Novità dai disciplinari di produzione. Le ultime modifiche del 2022

Novità dai disciplinari di produzione. Le ultime modifiche del 2022

Diritto diVino
di Paola Marcone
24 gennaio 2023

Nell’anno appena concluso sono state approvate modifiche a nove disciplinari di produzione. Di quelle pubblicate in Gazzetta Ufficiale nel primo quadrimestre abbiamo già parlato; vediamo ora cosa è accaduto sul finire del 2022.

Dopo Etna DOC, Rosso Conero DOC, Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, Vin Santo del Chianti Classico DOC e Verdicchio di Matelica DOC (vedi qui), nel 2022 altri quattro areali di produzione hanno visto mutare alcune parti dei relativi disciplinari.
In alcuni casi le novità appaiono significative, tenendo conto di aspetti fortemente radicati nel territorio o delle condizioni climatiche. Altre modifiche invece attengono più a questioni tecniche e sono secondarie.

ROMAGNA DOC

È del 26 maggio 2022 il Decreto ministeriale di approvazione delle modifiche che inserisce nuove tipologie di vini nella denominazione e individua sedici Sottozone al posto delle precedenti Menzioni Geografiche Aggiuntive (normativamente ora chiamate Unità Geografiche Aggiuntive).

L’articolo del revisionato disciplinare che tratta del legame tra i fattori geografici, ambientali, storici e umani del territorio tutelato e i vini che ne sono espressione chiarisce, inequivocabilmente, come nell’areale sia ormai evidente un interesse delle piccole-medie aziende vitivinicole ad una produzione più qualitativa e, quando possibile, maggiormente legata alle peculiarità specifiche del territorio di produzione.”.

Questo non solo per la tradizionale viticultura legata al Sangiovese, ma anche per “la presenza di vitigni bianchi di pregio nelle zone di Modigliana, Castrocaro, Longiano, Brisighella ed Oriolo”, confermata dal “rinvenimento di testimonianze antiche che spaziano tra il 1500 e il 1900”. 

Tra le novità viene sottolineata l’efficacia della valorizzazione del Centesimino a Oriolo, come vino di quel preciso “terroir”, dove “si coltiva perlomeno dal Secondo Dopoguerra tale vitigno, il cui vino era tenuto in altissima considerazione dalla locale comunità rurale e dalle genti dei dintorni. Inizialmente chiamato Savignon e bevuto soprattutto per le occasioni speciali, per evitare confusione, poi, il vitigno è stato registrato con il nome di Centesimino e dal 2004 rientra nei vitigni idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna.”.

È stato poi dato rilievo alla diffusione del Famoso, un vitigno di antica coltivazione romagnola, specificandosi come “Intorno al 2000 sono stati segnalati due vecchi filari di viti, in zona Mercato Saraceno (FC), che il proprietario indicava con il nome di Famoso. La conservazione in situ del vitigno, deve essere messa in relazione con la sua espressione in quell’ambiente e col fatto di essere divenuta una componente della tradizione viti-vinicola locale.”.

Proprio le appena descritte considerazioni riportate nel nuovo disciplinare quindi sono state alla base dell’introduzione di altre tipologie di vini, ma soprattutto dell’individuazione di specifiche Sottozone nell’areale.

Quanto alle nuove tipologie, accanto ad Albana spumante dolce, Bianco spumante, Rosato spumante, Cagnina, Pagadebit (anche nella versione frizzante), Sangiovese (anche con la specificazione novello e riserva), Sangiovese passito, Sangiovese superiore (anche con la specificazione riserva) e Trebbiano (anche nella versione frizzante e spumante) sono ora stati introdotti:

  • il Bianco e il Bianco Frizzante con base Trebbiano Romagnolo minimo 70% ed eventualmente Albana, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio, Bombino bianco, Garganega, Grechetto gentile, Riesling renano, Riesling italico, Sangiovese, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%, nonché i vitigni Manzoni bianco, fino ad un massimo del 10%, e Famoso, fino ad un massimo del 5%;
  • il Rosato e il Rosato Frizzante ossia Sangiovese minimo 70% ed eventuale saldo con Albana, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio, Bombino bianco, Garganega, Grechetto gentile, Riesling renano, Riesling italico, Merlot e Uva Longanesi, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%, nonché i vitigni Manzoni bianco, fino ad un massimo del 10%, e Famoso, fino ad un massimo del 5%; 
  • il Rosso con Sangiovese minimo 70% ed eventualmente saldo con tutti i vitigni a bacca di colore analogo non aromatici, idonei alla coltivazione in regione Emilia-Romagna, fino ad un massimo del 30%.

