L'Intervista a Luca Daniel Ferrazzi

L'Intervista a Luca Daniel Ferrazzi

Interviste e protagonisti
di Alessandro Franceschini
19 novembre 2008

Il nuovo Assessore alla Agricoltura della Regione Lombardia Luca Daniel Ferrazzi, incontra Ais Lombardia

Dopo il cambio di guardia (da Viviana Beccalossi a Luca Daniel Ferrazzi), abbiamo deciso di far visita al nuovo Assessore alla Agricoltura della Regione Lombardia, Luca Daniel Ferrazzi, classe 1968, tributarista. L’intervista è avvenuta negli uffici regionali di via Pola a Milano il 9 settembre 2008.



Cosa ne pensa della struttura generale della riforma OCM vino? Alcuni pensano sia stato un compromesso, per altri, non dico una disfatta, ma comunque una cessione su molti punti.

Sicuramente, pur non avendo seguito tecnicamente lo sviluppo dell’OCM vino, emerge che è stata un’operazione di grande compromesso tra i paesi della Comunità Europea. L’Italia non ha avuto dall’OCM vino una situazione di privilegio. Tre le occasioni mancate c’è sicuramente quella per lo zuccheraggio dei mosti, che era una questione importante. A causa dell’opposizione dei paesi del nord Europa non è passata e questa, credo, è stata un’occasione persa. Non ne faccio un dramma perché in Lombardia, la nostra qualità, ci permette di essere al di sopra di questi aspetti.



Consumiamo più di quello che produciamo. Da qui le sovvenzioni per le estirpazioni dei vigneti. La regione Lombardia ha inviato l’elenco dei vigneti diciamo “intoccabili”, che appartengono alla provincia di Sondrio, di Brescia, quindi Valtellina e Valcamonica.

Anche in questo caso, rispetto ad altre regioni italiane, in Lombardia abbiamo indicato queste aree prontamente, considerando che i tempi erano stretti. C’è stato un confronto importante con le associazioni e gli operatori. Si è arrivati a decidere insieme. Ricordo che l’estirpazione non obbligatoria, è una possibilità. Quindi, un atto volontario. Per la Lombardia io mi sento sereno. Le poche estirpazioni che eventualmente ci saranno serviranno a preservare la qualità ed a ridimensionare alcuni parametri. Ma non ci sarà nulla di sostanzialmente rilevante.



Ma non corriamo il rischio che piccoli produttori che hanno poco reddito da loro lavoro, ma vigneti di grande qualità, possano decidere di estirpare, considerando questa opzione più conveniente?

Io credo, davvero, che per la nostra regione questo rischio non ci sia, anche per i piccoli appezzamenti. Magari ci saranno 10 casi di questo tipo, ma nulla di significativo. Chi produce vino di qualità in Lombardia, sa che è meglio continuare a produrlo. Vedendo i positivi dati di mercato, non farebbe una scelta saggia. Questo provvedimento segue una logica europea e di conseguenza non potevamo scegliere. Estirpare è una possibilità data a livello comunitario alle regioni che riguarderà altri stati e altre regioni d’Italia. Sono tranquillo.



Parliamo del controverso passaggio dal nostro sistema di denominazioni piramidale a quello delle DOP e IGP. C’è allarmismo: ci sarà realmente una riduzione delle nostre denominazioni?

Questo è l’aspetto più delicato. Oggi c’è una bozza di regolamento che riguarda le nuove etichettature. Noi auspichiamo un intervento forte da parte del ministro Zaia, del nostro governo nazionale, perché dobbiamo rafforzare le produzioni di qualità. Una questione delicata sarà quella di disciplinare l’utilizzo delle sottozone perché, e questa sarà una partita importante, attraverso queste si dovrebbe scongiurare il pericolo di un livellamento e una confusione nei confronti del consumatore.



Per altro, per paesi come l’Italia, ma pensiamo anche alla Francia, una semplificazione delle denominazioni potrebbe rivelarsi traumatica.

Noi abbiamo sottolineato la diversità dei nostri prodotti. Si tratta di mantenere le specificità dove ci sono e dove invece non ci sono, non sarà un trauma riunirle. Credo che questo non solo non sia scandaloso, ma possa essere anche positivo considerando la miriade di denominazioni che ci sono ora.



