Valtellina: radici eroiche nel paradiso degli inferi

Valtellina: radici eroiche nel paradiso degli inferi

Degustando
di Sara Missaglia
04 febbraio 2016

Tra le degustazioni offerte dal 49° Congresso nazionale AIS non poteva mancare la Valtellina: zona difficile, poco incline alla viticoltura e associata al lavoro, alla fatica, al sacrificio, all'amor proprio.

Un orgoglio nordico, che si declina nel nebbiolo, il vitigno principe della zona: un paesaggio fatto di rocce e dirupi, di terrazzamenti e di viti aggrappate ad un fazzoletto di terra. 

Quasi inaccessibile perché difficilmente raggiungibile, la Valtellina si compone di sentieri aspri tra filari stretti calpestati con pazienza solo dall'uomo, mani per raccogliere l'uva e spalle per trasportarla a valle. È qui che Ermanno Olmi ha girato nel 2009 il documentario "Le rupi del vino". In linea con l'enfasi che è stata data alle degustazioni del 49° Congresso dell'Ais, la cantina Arpepe propone una verticale di Sassella Rocce Rosse. Sono Emanuele e Guido Pelizzatti Perego con la regia di Guido Invernizzi, a raccontarci in una sala gremita di intenditori e appassionati la storia della cantina e parlarci di questo vino.

Emanuele Pellizzati Perego e Guido Invernizzi In una Valtellina, che negli anni '70 aveva tremiladuecento ettari vitati oggi ridotti a meno di ottocento, la famiglia Pelizzatti Perego fa vino dal 1860, ed oggi siamo alla quinta generazione. L'azienda ha vissuto momenti diversi, dove storia enologica e divergenze familiari si sono intrecciate fino a portare nel 1984 alla nascita del nuovo marchio Arpepe, acronimo di Arturo Pelizzatti Perego. Il passato appartiene alla cantina Arturo Pelizzatti, che aveva dimensioni molto diverse rispetto alle attuali: sino al 1973 era il più grande produttore in Valtellina, all'epoca aveva quasi cinquanta ettari tra proprietà e affitto oltre a 470 conferenti. Nel 1984 il papà Arturo segue un percorso diverso rispetto al marchio storico e riacquistando la cantina della famiglia in zona Grumello, riparte da solo e da zero con una produzione selettiva e limitata ma responsabile e qualitativamente diversa. L'obiettivo era di esaltare le potenzialità del terroir puntando alle grandi riserve, prodotte seguendo la tradizione più antica. Il Rocce Rosse è infatti il primo vino di Arturo, che vede il "suo" Sassella come massima espressione del territorio valtellinese. Un frutto raro, prezioso e ineguagliabile, che guarda al futuro con benevolenza e complicità.

Anche all'epoca del nonno Guido le grandi riserve avevano diversi anni di invecchiamento: è Emanuele che ne spiega la ragione: "Il nebbiolo valtellinese, la chiavennasca, ha bisogno di tempo per esprimere al meglio il terroir".

La prima bottiglia di Sassella Rocce Rosse, vendemmia 1984, debutta sul mercato solo nel 1990, dopo cinque anni di botte grande ed uno in bottiglia; Arturo, coerente e testardo come lo ricordano i figli, rimane fedele all'idea iniziale, lontano da obiettivi di cassa e dalla confusione delle mode: i vini di Arpepe, oggi come allora, sono vini unici, riconoscibili, che raccontano le proprie radici.

Il sassella Rocce RosseRocce Rosse è il cuore pulsante del Sassella: uve perfette, rese limitate, lavorazioni manuali, lieviti autoctoni, legni nobili per materia e dimensioni ed appassimento in pianta, se il clima lo consente. Il terroir nel lungo invecchiamento regala un'espressività unica che poche altre zone al mondo riescono ad esprimere. La Valtellina sembra poter fare delle micro vinificazioni per singolo vigneto: una piccola Borgogna con un'area vitata dai 300 fino ai 700 metri di quota. In quel grande pannello solare che è la valle, ogni muretto a secco esprime un gradiente geotermico ed un'intensità luminosa differenti: il vino ne diventa espressione, differenziandosi in misura considerevole per concentrazione di profumi, struttura ed alcol, anche se prodotto nella medesima sottozona. È lo stesso concetto di sottozona, ci spiega Emanuele, ad essere oggi del tutto superato: più coerente e veritiero è parlare dei cru aziendali, di singole vigne dove è possibile amplificare, valorizzare e comunicare le differenze.

Carattere versatile e seducente, la freschezza minerale e la piacevole persistenza di questi vini chiamano il cibo: il nostro pensiero insegue abbinamenti della tradizione regionale, da piatti di grande struttura come risotto ai funghi o con il bitto, a carni rosse o cacciagione come camoscio o cervo.

Oggi la cantina storica della famiglia, scavata sotto i vigneti, è stata rinnovata ed integrata con nuovi spazi e tecnologie che consentono il controllo della temperatura sfruttando l'energia geotermica: vocazione ecosostenibile che guarda al futuro rendendo omaggio ad un passato che ha fatto la storia. Isabella, Emanuele e Guido hanno ricevuto il testimone dal papà e, come ai tempi di Arturo, continuano a fare un vino che esprime anima e nostalgia, geloso custode dei ricordi. Guido Invernizzi è un cantastorie che dà forma all'idea romantica dell'eroismo enologico, mentre Emanuele e Guido ci conquistano per la loro chiarezza, semplicità ed efficacia nel comunicare i valori e la filosofia della cantina. Li abbiamo ascoltati in silenzio, immersi nell'intensità del vino e nella generosità delle loro parole. Non c'è un briciolo di incertezza nel loro incedere, limpidi e forti dell'umiltà e della forza della loro terra, rispettosi e riconoscenti dei luoghi di origine: nulla di fuori posto, esattamente come i loro vini.

Tutti i premi conferiti ed il fatto che il Rocce Rosse periodicamente venga annoverato tra i top wine del mondo non li hanno cambiati: l'obiettivo è quello di sempre, solo vini di qualità, perché la qualità è l'unico percorso che conoscono.

Lasciamo la sala orgogliosi per aver partecipato a qualcosa di speciale e indimenticabile, ed il tintinnio dei calici scandisce un tempo leggero che non ha confini. Siamo in Valtellina, ed è solo poesia.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

I commenti dei lettori