Quanto alle sedici Sottozone deve prima di tutto ribadirsi come queste siano state previste in sostituzione delle precedenti Menzioni Geografiche Aggiuntive, con evidente fine di sottolineare più incisivamente non solo l’aspetto geografico di quelle specifiche aree ma soprattutto di regolamentarne più restrittivamente gli aspetti produttivi.

In un nostro precedente approfondimento (vedi qui) avevamo trattato proprio il tema delle caratteristiche che accomunano e differenziano il concetto di Sottozona e di Unità Geografica Aggiuntiva (che hanno normativamente sostituito le Menzione Geografiche Aggiuntive).

Qui ricordiamo solo come le similitudini consistono nella necessità, in entrambi i casi, di una loro espressa previsione da parte del disciplinare di produzione e nell’altrettanto necessaria correlazione ad una denominazione di origine mentre per il resto le Sottozone sono aree espressamente delimitate con peculiarità ambientali o tradizionalmente note; sono designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo e non solo devono essere espressamente previste dal disciplinare ma devono anche essere regolamentate in modo più rigido, mentre le Unità Geografiche Aggiuntive sono sì aree più specifiche sempre espressamente delimitate all’interno di una denominazione di origine che possono corrispondere a comuni, frazioni, zone amministrative o aree geografiche locali; devono essere elencate in apposite liste allegate ai disciplinari;  comportano necessariamente che il vino prodotto sia vinificato separatamente e appositamente rivendicato nella denuncia annuale di produzione delle uve, ma nelle quali non rilevano differenze produttive come nelle Sottozone.

Con la modifica del disciplinare di produzione Romagna DOC, quindi, le aree ora espressamente individuate con la Sottozona non indicano più un semplice riferimento geografico, aggiuntivo appunto rispetto al più ampio areale, ma zone in cui la produzione segue principi più restrittivi.

Entrando nello specifico sono ora Sottozone le precedenti:

  • “Bertinoro” ancora Sangiovese (anche riserva) con minimo il 95% ed eventualmente altri vitigni a bacca nera idonei fino ad un massimo del 5% oppure ancora Pagadebit (anche frizzante) con base Bombino bianco minimo 85% e fino ad un massimo del 15%, di altri vitigni a bacca bianca idonei;
  • “Brisighella” ancora Sangiovese (anche riserva) con il vitigno al minimo del 95% ed eventualmente altri vitigni a bacca nera idonei fino al 5%. La modifica del disciplinare ha però anche aggiunto la tipologia “Romagna” Bianco Brisighella con Trebbiano minimo 60% ed eventualmente Albana e Chardonnay da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 40%; 
  • “Castrocaro” ora Sottozona ma non più accompagnata dall’ulteriore dicitura “Terra del Sole”. La tipologia Sangiovese (anche riserva) con un minimo del 95% e saldo di altri vitigni a bacca nera idonei fino ad un massimo del 5% è stata affiancata dalla versione “Romagna” Bianco Castrocaro (Albana minimo 60% con Trebbiano fino ad un massimo del 40 % da solo o congiuntamente ad altri vitigni a bacca bianca idonei massimo al 5 %);
  • “Longiano”, che accanto alla versione Sangiovese (anche riserva), sempre minimo il 95% e saldo al 5% di altri vitigni a bacca nera idonei, vede ora affiancare la tipologia “Romagna” Bianco Longiano con Trebbiano minimo 60% Albana e Chardonnay da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 40 %;
  • “Modigliana”, che in aggiunta al Sangiovese (anche riserva) minimo il 95% e saldo al 5% di altri vitigni a bacca nera idonei ora affianca la tipologia “Romagna” Bianco Modigliana con Trebbiano minimo 60% e Chardonnay e Sauvignon bianco da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 40 %;
  • “Oriolo”, che affianca al Sangiovese (anche riserva) minimo il 95% e saldo al 5% di altri vitigni a bacca nera idonei, la tipologia “Romagna” Bianco Oriolo (Trebbiano minimo 70% con Albana fino ad un massimo del 30 % da solo o congiuntamente ad altri vitigni a bacca bianca idonei fino ad un massimo del 5%) e la tipologia “Romagna” Centesimino Oriolo, anche Riserva, Passito e spumante rosato o rosè (Centesimino minimo il 95% con altri vitigni a bacca nera idonei massimo al 5%);
  • “Cesena”, “Meldola”, “Marzeno”, “Predappio” e “Serra” ora Sottozone rimaste invariate quanto alla composizione ampelografica con la tradizionale versione Sangiovese (anche riserva) minimo il 95% e saldo massimo del 5% di altri vitigni a bacca nera idonei;