Passiamo all’EXPO del 2015. Sarà una vetrina fondamentale per Milano e la Lombardia nel suo insieme. Come pensate di muovervi per il settore agroalimentare?

Abbiamo delle iniziative già a calendario. Grandi eventi, per avvicinarci all’Expo, che rafforzeremo. Dal 3 al 19 di novembre ci sarà a Milano il Wine Day. Prima di Natale ci sarà la presentazione della Guida Enoica, poi a gennaio avremo la presenza importante della regione Lombardia a New York, alla borsa dei vini, e la faremo insieme alla ragione Toscana e Veneto. Al Vinitaly 2009 la Lombardia confermerà la propria presenza, anzi la rafforzerà. Noi, come assessorato all’agricoltura, stiamo già agendo, perché il tema fondamentale dell’Expo è quello della nutrizione del pianeta. Ovviamente l’agricoltura giocherà un ruolo da protagonista. Pensiamo ad un investimento in progetti per circa 400 milioni di euro per tutto il comparto agricolo. L’Expo sarà una straordinaria vetrina internazionale per tutti i nostri prodotti, primo fra tutti la nostra produzione vinicola, ma vogliamo che lasci anche un segno permanente di riferimento: mi riferisco alle biotecnologie, alla ricerca scientifica. Vogliamo che la Lombardia rimanga un punto di riferimento nazionale ed internazione. Dovremo saper gestire bene la fase espositiva e la promozione classica, ma dobbiamo anche fare in modo che la Lombardia ed il settore agricolo svolgano la funzione di riferimento nel futuro, che diventi un polo di ricerca.

Infine, pensiamo alla riqualificazione dei canali navigabili, delle piste ciclabili, rendendole un patrimonio per il turismo enogastronomico.



In questo rientra quindi la rivalutazione dei navigli a Milano per renderli navigabili?

Esattamente, questo significa, sfruttare l’agriturismo non solo come fatto meramente produttivo, ma anche come volano per il nostro turismo, per gli eventi enogastronomici. Dobbiamo fare sistema partendo dall’agricoltura, avvicinando i cittadini al sistema produttivo da un lato ed alle bellezze coltivate del nostro territorio dall’altro.



Mi Wine continuerà ad essere un evento importante, continuerà ad esserci?

Certamente si. Noi lo sosteniamo.



Il prodotto “vino”, in Lombardia soffre, secondo lei, di un po’ di localismo? Le chiedo questo perché, per alcune denominazioni lombarde, mi sembra che non sia così facile farsi conoscere nel resto d’Italia. A parte il caso Franciacorta, eclatante per numeri e qualità, altre denominazioni hanno difficoltà ad uscire dai confini della nostra regione. Secondo lei non è il caso di fare più sinergia tra piccoli consorzi, sfruttando, per esempio proprio la grande vetrina dell’Expo?

Sicuramente, ma questo vale non solo per il vino. Sono in atto delle forme consortili più importanti di quelle attuali che permetteranno di svolgere attività significative. L’attività principale dei consorzi è quella di essere il primo garante dei prodotti e dell’innalzamento della qualità per poi potersi proporre al mercato. Credo che la promozione dei nostri prodotti, del vino, in Lombardia, sia stata efficace fino ad ora per tutti. Raggiunto però questo obiettivo, o aumenta la produzione o è inutile conquistare nuovi mercati. Quindi è un fatto che ci sia, e questo è un obiettivo raggiunto, la conoscenza dei marchi lombardi. Probabilmente in alcuni casi il marchio è in realtà conosciuto, con una produzione di altissima qualità, ma con numeri bassi. In Lombardia poi, per fortuna, problemi di eccedenze non ne abbiamo. Tutto quello che produciamo viene venduto.



Parliamo di sommellerie. Da un po’ di anni a questa a parte è in atto un lento ma continuo cambiamento che investe questa figura. Da professionista del mondo della ristorazione, degli alberghi e delle enoteche a figura fondamentale anche nella comunicazione del vino, come collante tra il produttore ed il consumatore finale. Pensa che il sommelier sia una figura che possa avere un certo peso nella comunicazione, in tutte le sue forme?

