Ribona, orgoglio autoctono di Macerata

Ribona, orgoglio autoctono di Macerata

Degustando
di Davide Gilioli
22 dicembre 2023

Per decenni all’ombra del più celebre verdicchio e, più recentemente, di pecorino e passerina, la ribona, nota anche come maceratino, rappresenta una nuova riscoperta della viticoltura marchigiana, valorizzata da nuove tecniche colturali ed enologiche e dal coraggio di alcune cantine maceratesi che ne hanno perfezionato l’espressione

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 25 Novembre 2023

È ben noto, anche ai meno esperti, come all’interno dell’ampia base vitivinicola marchigiana vi siano numerosi vitigni bianchi d’eccellenza, a partire dal verdicchio, che vanta anche il record di vitigno a bacca bianca più premiato d’Italia, nonché pecorino e passerina, due varietà che negli ultimi 10 anni sono saliti alla ribalta del mercato. Ma avete mai assaggiato una ribona?

La storia e il territorio: agronomia ed enografia
La coltivazione della vite nelle Marche risale all’ VIII sec. a.C. e le varietà che nel tempo sono andate perdute sono molteplici. Anche se pochi ne hanno contezza, fin dagli anni Sessanta, tra le prime colline che guardano la costa e i rilievi che salgono verso l’Appennino, nel maceratese si coltiva un vitigno bianco denominato appunto maceratino o ribona. Questa uva, in passato nota anche con diversi sinonimi (montecchiese, uva stretta) è stata per anni confusa con greco, grechetto gentile e trebbiano (la provenienza è infatti molto probabilmente quella degli antichi vitigni importati in Italia dai primi coloni della Magna Grecia), ma recenti studi genetici hanno in realtà rivelato strette analogie con il verdicchio, seppure con caratteristiche agronomiche e di vinificazione differenti. Il legislatore lo riconosce e lo individua già nel 1975, inserendolo come una delle uve atte a produrre il Bianco dei Colli Maceratesi DOC, un disciplinare più volte rivisto e oggi ridenominato Colli Maceratesi DOC, dove al suo interno sono previste sia la tipologia Bianco (min. 70% ribona) sia la tipologia Ribona (min. 85% di questa varietà), potendo utilizzare come complementari tutti i vitigni bianchi ammessi alla vinificazione nella regione Marche. Ad oggi viene ufficialmente prodotto da 15 aziende diverse, principalmente dislocate nei due areali più vocati: la valle del fiume Chienti (che da Tolentino arriva a Civitanova Marche) e la valle del fiume Potenza (che da Macerata scende verso il mare Adriatico, tagliando in due le dolci colline collocate tra Recanati e Potenza Picena). La superficie coltivata è limitata, si aggira intorno ai 170 ettari, ma con una buona presenza di vigne vecchie (talune anche centenarie), in grado di dare – nelle versioni più affinate – struttura e soprattutto longevità a un vino che nell’immaginario collettivo ha sempre rappresentato un bianco “da taglio” o da bersi in annata. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata Colli Maceratesi DOC Ribona è arrivata solamente negli anni 2000, dopo diverse sperimentazioni e una lunga serie di analisi sensoriali portate avanti con pazienza e dedizione dai vari viticoltori del territorio maceratese con lo scopo condiviso di migliorare ulteriormente la denominazione iniziale Colli Maceratesi DOC e dare valore a questo antico vitigno a bacca bianca che lega fortemente storia, cultura e qualità organolettiche.

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Dall’uva al calice: produzione, caratteristiche organolettiche e abbinamenti gastronomici
La ribona è un vitigno che presenta un grappolo medio-grande, si caratterizza per una produttività abbondante e altamente resistente a parassiti e malattie fungine. Germoglia tardivamente – evitando le gelate primaverili – e normalmente matura intorno alla metà di settembre. Predilige suoli freschi e moderatamente fertili (in particolare quelli marnoso- calcarei), un clima ventilato e non eccessivamente caldo, ragione per cui soffre le aree troppo pianeggianti o assolate. Storicamente utilizzata come uva da taglio, nell’odierno disciplinare può essere vinificata anche in purezza, nelle diverse versioni: spumante, fermo e dolce. In cantina va lavorata con cura, perché tende a ossidarsi molto facilmente con conseguente perdita delle sue caratteristiche organolettiche. La ribona genera infatti vini di medio corpo, dal colore giallo paglierino tenue che assumono tonalità più dorate nella versione passito e in quelle sottoposte a più lunghi affinamenti. All’olfatto dominano fiori e frutta gialla, dalla ginestra alla camomilla, dagli agrumi alla pesca e all’albicocca. In bocca si distingue per una buona freschezza e una decisa sapidità, che lo rendono di piacevole beva grazie anche a una struttura piuttosto leggera. Nel finale può caratterizzarsi per un lieve sentore ammandorlato, a testimonianza di una parentela genetica con il verdicchio. Gli abbinamenti Sono numerose le soluzioni offerte dalla cucina locale, prevalentemente a base di pesce e di verdure. Lo spumante è perfetto in aperitivo, come accompagnamento ai salumi tradizionali marchigiani (il ciauscolo IGP, il salame Fabriano IGP o il prosciutto di Carpegna DOP) o a una frittura di paranza dell’Adriatico. Le versioni ferme d’annata si prestano bene a preparazioni a base di crudi di mare (sia carpacci che coquillage) o uno spaghetto alle vongole. Quelle più complesse e affinate trovano invece un perfetto connubio con il celebre stoccafisso all’anconetana (preparato con patate, pomodori, olive, acciughe e capperi) o con il pollo in potacchio (pollo cotto lentamente in un tegame con pomodori, olio, aglio, rosmarino e vino finché le carni non diventano morbide e il sugo prende la consistenza di una salsa). Infine, il passito è l’abbinamento imprescindibile per dolci tipici maceratesi quali i cavallucci di Apiro (gustosi dolcetti natalizi a forma di caramella, con un impasto a base di olio, vino bianco e farina, ripieni di mosto cotto e uvetta e spolverati di zucchero a velo) o il torrone biondo di Camerino.