A queste undici Sottozone già MGA, che mantengono il toponimo in uso, il disciplinare ha aggiunto poi “Mercato Saraceno”, mutando il nome precedente della MGA “San Vicinio” e mantenendo la base ampelografica per quanto riguarda la versione Sangiovese (anche riserva) con il consueto minimo 95% e saldo massimo del 5% di altri vitigni a bacca nera idonei. In più ha ulteriormente previsto la versione “Romagna” Famoso Mercato Saraceno, anche spumante, con Famoso minimo 95% e altri vitigni a bacca bianca fino ad un massimo del 5%. 

Il nuovo disciplinare inoltre ha introdotto ex novo altre quattro Sottozone, tutte con medesima base ampelografica, ossia, per le tipologie Sangiovese anche riserva, il tradizionale Sangiovese minimo 95% con saldo eventuale massimo al 5% di altri vitigni rossi idonei. 

Si è infatti specificato da una parte come “Il censimento dell’agricoltura del 2010 attesta una superficie vitata complessiva in provincia di Bologna pari a 3932 ettari, di cui 1039 (il 26%) sono coltivati a Sangiovese; di questo il 70% si colloca a sud della via Emilia, a testimoniare l’abbondanza nonché la qualità di questo vitigno nel territorio di Imola” e si è evidenziato sotto altro profilo come “nel Riminese, il Sangiovese è stato coltivato intensamente fino al 1860, poi è stato abbandonato perché tacciato di possedere poca alcolicità. Successivamente si è ripreso a coltivarlo, notando che le diverse sommatorie termiche riscontrabili nelle vallate che arrivano sulla costa di Rimini, nonché i diversi suoli, creano alcune differenze sul vino che in esse si produce” 

Ecco allora che la denominazione oggi contempla anche le Sottozone:

  • “Imola”, dove “a fine 700, il Sangiovese era già un elemento caratterizzante del territorio”;
  • “Coriano”, appena alle spalle del mare, dove “con le sue argille grigie e la sua buona esposizione, vi si ottengono vini di Sangiovese più strutturati e adatti all’invecchiamento”;
  • “San Clemente”, individuato come “l’areale più caldo del Riminese, con i suoi gessi e le argille più colorate, con vini di struttura, ma anche con una buona tensione acida”;
  • “Verucchio”, zona sulle pendici dei colli della Valmarecchia dove “si ottengono vini di maggiore beva”.

GARDA COLLI MANTOVANI DOC

Questa denominazione ha introdotto nuove tipologie, menzioni e specificazioni.

Pur trattandosi di un areale non così conosciuto, le modifiche risultano interessanti, perché ancorate, secondo quanto spiegato nel nuovo disciplinare, all’esigenza di una sempre più ricercata qualità da parte della comunità vitivinicola, orientata a trarre il meglio dal patrimonio ampelografico storicamente radicato nel territorio con particolare riguardo all’aspetto climatico della zona.