Certamente si. Si è riusciti ad ottenere il risultato che il sommelier sia diventato un tramite tra aziende e consumatore finale. Questo significa che il sommelier, in Lombardia, ha lavorato in modo corretto. Svolge sicuramente una funzione di anello di congiunzione ed questo funge anche da fattore economico, poiché, facendo apprezzare il nostro vino, svolge una funzione sia economica che culturale. È un patrimonio di grande riferimento per tutti, con una leadership riconosciuta da tutti. Questo significa che c’è serietà a monte e questo ha fatto sì che il consumatore si fidi. È una grande responsabilità, ma è bello che ci sia tutto questo. Esiste una riconosciuta autorevolezza su quanto si fa e su quanto si va a dire.



Secondo lei cosa manca in genere alla comunicazione nel mondo del vino?

Io credo che a livello di comunicazione non manchi nulla. Tutti, istituzioni incluse, stanno facendo il meglio possibile. Ci sono, invece, degli aspetti collaterali alla promozione del mondo vino da migliorare.



A cosa si riferisce esattamente?

Mi riferisco alla educazione alimentare. Noi diciamo che un bicchiere di vino a tavola fa bene. Diciamo ancora che il vino fa apprezzare meglio molte pietanze, quindi è un piacere per l’uomo. Probabilmente c’è un’azione da fare tutti insieme a livello sinergico per valorizzare i vini ed i piatti tipici della cucina lombarda. Bisogna fare in modo che i ristoratori, per esempio, propongano meglio questo concetto.



Quindi bisogna fare più sistema nella ristorazione per far conoscere la gastronomia lombarda?

Bisogna superare la fase della comunicazione che è un obbiettivo raggiunto. Ora bisogna portare la gente ad assaggiare, provare. È un ulteriore passaggio. Bisogna ritornare a proporre degli abbinamenti riproponendo i piatti tipici lombardi.



Questo, quindi, non avviene in questo momento?

Secondo me si può fare qualcosa di più.



A questo proposito, spesso si dice che i lombardi apprezzino poco i prodotti della propria regione. In particolar modo a Milano, che però è un caso a parte, vista la grande offerta multiculturale, anche in cucina.

Il problema è farsi trascinare solo dalle richieste del cliente e non preoccuparsi di svolgere anche una funzione di diffusione della cultura enogastronomica lombarda. Dico questo perché una volta proposta l’alternativa lombarda, poi difficilmente si torna indietro o, comunque, non si può non rimanere affascinati dalla nostra varietà. Per carità, molti fanno già tutto questo, ma bisogna sforzarsi per fare di più. Di promozione ne facciamo tanta, tutti, ora bisogna passare fattivamente alla fase propositiva, reale, e vedere i risultati nei menù a tavola. Non sono rimaste tante trattorie milanesi vere, per esempio, che propongano la tradizione lombarda. La comunicazione passa da qui, anzi, soprattutto da qui.



Gli incedenti stradali a causa dell’alcol. Secondo lei c’è un approccio giusto per non demonizzare da una parte l’uso del vino ed ovviamente insieme colpire chi in realtà ne abusa?

È assolutamente necessario, ed uno Stato non potrebbe fare altrimenti, colpire l’abuso di alcol. Chiunque si mette alla guida è come se avesse un’arma. Io credo che, detto questo, ci deve poi essere da parte delle forze dell’ordine del buon senso. Non in tutti il vino causa gli stessi stati a causa dei diversi metabolismi di ognuno di noi. Bisognerebbe per esempio, provare ad applicare anche dei test psico-attitudinali, per vedere realmente qual sia lo stato di salute di chi si mette alla guida dopo aver bevuto alcol. Detto questo non si possono togliere i limiti prestabiliti dalla legge che servono da deterrente. L’applicazione con serietà credo invece sia ciò su cui ragionare. La legge è giusto che fissi dei parametri, ma se l’applicazione diventa troppo ortodossa rischia di vanificare l’esito positivo che si vuole dal provvedimento. Non credo che la causa degli incidenti sia di chi beve qualche bicchiere di vino a tavola.



Purtroppo però il rischio del proibizionismo sembra sempre poter ritornare

Io non credo sempre ai provvedimenti sanzionatori ed ai divieti. Il proibizionismo americano è stato l’esempio di come poi i provvedimenti venissero aggirati tranquillamente. Se uno vuole sbronzarsi prima di entrare in discoteca riesce tranquillamente a farlo prima. Il pericolo non arriva certo di chi vuole andare a bere un buon bicchiere di vino a cena fuori. La politica del divieto e del proibizionismo genera risultati peggiori di quello che vorrebbe prevenire.

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