La complessità del Chianti Classico di Castellina nei cru di Tenuta di Bibbiano

Degustando
di Alessandro Franceschini
13 dicembre 2024
Due cru, due esposizioni opposte, due visioni differenti all'interno di una delle 11 Uga del Chianti Classico. L'incontro con Tenuta di Bibbiano, una delle più storiche realtà "gambelliane"
«Giulio Gambelli non ha eredi, ma ha lasciato i suoi valori a tanti». Tra questi c’è anche Tenuta di Bibbiano, dove quello che è tuttora considerato il più grande palato e cultore del sangiovese che sia mai esistito, è stato di casa dal 1942, quando era poco più di un adolescente, ma aveva già mostrato un talento fuori dal comune, sino al 2004.
«Da noi c’è una lapide dedicata a lui dove abbiamo scritto: è stato maestro, signore e amico» ricorda Tommaso Marrocchesi Marzi, quinta generazione della famiglia al timone di un'azienda storica del Chianti Classico, già contemplata nel catasto del 1498 della Decima Repubblicana.
Solo autoctoni e un clone di proprietà di sangiovese
Non si può che iniziare da quello era soprannominato “Bicchierino”, un autodidatta del vino ma unanimemente considerato da tutte le tante aziende con le quali ha collaborato, a partire da Biondi Santi, un enologo, per cercare di incasellare e definire lo stile dei Chianti Classico di Tenuta di Bibbiano.
L’azienda oggi produce circa 150 mila bottiglie all’anno divise in 10 etichette. Dei 220 ettari di proprietà, tutti certificati biologici, 40 sono dedicati alla viticoltura e 25 alla produzione del Chianti Classico. Una caratteristica della filosofia aziendale è certamente la presenza di soli vitigni autoctoni, a partire dal sangiovese, naturalmente, e poi da canaiolo, malvasia nera, ciliegiolo e colorino, mentre tra quelle a bacca bianca trebbiano, grechetto e malvasia del Chianti. Tra i lasciti di Gambelli vi è anche la presenza di un biotipo di sangiovese grosso, portato qui da Montalcino durante la metà degli anni Cinquanta. Selezionato con l’Università di Firenze, si tratta di un vero e proprio clone di proprietà che dal prossimo anno avrà un suo specifico codice e quindi sarà registrato a livello ministeriale.
La ricerca di uno stile sobrio ed elegante
«Noi cerchiamo tuttora di ottenere vini fini, eleganti, ideali nell’abbinamento a tavola». Si potrebbero definire anche “scorrevoli” o “fluidi di beva”, termini usati spesso dallo stesso Tommaso Marocchesi Marzi durante il nostro incontro a Milano, sebbene si corra forse il rischio di non esaltare, come invece meritano, interpretazioni di sangiovese che più che la sottrazione e la leggerezza, oggi ricercate da molti, inseguono un’armonia e una delicatezza del sorso presente solo nei veri vini di razza.
L'intelligente uso dei legni, una filosofia il meno interventista possibile in cantina, come Gambelli d’altronde professava, e in vigna (è tutto certificato biologico), la ricerca di un frutto sempre molto delicato, anche nelle annate più concentrate e calde, così cpme un’estrazione del tannino sempre molto "setosa", restituisce nel bicchiere vini che ben interpretano un angolo di Chianti Classico, quello di Castellina, difficile da ingabbiare in facili schematismi, vista l’enorme eterogeneità presente al suo interno.
L’eterogenità di Castellina in Chianti
«Castellina è paradigmatica della biodiversità del Chianti Classico» sostiene ancora Tommaso Marocchesi Marzi. «Al suo interno si trovano vigneron di stile borgognone e a salire, per dimensione, produttori medio-grandi, grandi e imbottigliatori». Una biodiversità, quindi, di persone e realtà produttive, ma anche di terreni, che trova una chiara testimonianza anche all’interno della stessa Tenuta di Bibbiano, una volta che ci si confronta con i due cru aziendali.
Le Vigne di Montornello e Vigna Capannino sono le due punte di diamante di questa Tenuta, prodotte intorno alle 15 mila bottiglie a seconda delle annate. Sono due Chianti Classico che ora escono sotto il cappello della Gran Selezione e che sono nati alla fine degli anni ’80 su intuizione di Pier Tommaso Marzi, padre di Tommaso, e naturalmente di Giulio Gambelli, desiderosi di alzare l’asticella della qualità e della percezione di questo terroir, soprattutto dopo lo scandalo del metanolo, sebbene non avesse colpito queste zone.
