La Borgogna è resiliente. Ma fragile

La Borgogna è resiliente. Ma fragile

La Francia in presa diretta
di Samuel Cogliati Gorlier
15 ottobre 2025

Due annate non facili seguono due annate generose. Le vendite tengono, ma grazie ai bianchi e a prezzi alti. I magazzini si riempiono, e l’export è da reinventare.

Grazie ai suoi potenti mezzi, la Borgogna è tra le regioni francesi meglio organizzate per rispondere a questa intricatissima congiuntura vinicola e commerciale. Il Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne (BIVB) pubblica il resoconto autunnale. Facciamo un focus sulla situazione.

Due campagne difficili si sono appena susseguite in vigna. Dopo un 2024 quasi disastroso (negli ultimi tre lustri un raccolto più magro si era avuto solo nel 2021), neanche il 2025 promette rese straordinarie. L’anno scorso i colpevoli erano stati la pioggia e la peronospora, quest’anno ci si è messa la siccità a ridurre i volumi. Per fortuna dei borgognoni, 2023 e 2022 erano state due annate floride (la ‘23 addirittura sovrabbondante). 

Così, a conti fatti le ultime due vendemmie non appesantiranno i magazzini che iniziano a essere colmi. Le eccedenze accumulate nella vendemmia 2023 (con ampi volumes complémentaires individuels) dovrebbero essere almeno in parte assorbite dalle “vacche magre” del biennio seguente. 

A fine estate, i numeri dimostravano che le giacenze nelle cantine borgognone erano in aumento: +6,1% rispetto al quinquennio precedente. Di che iniziare a preoccupare la filiera, se è vero il mercato globale è in netta frenata. 

Nonostante tutto la Borgogna continua a rintuzzare le ansie e a crescere, grazie in particolare alle «categorie sociali più abbienti, il cui potere di acquisto aumenta leggermente», dice il BIVB: +0,7% nei volumi, +0,4% nel giro d’affari. A trainare questo segmento, e dunque l’intera regione, se consideriamo i grandi numeri, soprattutto il négoce e le marques de distributeur, ossia i marchi commerciali per conto terzi.

In GDO sono i vini bianchi a fare da locomotiva: gli chablis, i petit-chablis, i bourgogne regionali e, naturalmente, i crémant-de-bourgogne.

Quanto all’export, mai così bene: la prima parte del 2025 ha fatto segnare 57 milioni di bottiglie esportate, per 951 milioni di euro, un record. Attenzione però, perché la curva sta rallentando, e alcuni mercati potrebbero entrare in crisi: USA (il primo cliente fino all’insediamento di Trump, quasi fermi) e Regno Unito (–10% in valore). Il Canada (+31%), la Svezia (+6,2%) e il Belgio (+5,7%) ce la faranno a compensare? Difficile: in tre non arrivano a un quinto dei volumi anglo-americani... •

Crediti foto: Vergisson, Mâconnais/ Samuel Cogliati Gorlier