Bolgheri, un laboratorio di equilibrio
Interviste e protagonisti
di Giuseppe Vallone
05 novembre 2025
Tra nuove sfide climatiche, mercati incerti e mutamento dei consumi, le aziende della denominazione si muovono con coesione e pragmatismo. Ne parliamo con Daniele Parri, direttore del Consorzio locale, presente al recente banco di assaggio organizzato da AIS Monza e Brianza
Nel panorama del vino italiano, pochi luoghi riescono a esprimere con tanta coerenza il dialogo tra natura, tecnica e cultura come Bolgheri. Oggi, a vent’anni dall’esplosione internazionale del suo nome, la denominazione si conferma un modello di compattezza e maturità.
Ne abbiamo parlato con Daniele Parri, da un anno Direttore del Consorzio di Tutela Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, per capire in quale direzione si stia muovendo il territorio e come le aziende si stiano preparando ad affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, dai dazi internazionali e dalla contrazione dei consumi.
L’occasione è stata il bell’evento organizzato dalla delegazione di AIS Monza e Brianza lo scorso 27 ottobre presso Villa Borromeo di Arcore.
Una navigazione consapevole e pragmatica
In un momento storico segnato da forti pressioni, dentro e fuori il mondo del vino, tra tensioni internazionali e contrazione dei consumi, è naturale chiedersi in quale direzione si stiano muovendo gli sforzi di un territorio votato all’eccellenza e con decisa vocazione all’export come Bolgheri.
Parlando con Parri emerge la piena consapevolezza delle difficoltà, unita però — tanto a livello consortile quanto nelle singole aziende — a un deciso pragmatismo che si traduce in un’azione ampia, equilibrata e lucida. «L’obiettivo è mantenere la qualità e l’eccellenza territoriale in un contesto sociale ed economico complesso. Viviamo un momento fatto di alti e bassi, ma la nostra forza è la coesione: realtà diverse per dimensioni e storia, unite da un progetto comune».
Il Consorzio, in questo scenario, svolge un ruolo di cabina di regia, offrendo strumenti e analisi per orientare le scelte, ma sono le aziende — grandi e piccole — a muovere la denominazione, interpretando con sensibilità le sfide dei mercati e del clima. Una compattezza che diventa metodo, quasi un tratto identitario. «Le aziende più piccole si sono sempre ispirate alle grandi, e questo ha creato un equilibrio interno che si riflette anche all’esterno: nel modo di comunicare, di gestire i vigneti, di confrontarsi sui mercati».

Nuovi consumatori, vecchie domande
Il consumo di vino sta cambiando: i giovani bevono meno e il mercato chiede vini più freschi e immediati. Per Bolgheri, simbolo di rossi eleganti e strutturati, la sfida è culturale prima che stilistica. «Non bisogna farsi prendere dal panico» sottolinea Parri. «Il vino non è un prodotto di moda: è un’espressione territoriale, culturale e sociale. Già negli anni ’90 si parlava di crisi dei consumi e di attenzione alle diete alimentari che, allora come oggi, si stavano imponendo. Ma il vino ha saputo ritrovare la sua centralità. Oggi servono pragmatismo, riflessione e capacità di leggere i cambiamenti».
Mercati e prospettive globali
Da sempre proiettata all’estero, la denominazione sta ridefinendo i propri equilibri commerciali. «Oggi il primo mercato non sono gli Stati Uniti, che restano comunque fondamentali, ma la Svizzera, l’Austria e la Germania, che insieme rappresentano la quota principale. L’Italia, d’altro canto, è sempre più importante, perché è riconosciuta come uno dei poli mondiali del vino.»
La strategia non è commerciale, ma culturale. «Il Consorzio non vende, ma forma, offrendo strumenti, dati e supporto ai soci, aiutandoli a leggere il mondo e a muoversi nei mercati emergenti, dal Nord Europa all’Asia. Paesi come il Giappone o la Corea del Sud mostrano crescente curiosità per i vini italiani, mentre la Cina resta un mercato da affrontare con preparazione e sensibilità».
Un piccolo territorio, una grande qualità
Con poco meno di 1379 ettari vitati e una produzione annua di circa sette milioni di bottiglie (dati 2024), Bolgheri rappresenta solo il 2,2% della superficie vitata toscana, ma vanta una delle qualità medie più alte del Paese.
Un risultato frutto dell’esperienza dei vignaioli e di una cultura produttiva diffusa, sostenuta da un patrimonio viticolo che sta entrando ora nella sua maturità: «l’età media dei vigneti è di 15 anni — spiega Parri — una fase di piena espressività». In una degustazione come quella che ha ospitato la nostra conversazione è raro trovare un vino che non tocchi l’eccellenza. «Il livello medio è altissimo e il lavoro di squadra funziona».
Il ritorno del vermentino e la vocazione mediterranea
Alla nascita della denominazione, Bolgheri aveva una forte connotazione bianchista. Oggi quel retaggio torna a farsi spazio, con il vermentino a guidare la rinascita: copre circa un decimo del vigneto e incide per oltre il 13% sulla produzione complessiva.
«È un’uva mediterranea che parla naturalmente la lingua del territorio. Una riscoperta coerente con la nostra identità costiera e con l’interesse crescente dei consumatori verso i bianchi.»
La comunità produttiva, compatta e interconnessa, resta il motore di questa evoluzione: «C’è un grande scambio tra aziende, dai produttori più tradizionali ai più innovativi. Questo confronto continuo è la linfa vitale del territorio».
Ospitalità e cultura
A Bolgheri il vino non è solo economia, ma cultura diffusa. Il territorio coincide con il comune di Castagneto Carducci, dove il comparto vitivinicolo plasma la vita quotidiana. «L’indotto è ampio: turismo, ristorazione, ospitalità. Le aziende riconoscono l’importanza di un principio chiaro: chi beve Bolgheri deve venire a Bolgheri. Solo qui si capisce davvero il nostro vino».
Clima mite, paesaggio armonico e stagioni sempre più lunghe contribuiscono a una crescente attrattiva turistica, che si riflette positivamente sull’immagine e sull’economia locale.
Cambiamento climatico: reagire con conoscenza
Le annate sono sempre più variabili, ma la risposta del territorio è la preparazione. «Non esiste una ricetta unica. Ci sono annate calde come la 2017 o la 2022, e altre più umide e complesse. Bisogna avere tante frecce al proprio arco, adattarsi e condividere esperienze.»
Il confronto continuo tra produttori è la chiave. «Bolgheri è un piccolo anfiteatro naturale, con colline, pianure e brezze marine che mitigano il clima. Questa diversità, unita alla coesione del gruppo, ci permette di reagire insieme e preservare la qualità».
Un futuro scritto nella coesione
Alla fine, Bolgheri si conferma un territorio maturo, ma tutt’altro che statico.
«È un luogo vivo» conclude Parri, «dove tradizione e innovazione convivono ogni giorno. Il nostro compito è crescere nella qualità e nella consapevolezza, restando fedeli a ciò che siamo: un’eccellenza italiana riconosciuta nel mondo, capace di coniugare coesione, prospettiva e identità».