Se Castellina è una delle 11 UGA del Chianti Classico - approvate nel 2021 e pubblicate in Gazzetta ufficiale a luglio del 2013 –, la differenza dei vini ottenuti da questi due cru presenti a poca distanza l’uno dall’altro in una singola azienda di questo territorio, testimoniano quanto sia poi in realtà difficile, se non impossibile, generalizzare e comprimere sotto un unico cappello singole distintività di una stessa UGA. A maggior ragione nel caso di Castellina che, come emerso dal volume di Armando Castagno dal titolo "Castellina in Chianti, Territorio, vino, persone", custodisce al suo interno altre possibili 15 Unità Vocazionali, in alcuni casi molto dissimili tra loro.
Il Chianti Classico Gran Selezione denominato Le Vigne del Montornello, al plurale, proviene da diverse parcelle posizionate sul versante nord-est su terreni ricchi di sedimenti calcarei argillosi e la presenza di alberese, con tratti di sabbia e gesso. Fa più freddo qui e vini, solitamente, sono più introversi. C’è chi raccoglie prima per paura di grandini, ottenendo meno concentrazione, anche se non è il caso di Tenuta di Bibbiano. Sul versante che guarda alla Val d’Elsa, a sud-ovest, si trovano invece le vigne che danno origine al Chianti Classico Gran Selezione Vigna del Capannino: solitamente si ottengono vini più luminosi e ricchi, sebbene la maggior voluminosità del sorso e la tenacia dei tannini si indirizzino sempre lungo una direzione di finezza e sottigliezza che non deborda mai.
La degustazione
Sebbene nel nostro incontro ci sia stata la possibilità di testare anche il Chianti Classico di annata, in questo caso il 2022, il più prodotto dell’azienda, e a sorpresa anche il Bibbianaccio 2018, un IGT di sole 2000 bottiglie l’anno che vede in blend colorino (45%), malvasia bianca del Chianti e il trebbiano (5%), concentriamo la nostre note su due annate dei due cru, l’ultima, la 2021, presentata in anteprima.
Non che questi due vini non siano significativi dello stile di Tenuta di Bibbiano: il primo nasce da una combinazione di più parcelle e vigne aziendali, raccolte prima rispetto ai cru, che ben interpreta la filosofia di questa realtà, ovvero quella di offrire vini sempre molto delicati e grastronomici. Stesso discorso per il Bibbianaccio, più rustico e aggressivo, ma particolarmente sapido e piacevole al sorso.
Ma le due Gran Selezione, Vigna Capannino e Le Vigne del Montornello, offrono la possibilità di testare in modo concreto la differenza, a parità di uva, il sangiovese, e di lavorazione in cantina - fermentazione in vasche di cemento e un maturazione ancora sia cemento che poi in botti di rovere per circa 24 mesi mesi – quanto esposizioni, annate e terreni possano donare fotografie distinte di due vini prodotti a poca distanza l’uno dall’altro.
Chianti Classico Gran Selezione Vigna Capannino 2020
È un vino di grande espansività, appena versato nel bicchiere: note di ciliegia e amarena, ma anche di mora, tocchi di pepe nero e note mediterranee di pomodori secchi, dipingono un naso intenso, quasi potente rispetto allo stesso vino di annata più recente. Il sorso ha una acidità di ottima dinamicità e, nonostante un tannino fitto, ancora giovane, ma mai graffiante e scomposto, una “fluiidità” del sorso davvero molto piacevole.
Chianti Classico Gran Selezione Vigna Capannino 2021
Se la materia colorante è più trasparente, anche il naso ha un incedere decisamente più timido e quasi sobrio rispetto all’annata precedente. Note minerali, quasi ferrose, si alternano a frutti sempre di bella ricchezza e profondità, ma non esuberanti come nel 2020. Al palato la differenza è percepibile soprattutto nella trama tannica, più sottile, sorretta come sempre da un’acidità di ottima fattura.
Chianti Classico Gran Selezione Le Vigne del Montornello 2020
Sebbene nelle annate più calde e concentrate, come questa, la differenze tra i due cru tendano ad assottigliarsi, è indubbio come il timbro complessivo di questo cru sia meno esuberante del fratello posizionato a sud-ovest. Note di erbe aromatiche presenti anche nel millesimo 2021, lasciano spazio a piccoli frutti rossi come i lamponi e a una nota delicata nota floreale di violette, anche se meno evidente. Se l’acidità ha sempre una presenza importante, al palato la grana del tannino ha meno mordente e più sottigliezza rispetto al Vigna Capannino, donando al sorso grande scorrevolezza.
Chianti Classico Gran Selezione Le Vigne del Montornello 2021
È il miglior vino del quartetto, per eleganza e stratificazione della componente olfattiva: le note di alloro e rosmarino, che dipingono un quadro mediterraneo molto evidente appena versato nel bicchiere, si alternano a quelle floreali di lavanda e a tanti, delicati, piccoli frutti. Al palato ha una compostezza e signorilità coinvolgente, con tannini levigati e tesi al tempo stesso, a una succosità complessiva davvero coinvolgente. Bellissimo.