Valtellina: le Rose Oro di Nino Negri

Valtellina: le Rose Oro di Nino Negri

Interviste e protagonisti
di Sara Missaglia
11 giugno 2022

5 Stelle e Carlo Negri, i più premiati con le Rose Oro. Due interpretazioni di Sforzato differenti e inconfondibili: nobiltà e aristocrazia con l’ambizione - raggiunta - di essere eternamente giovani e al passo con i tempi

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 22 Maggio 2022

In montagna si dice che a fare la differenza sia il giusto passo, perché camminare in salita richiede preparazione, tecnica e costanza: per la casa vitivinicola valtellinese, fondata nel 1897, si è trattato di una sfida continua. «Siamo una delle aziende storiche della valle e quello che mi riempie d’orgoglio è che siamo stati da subito un’azienda vitivinicola»: è Danilo Drocco che parla, winemaker e Direttore dal 2018. «In Valtellina essere viticoltori è l’elemento determinante per la gestione del vigneto terrazzato e del nebbiolo di montagna: siamo storia e tradizione entrate a far parte dal 1986 nel Gruppo Italiano Vini». Una realtà di circa 35 ettari che arrivano a 180 tenuto conto dei conferitori, su un territorio dove in media le cantine dispongono di soli 2.000 metri vitati: un agronomo si dedica esclusivamente alla gestione delle vigne dei conferitori, rappresentate da più di duecento famiglie con cui hanno legami storici stabili e con le quali, al di là del contratto, la stretta di mano funziona sempre. La manutenzione del territorio è affidata anche a queste famiglie e rappresenta uno degli obiettivi prioritari della cantina, a conferma che il terroir valtellinese è anche sociale.

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Danilo Drocco ci spiega che negli ultimi anni è cambiato il modo di fare vino partendo da una gestione diversa del vigneto: «l’attenzione del consumatore oggi è rivolta anche al benessere dell’ambiente: quindi inerbimenti, limitazione nell’uso di fitofarmaci e della chimica nella fertilizzazione con ricorso a concimi organici, nonché riduzione del carico di gemme per puntare a vini ricchi e complessi con il corretto equilibrio tra chioma e il quantitativo di grappoli». Il nebbiolo delle Alpi ha espressioni diverse rispetto a quello delle Langhe, cui Danilo ha dedicato la sua vita professionale precedente: «I nebbiolo di montagna affascina per la sua intraprendenza nel vivere in un ambiente difficile. Il nostro obiettivo è quello di interpretare al meglio la biodiversità di questo territorio trasferendola ai vini». Si tratta di un processo naturale, che l’enologo accompagna. Tenere separate le uve che arrivano dalle diverse vigne terrazzate consente di dare un’interpretazione più puntuale e autentica: da qui la valorizzazione, ad esempio, di un grande cru come l’Inferno, nel Valtellina Superiore Inferno Carlo Negri, futuro Ca’ Guicciardi. Non solo sottozone quindi, ma la ricerca dei vigneti che hanno molto da raccontare: la diversità dei suoli e delle rocce, la pendenza, l’altitudine e l’esposizione dei singoli terrazzamenti implicano maturazioni diverse soprattutto a queste latitudini e in questi ambienti. «Non è possibile fare un’unica vendemmia in contemporanea, e tra la parte alta e bassa di un vigneto, ad esempio il Fracia, possono esserci anche quindici giorni di differenza nella maturazione».

Nino Negri guarda anche al biologico, il cui impiego contribuisce all’incremento della biodiversità nel vigneto, e ha intrapreso un percorso con obiettivo finale “residuo zero”: precipitazioni e umidità vengono ben fronteggiate da un clima ventoso, ma la riduzione del numero di trattamenti in Valtellina non è priva di rischi, anche per via della gestione manuale del vigneto. Viniplus premia la costanza e la serietà di una cantina che ha sicuramente “tirato la volata” in valle con dieci Rose Oro in dodici anni, otto delle quali assegnate ai due Sforzati della cantina, lo Sfursat 5 Stelle e il Carlo Negri. Due espressioni nobili dell’appassimento di uve nebbiolo, con un diverso rapporto con il legno: il primo solo barrique nuove, il secondo botte grande.

In questi dodici anni è cambiato il modo di realizzarli: «l’annata 2007 era una delle prime veramente calde, e corrispondeva ad un periodo storico dove si andava alla ricerca dell’opulenza, della ricchezza, della profondità, della potenza, che forse dominava sull’eleganza. Lo stile andava nella direzione di una rotondità esasperata. Dal 2007 al 2018 sia nel 5 Stelle sia nel Carlo Negri abbiamo iniziato meglio a capire il cambiamento climatico cercando di ritornare a un equilibrio tra aromi, tannini, acidità e gusti più adeguati – prosegue Drocco – la ricerca della croccantezza nonostante l’uso del nebbiolo appassito è stata maggiore nel Carlo Negri, con l’obiettivo di realizzare un vino più facile da abbinare al cibo. Il 5 Stelle ha invece un percorso diverso e il cambiamento richiede tempi più lunghi: ricchezza e sensazioni vellutate date dall’uso della barrique nuova sono le caratteristiche intrinseche di questo vino, che i consumatori continuano ad amare. Il maquillage sul 5 Stelle è sicuramente più delicato, e parte da un’uva sempre più aromaticamente fresca e da un uso della botte che continua a prevedere la barrique nuova ma con legni meno impattanti, di origine francese e con lunghi periodi di stagionatura, che conferiscono eleganza al vino ma senza invasività».

Le principali differenze degustative dei due vini si colgono soprattutto nella fase iniziale: il 5 Stelle si presenta con una ricchezza superiore, con elevate concentrazioni di frutta, voluminosità e ricchezza al palato.«Il Carlo Negri è invece subito “friendly”, con quel mix di spezie dominanti rispetto alla frutta e con tutti i terziari tipici del nebbiolo – prosegue Drocco –, e da nebbiolo di montagna esprime acidità e tannini, che lo rendono adatto nell’abbinamento con il cibo. Essendo entrambi figli della roccia, i due vini chiudono con una nota minerale intensa. Il finale sapido li accomuna». Alcuni studi in corso con l’Università di Torino (progetto Increase Sfursat) aiuteranno a realizzare sforzati con sempre maggiore bevibilità e croccantezza. «Stiamo perdendo l’abitudine di dire e fare vini da meditazione”, prosegue Drocco: “lo Sforzato moderno deve essere un vino facile da abbinare, senza dover necessariamente proporre un formaggio molto invecchiato o un piatto di carne di grande struttura». Lo Sforzato è un vino valtellinese non tipico ma unico: in questo modo continuerà a esserlo anche in futuro.