Lo scandalo del vino al metanolo, perché parlarne adesso?

Lo scandalo del vino al metanolo, perché parlarne adesso?

Interviste e protagonisti
di Sara Missaglia
01 febbraio 2023

Il podcast “Metanolo” in questi giorni è al primo posto nella classifica Spotify. Racconta dei fatti relativi al cosiddetto scandalo del metanolo del 1986, quando la sofisticazione del vino non era pratica così anormale. Anzi. Ne abbiamo parlato con l’autore, Matteo Liuzzi.

Matteo Liuzzi è autore, copywriter e generatore di idee: il nonno ha sempre avuto delle vigne in Puglia e sosteneva che, per far bene il vino, “te lo devi sentire addosso”. «Tutto è cominciato perché un mio caro amico insieme ad altri due appassionati ha iniziato a fare vino prendendo una vigna a Carema, una decina di anni fa», racconta a Viniplus. «Si danno da fare come matti, tanta fatica e tanta passione considerando dove si trovano le vigne e che due di loro vivono a Milano. Fanno 500 bottiglie l’anno che, se non ripagano la fatica, regalano tanta soddisfazione. Un giorno mi dissero che la loro produzione avrebbe potuto raggiungere le 4000 bottiglie se avessero deciso di prendere qualche scorciatoia». Che non hanno preso. Scorciatoie, però, che per inseguire prezzi molto bassi e quantità molto elevate possono portare a tragedie, come quella successa nel 1986. Nasce così l’idea da parte di Matteo Liuzzi, appassionato di cronaca nera sin dai tempi in cui lavorava in radio, di un podcast dedicato a quella che è certamente la pagina più nera della storia del vino italiano.

Il podcast

Il podcast (clicca qui), scritto da Matteo Liuzzi con il coordinamento di Fabio Ragazzo, la regia di Niccolò Martin e la voce di Giulia Delogu di Will Media, è composto da otto episodi e narra una vicenda di contraffazione e sofisticazione, in spregio alla salute dei consumatori e alle norme di Legge. L’immagine del vino italiano ne uscì a pezzi, con danni economici per l’intera filiera, non solo paralizzata dalle indagini in capo alla Procura di Milano, ma del tutto compromessa anche all’estero.
Il podcast, che si avvale di importanti contributi da parte del prof. Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Milano, narra con assoluta fedeltà la situazione vitivinicola di quegli anni, caratterizzata da annate molto fredde (il climate change non era ancora in atto), zuccheri limitati e gradazioni alcoliche risibili. Sofisticare il vino con il saccarosio per alzare il contenuto di alcol etilico nel vino da tavola era molto frequente: contro la Legge ma, in qualche modo, tollerato. Il saccarosio non causa la morte ma ha lo svantaggio di avere un prezzo elevato e non agisce in tempo reale. “Era l’Italia della quantità e non della qualità”, spiega il prof. Attilio Scienza nel podcast. Il metanolo, invece, aveva, a proposito di adulterazione, vantaggi difficilmente replicabili: costava poco, era soggetto a sgravi fiscali, e consentiva l’innalzamento della gradazione alcolica in poche ore. 

Cos’è il metanolo

Acido metilico, più noto come metanolo: CH₃OH, i chimici dicono che sia il più semplice degli alcoli. È incolore, infiammabile e completamente solubile in acqua. È estremamente tossico per la salute dell’uomo: se ingerito anche in piccolissime quantità provoca la morte e, in caso di sopravvivenza, i suoi metaboliti (formaldeide e acido formico) avvelenano l’organismo: danni al sistema nervoso centrale, ai reni e, nella maggior parte dei casi, cecità. Morire avvelenati non è una tragedia di Euripide: può accadere bevendo anche un sorso di vino.

Il vino killer

Tutto ha inizio nel marzo del 1986, zona periferica a nord di Milano, tra viale Sarca e l’Ospedale Niguarda, che diventerà il centro medico di riferimento di tutta la vicenda. «Abito ancora in quella zona,  conosco bene il quartiere – continua Matteo Liuzzi –. Ho visto il palazzo del Casetto, a metà strada tra il supermercato che vendeva vino avvelenato e l’ospedale». Benito Casetto, Renzo Cappelletti e Armando Bisogni sono tra le prime vittime da avvelenamento. Il Bisogni, pensionato, viene trovato morto nella sua abitazione; nella sua dispensa un bottiglione da due litri di barbera con l’etichetta di una ditta dell’astigiano. Al Niguarda di Milano vengono ricoverati nel giro di poche ore pazienti con forti dolori all’addome, crampi, vertigini, cefalea, perdita di conoscenza. Il Centro Antiveleni riconosce i sintomi di avvelenamento da metanolo: le vittime hanno bevuto un bicchiere di barbera a tavola. Bottiglioni e bottiglie a poco prezzo, acquistati nel supermercato vicino a casa, un vino senza pretese che accompagna pranzo e cena di tante famiglie. “Indagavamo mentre la gente moriva, era una lotta contro il tempo” dice il Sostituto Procuratore di Milano Alberto Nobili, detto “il Leggendario”, a capo delle indagini. «La figura di Nobili è straordinaria», commenta Matteo, che con Niccolò Martin ha avuto accesso ai fascicoli di un’indagine di 35 anni fa presso il Palazzo di Giustizia di Milano. 

