziali 9 ettari si è oggi giunti agli attuali 25, 14 dei quali riservati al sangiovese per la produzione di Brunello di Montalcino, con due ampliamenti della cantina, l’ultimo dei quali nel 2006.

Oltre il concetto di cru

«Abbiamo cercato una porzione di un singolo vigneto, cercando di andare oltre lo stesso concetto di cru» continua Bellaccini per spiegare la genesi di questo nuovo Brunello appena entrato in commercio e che si va ad aggiungere agli altri tre dell’azienda, vale a dire Le viti del 1976, la Riserva il Quercione e il Brunello annata. 

Leonardo Bellaccini«Da un vigneto di 6 ettari dal quale ricaviamo un sangiovese che solitamente usiamo per il Brunello di annata, abbiamo sempre vinificato separatamente tre parcelle in altrettante vasche, osservando evidenti differenze tra loro». Differenze in parte dovute alla diversa composizione del terreno di questa porzione di vigna che da una parte ha più argilla, dall’altra più sabbia, e in una piccola sezione che si chiama Vigna Alta un mix di questi due terreni. Ed è proprio da questa piccola particella di vigna, grande poco più di un ettaro, vinificata sempre separatamente dalle altre in una determinata vasca, che Bellaccini ha deciso di ricavare il nuovo Brunello di Montalcino denominato P#327. «Il numero 327 è quello del catasto Leopoldino al quale si riferisce questa piccola particella».

Nel bicchiere? Se il confronto, come ha senso fare, va fatto con il Brunello di pari annata, vale a dire 2020, che lo ha sempre contenuto al suo interno, la differenza è in effetti netta, a partire da un profilo olfattivo decisamente più fine, floreale, meno ricco e maturo nella parte fruttata rispetto al cugino, e caratterizzato da un palato dalla struttura sempre importante, ma con una grana del tannino certamente più sottile e dinamica. Questo al netto della vinificazione, pressoché identica: fermentazione alcolica in serbatoi di acciaio inox, macerazione di 15-20 giorni, maturazione in botti di rovere di 30 hl e 50 hl per un periodo tra i 30 e 36 mesi, affinamento in bottiglia di 12 mesi.  

«Oltre alla variazione di suolo, forse le differenze dipendono anche dalla presenza di cloni diversi, un aspetto che stiamo ancora cercando di capire». Circa 6000 bottiglie in commercio e un obiettivo: «cogliere il meglio del meglio, in una sorta di lavoro sartoriale» conclude l’enologo durante la presentazione alla stampa. «Questi sono i progetti che rendono il mio lavoro ancora attraente dopo tanti anni».