Nell’articolo dedicato al legame geografico con il territorio infatti viene sottolineato che I vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate e corrispondenti ai vitigni utilizzati anche per le tradizionali tipologie bianco e rosso seguite dalle menzioni tradizionali come vendemmia tardiva, superiore, riserva e passito. La tipicizzazione legata al territorio è evidente e necessaria per raggiungere le caratteristiche descritte nel disciplinare anche per le nuove menzioni in particolare per i vini bianchi la vendemmia tardiva è una pratica comune dettata dall’andamento climatico della zona che consente ampie escursioni climatiche e umidità regolate dall’influsso delle correnti del Lago di Garda , lo stesso dicasi per le maturazioni più spinte per le uve destinate alla produzione della tipologia passito, la cui pratica di appassimento delle uve sui graticci è in uso tradizionalmente in tutta l’areale gardesano che scorre lungo il fiume Mincio a confine tra Lombardia e Veneto.”.

Per quanto riguarda i vini tutelati vengono riorganizzate le versioni e le basi ampelografiche, contemplandosi ora:

  • “Garda Colli Mantovani” bianco, a cui sono state aggiunte le versioni passito, vendemmia tardiva e riserva con una percentuale di Garganega massima salita dal 35 al 40% e la specificazione che il Trebbiano può essere di Soave (o Turbiana) e/o Trebbiano giallo e/o Trebbiano Toscano con una percentuale massima da soli o congiuntamente allo Chardonnay del 60%.

È possibile comunque anche l’utilizzo di altri vitigni, eventualmente aromatici, a bacca bianca o nera ma vinificati in bianco, fino al 20% (se aromatici massimo 5%);

  • “Garda Colli Mantovani” rosso, anche con le ulteriori versioni superiore e riserva, e “Garda Colli Mantovani” non più genericamente rosato ma Chiaretto.

Per entrambe queste tipologie la base ampelografica è ora Cabernet (Cabernet franc e/o Cabernet sauvignon e/o Carmenère), Merlot, Rondinella da soli o congiuntamente per almeno l’85% con saldo eventuale del 15% massimo di altri vitigni a bacca nera ma non aromatici.

Sia per i vini “Garda Colli Mantovani” rosso superiore che per quelli bianco passito è consentito in tutto o in parte l’appassimento delle uve in pianta o, dopo la raccolta, su stuoie, graticci, cassette o appositi contenitori in ambienti idonei, con un periodo di fermentazione e rifermentazione delle uve ammesso sino al 30 giugno successivo alla vendemmia.

Le riserve, poi, devono essere sottoposte ad invecchiamento minimo di due anni di cui almeno sei mesi in bottiglia per la tipologia rosso e minimo di un anno per la tipologia bianco, a far data dal 1 novembre dell’anno di vendemmia.

Dall’elenco delle tipologie previste, infine, sono state eliminate tutte le versioni “Garda Colli Mantovani” con indicazione di vitigno (erano previsti Merlot, Cabernet, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Sauvignon) e viene indicato in 4000 il numero minimo di ceppi per ettaro, mentre, sul presupposto del dare particolare attenzione ai mutati aspetti climatici che influenzano la viticoltura anche della zona, è interessante notare come il nuovo disciplinare specifichi che l’irrigazione è pratica ammessa per il soccorso, senza essere però più limitata a massimo “due volte all’anno, prima dell’invaiatura” come era nel precedente testo.

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCG

La denominazione già nel 2020 aveva visto modificare il disciplinare (vedi qui).

Se allora si era trattato di un intervento in comune con le denominazioni Rosso Montepulciano DOC e Vin Santo di Montepulciano DOC, voluto dal Consorzio di Tutela che rappresenta tutte e tre le denominazioni e che ha ottenuto l’inserimento nei relativi disciplinari dell’obbligo di indicare nell’etichettatura il termine geografico “Toscana”, la modifica approvata nel 2022 è ancor più tecnica.

Si è trattato infatti solo di eliminare alcune prescrizioni relative all’adeguamento della base ampelografica, ammessa transitoriamente all’indomani dell’approvazione del disciplinare nel 2010.

TINTILIA DEL MOLISE DOC

Anche la modifica al disciplinare della piccola denominazione molisana non ha particolare rilievo, ma la registriamo puntualmente. 

L’unico intervento ha riguardato la norma sulla vinificazione, semplicemente ampliandosi le zone in cui è possibile effettuare le relative operazioni, compreso l’invecchiamento.

A quelle dell’areale di produzione infatti sono stati aggiunti i limitrofi territori dei comuni di Campomarino e Termoli in provincia di Campobasso.