Nobili ha chiaro da subito che non si tratta di un’epidemia, né di un’intossicazione da eccessi di alcol, ma di un piano criminale ad opera delle cantine Ciravegna di Narzole, in provincia di Cuneo: i titolari addizionarono metanolo a intere partite di vino da tavola per innalzarne il grado alcolico. Giovanni Ciravegna, coadiuvato dal figlio Daniele, era per tutti il Cavalier 12 e ½, pari al titolo alcolometrico raggiunto dal vino che era solito adulterare. Immisero nelle vasche quantità letali di alcol metilico: il vino sofisticato venne imbottigliato e commercializzato dalla Ditta Vincenzo Odore di Incisa Scapaccino, in provincia di Asti, il cui titolare, che uscì “pulito” dalle indagini, non era consapevole delle contraffazioni rivelatesi poi letali. 

L’ospedale Niguarda di Milano

Il podcast racconta il ruolo importantissimo svolto dai medici, non solo per salvare vite umane, ma per comprendere i fenomeni metabolici e le conseguenze letali generate dall’ingestione di metanolo. La Dottoressa Franca Davanzo del Centro Antiveleni del Niguarda racconta come i familiari delle vittime ricoverate per intossicazione da metanolo venissero mandati ad acquistare del whisky nel bar di fronte all’ingresso del Pronto Soccorso: in situazioni disperate l’unico antidoto per bloccare nell’organismo umano gli effetti veleniferi del metanolo attivati dai processi metabolici sono elevate quantità di alcol etilico. Il podcast racconta dalla viva voce dei protagonisti, delle vittime sopravvissute e dei familiari i giorni, le ore, gli attimi di paura, sgomento, mancanza di informazioni: ma anche i tentativi di mistificazione della realtà, dalla minimizzazione alle accuse di etilismo rivolte ai consumatori ignari. Ma quando è un bambino a morire per aver bevuto un piccolo sorso di vino, forse attraverso il ciuccio intinto nel bicchiere, si comprende quanto un Paese intero debba questa volta prendere le distanze da qualcosa che appartiene inevitabilmente al suo dna, il vino. 

La ricetta del vino in laboratorio

Il podcast mette ben a fuoco il fatto che in realtà le aziende che mettevano in commercio vini addizionati di alcol metilico erano molte: una sessantina quelle coinvolte tra Piemonte, Puglia ed Emilia, ma nelle indagini per sofisticazione furono coinvolte anche alcune provincie della Toscana. I fiumi in Piemonte si tinsero di rosso: chi aveva sofisticato il vino con il metanolo aveva fretta di liberarsi delle prove del reato. Il quinto episodio ha la voce di un contraffattore seriale, un professionista ritiratosi dal mercato, che racconta come fare un vino “buono” a bassissimo costo: una ricetta raccapricciante, per un risultato finale in termini di costo al litro di circa 0,35 euro. Di materia prima, peraltro scarsa, c’è soltanto il 10-15%. Gli ultimi episodi narrano le vicende giudiziarie, i processi, il mancato risarcimento alle vittime che, accertate, furono diciannove. «Le vittime avrebbero dovuto ricevere gli indennizzi previsti dal Tribunale”, commenta Liuzzi, «ma non hanno ricevuto alcun risarcimento. Anche per questo ho scritto del metanolo, perché la vicenda ha soddisfatto la Legge, ma non la Giustizia. E perché sono stato sedotto dal mantra del professor Scienza, “bere meno ma bere meglio”, che dopo tutto questo, ha cambiato le mie abitudini alimentari».

Gli impatti economici e il lavoro di sensibilizzazione

Le indagini alzarono il coperchio su vasche di vini figli di bassa qualità, sofisticazioni, blend al nord con uve provenienti dal sud, mistificazioni e truffe: il buco nero dell’Italia del vino, lo scandalo che vide la Germania bloccare alla dogana i camion che trasportavano vino italiano e la Francia sequestrare diciannove navi cisterna perché era considerato un vino killer. Il 1986 si chiuse, rispetto all’anno precedente, con una contrazione del 37% degli ettolitri prodotti e del 25% del valore della produzione. In cinque settimane, esattamente il tempo in cui Nobili e i Nas definirono il progetto criminale, l’Italia ricevette una scossa fortissima: da lì in poi fu messa in atto una profonda sensibilizzazione dell’opinione in ottica di bere responsabile e consapevole, non solo nelle quantità ma anche nella qualità: il vino è matrice storica, valoriale, identitaria del nostro Paese, ne è espressione vera e non può uccidere. 

Un podcast per non dimenticare

C’è un prima e un dopo lo scandalo del metanolo per il vino italiano. Non è un caso che, come ricordava il giornalista Daniele Cernilli nell’intervista pubblicata sull’ultimo numero di Viniplus di Lombardia (vedi qui), a ridosso di quegli avvenimenti nacque il Gambero Rosso e poi la Guida ai Vini d’Italia, anche per accendere i riflettori su chi il vino l’aveva sempre fatto non solo in modo corretto, ma anche bene dal punto di vista qualitativo.

Oggi, a 37 anni di distanza da quei dolorosi fatti, il vino italiano, per fortuna, ha fatto passi da gigante sotto ogni punto di vista. Nonostante questo l’attenzione deve sempre rimanere alta, perché la sofisticazione rimane un tema attuale e un business estremamente redditizio per truffatori senza alcun rispetto della Legge e dei consumatori.
Un podcast da ascoltare per non dimenticare: importante, per capire il vino di oggi e decidere quale degustare domani.