Quel nebbiolo che si specchia nel lago

Quel nebbiolo che si specchia nel lago

Interviste e protagonisti
di Anna Basile
11 giugno 2022

La rinascita della viticoltura nel Varesotto è storia recente e tra i suoi interpreti spicca la figura di Franco Berrini che ha dato vita a Cascina Piano. Il suo sorprendente nebbiolo ha conquistato la prima Rosa Oro di questo territorio nell’ultima edizione di Viniplus

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 22 Maggio 2022

Quel ramo del lago Maggiore, tra le cui acque si specchia la Rocca di Angera, è un angolo quasi appartato, una baia dall’anima riservata, poco turistica, in cui le vigne e le secolari tradizioni rurali hanno ritrovato lo spazio perduto negli anni, quello spazio che hanno conquistato industrie e aziende forgiando il carattere, oggi noto a tutti, della provincia di Varese. Su queste soleggiate rive, infatti, un’antica tradizione vitivinicola continua a prosperare, ancora lontana dalle luci dei riflettori, conquistando sempre più estimatori e arrivando a primeggiare, con i suoi vini, anche negli assaggi bendati delle guide AIS. I protagonisti di questa storia sono i vini di Cascina Piano, azienda che, sotto la guida di Franco Berrini, ottiene sempre valutazioni molto lusinghiere: quest’anno oltre alle 4 Rose Camune anche la prima Rosa Oro con il Primenebbie, rosso a base di nebbiolo, mentre nell’edizione 2021 e nella 2019 le 4 Rose erano andate al Mott Carè, vino bianco muffato da malvasia di Candia. La qualità non si smentisce grazie al lavoro meticoloso e appassionato di Franco che cura i suoi tre ettari, coltivati sui pianori, i cosiddetti Ronchi, di Angera e Ranco, con dedizione e metodi naturali rispettosi dell'ambiente.

Clicca sull'immagine per scaricare l'articolo completo in PDFOttantʼanni da poco compiuti,, innamorato della sua terra, Franco passeggia tra le vigne in un pomeriggio di febbraio e i ricordi rivivono tra i filari. «Nel 2000 sono andato in pensione, dopo una vita da dirigente amministrativo. Era già da qualche tempo che con alcuni amici avevamo in mente di dedicarci a un progetto che valorizzasse questa terra e che ci portasse a recuperare un pezzo della nostra storia». Mentre continua il racconto, Franco accarezza con lo sguardo le vigne; di fronte, sulla sponda opposta, la Rocca di Angera, inconfondibile simbolo della zona, come Franco sorveglia le vigne, testimone di quella tradizione che ha ripreso a rivivere dal 2003 quando è nata Cascina Piano. «Il primo vino è stato l’Angliano 2004, un rosso dal corpo generoso a base di nebbiolo, croatina e merlot». Ma fare vini nella zona richiedeva un passo in più, qualcosa che riconoscesse con “ufficialità” al territorio la sua vocazione, e nel 2005 è nata la Igt Ronchi Varesini. Tra i fondatori, c'è anche Franco: «Abbiamo capito che per commercializzare il nostro vino avremmo dovuto avere una Igt, altrimenti avremmo potuto produrre solo vino da tavola». Con l’aiuto di Giuseppe Zatti, enologo della facoltà di Agraria dell’università di Milano, cominciano le analisi dei terreni, le valutazioni degli aspetti climatici, la campionatura delle uve autoctone e, infine, le indagini sulle tradizioni della zona. «Non tutti sanno che la provincia di Varese, fino alla fine dell’800, era considerata un grande vigneto, l’uva veniva coltivata fino a Busto Arsizio e Gallarate. Poi, la fillossera ha devastato i vigneti dellʼintera Europa, colpendo anche questa zona. Il successivo sviluppo industriale ha disincentivato l’agricoltura e col passare degli anni queste terre hanno perso la loro vocazione agricola a vantaggio di un’industrializzazione che non ha lasciato spazio a nessuna altra attività».

Il gruppo collinare che comprende la Rocca Borromeo e San Quirico e arriva fino a Uppone, Taino e Sesto Calende era coltivato a vigneto: il clima dolce e temperato, dovuto alla vicinanza del lago, rendeva (e rende) ideale la coltivazione delle uve. Anche la composizione dei suoli è perfetta, con terreni sciolti, ciottolosi e sabbiosi, tipiche formazioni moreniche glaciali, adatte a una varietà come il nebbiolo. «Questa zona non ha nulla da invidiare alle più note terre madri di questo vitigno. Anzi, basta guardare una cartina per capire che la provincia di Varese è la naturale congiunzione di un grande vigneto che comincia in Piemonte e arriva fino in Valtellina». Oggi Franco con i suoi soci e altri piccoli produttori prova a riportare in vita quello che è stato cancellato dalla fillossera, puntando sulla valorizzazione dell’identità della zona e dei vitigni autoctoni. «Questo nebbiolo ha una sua tipicità legata al territorio: il suo profumo di erbe aromatiche, quali timo, maggiorana selvatica e finocchietto, lo lega a questi pendii. Rispetto ai piemontesi, matura qualche anno prima, ed è subito sfumato, con tannini dolci e levigati». Progetti per il futuro? «Abbiamo posto delle basi importanti,e questo è già un ottimo inizio».