Ossigeno e sughero, sono sempre ottimi alleati della croatina?

Ossigeno e sughero, sono sempre ottimi alleati della croatina?

Degustando
di Alessandro Franceschini
31 gennaio 2025

All'Enoteca Regionale della Lombardia di Broni, Andrea Picchioni presenta un'innovativa sperimentazione sul suo Rosso d'Asia, con differenti chiusure e utilizzo o meno di ossigeno.

Sperimentazione e innovazione sono, o sarebbe meglio dire “dovrebbero essere”, un po’ l’anima di qualsiasi impresa che abbia l’ambizione di guardare al futuro con più serenità e con più frecce al proprio arco per affrontare sfide e cambiamenti. I quali, come ormai il mercato insegna, sono sempre più repentini e potenzialmente dirompenti. Lo sanno bene anche i produttori di vino che, da un po’ di anni a questa parte, devono trovare le contromisure nei confronti di diverse avversità, a partire da quelle climatiche, ma non solo.

Un argomento tecnico come la chiusura del vino, che non solo preveda l’utilizzo o meno del sughero, ma anche quello di una bottiglia satura o meno di ossigeno, è al centro di una sperimentazione che sta portando avanti da qualche tempo Andrea Picchioni, una delle punte di diamante della produzione di qualità in Oltrepò Pavese – 10 ettari e circa 80mila bottiglie all’anno – tra i più interessanti interpreti di un vitigno storico di queste colline come la croatina.

Il motivo di questa sperimentazione? «Più cose conosciamo, meno rischi corriamo. Questo vale per tutto» ci spiega con sicurezza Picchioni a margine di un evento che si è svolto recentemente presso l’Enoteca Regionale della Lombardia di Broni, in Oltrepò Pavese, proprio per testare il risultato di questa sperimentazione nel bicchiere, alla presenza di produttori locali, ma anche appassionati e sommelier, guidati dall’enologo dell’azienda, Giuseppe Zatti. 

Il vino in sperimentazione

Il vino scelto per questa ricerca è il Rosso d’Asia, non uno qualsiasi quindi perché fa parte delle Riserve dell’azienda. Porta il nome della figlia di Andrea Picchioni ed è una sorta di bonarda ferma, anche se preferisce non chiamarla così per non creare confusione con la più famosa versione frizzante, commercializzandola come un vino rosso generico. È frutto del blend di una severa selezione di croatina (90%) e ughetta del canneto (10%), allevate in biologico in uno storico areale come la valle Solinga. Dopo la fermentazione e la sosta in acciaio, matura per due anni in tini tronco conici da 40 ettolitri. Ancora un anno di affinamento in bottiglia ed poi è pronto per lasciare la cantina.

Le batterie in degustazione

Le prime tre bottiglie di Rosso d’Asia, tutte del 2020, si differenziano tra loro per la presenza o meno di ossigeno. Nel primo caso non ce n’è: attraverso l’immissione di azoto prima ancora di riempire la bottiglia con il vino, viene eliminato l’ossigeno. Quest’ultimo viene tolto anche nel cosiddetto "spazio di testa", in pratica il collo della bottiglia, dopo che è entrato il vino, prima della definitiva tappatura con il sughero. Nel secondo caso l’ossigeno viene tolto solo in quest'ultimo spazio, tra vino e tappo, sempre attraverso l’immissione di azoto e, infine, nel terzo caso l’imbottigliamento è classico, con ossigeno. 

Le seconda batteria, composta da altre tre bottiglie dello stesso vino ma questa volta dell’annata 2016, si differenziano solo per le differenti chiusure: tappo in sughero monopezzo da 54 mm, microagglomerato (Diam) e sintetico (Nomacorc).   

Quali differenze nel bicchiere?

A voler sintetizzare, e al netto di due annate ovviamente differenti, un po’ tutta la numerosa sala è stata concorde nel ritenere più giovani, e quasi in fieri in alcuni casii vini più "innovativi", ovvero nella prima batteria quelli senza e con poco ossigeno dell’annata 2020 e nella seconda quelli tappati con Diam o Nomacorc dell’annata 2016. Decisamente più pronti, soprattutto se confrontati con gli altri, e con profili organolettici che potremmo definire più "classici" – che quindi vanno incontro a quello che probabilmente un po’ tutti si aspettano da una croatina ferma, magari anche con qualche anno sulle spalle – i due vini con ossigeno della prima batteria e con tappo in sughero della seconda. 

Scendendo nel dettaglio organolettico, al naso spicca una dimensione del frutto meno matura e quasi più scorbutica nel caso delle versioni più innovative a fronte di una più ricca, anche nella stratificazione delle note olfattive, sebbene meno vibrante e quasi più stanca, presente nelle versioni classiche. Va di pari passo, in modo pressoché coerente con il naso, anche l’andamento dei vini al palato: più freschi, pimpanti, con tannini più scalpitanti e acidità più evidenti le versioni innovative, maggior compostezza, equilibrio e morbidezza in quelli più classici e normalmente in commercio.

Che fare?

Quali sono i migliori in questo momento? Difficile rispondere. Perché al di là del gusto personale, che varia in funzione di molti aspetti, a partire dalle preferenze del consumatore che ama la croatina e, in particolare, di quello abituato ad acquistare il Rosso d’Asia, forse non è neanche corretto rispondere in questo momento.

Di fatto l’obiettivo è ora fare sperimentazioni sulla croatina, varietà intimamente legata al territorio oltrepadano «e dove non ci sono studi da questo punto di vista» afferma ancora Picchioni. «La croatina è in grado di dare risultati straordinari se si è in grado di vinificarla bene, possono nascere grandissimi vini. Ma bisogna saperla trattare in cantina e in questo momento non è ancora valorizzata come potrebbe e dovrebbe».

Da qui l’idea di provare a percorre nuove strade per vedere cosa succede, per instillare il dubbio. A Picchioni, per sua stessa ammissione, piacciono le versioni che abbiamo definito “classiche” in questo momento – con ossigeno e con tappo a sughero – e come a lui anche a molti dei produttori che erano presenti in sala. «Probabilmente tra trent'anni i vini senza ossigeno diventeranno quelli più buoni – conclude Picchioni –. Ma prima dovremmo capire dove vogliamo andare e cosa vogliamo fare». Quesito assolutamente opportuno e necessario da porsi, non solo per Picchioni, ma probabilmente per tutti i produttori.