Gli eroi del vino del Nuovo Mondo

Gli eroi del vino del Nuovo Mondo

Mondo Vino
di Ilaria Ranucci
21 gennaio 2023

Quanto spesso ci si ricorda di chi ha messo le basi della viticoltura del “vecchio mondo”? Raramente. Nel caso del Nuovo Mondo, invece, tutto è più documentabile, spesso anche contemporaneo e attuale. Ecco sette personaggi da ricordare

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 23 Novembre 2022

Cosa sappiamo davvero di Dom Perignon? Poco. E dei monaci che hanno dato origine alle mitiche vigne della Borgogna? Praticamente nulla. Abbiamo il piacere di immaginarli, ma al tempo stesso abbiamo una limitata evidenza tangibile di chi fossero, cosa pensavano, che scelte hanno fatto. Il Nuovo Mondo è diverso. La nascita, crescita esplosiva e affermazione dei suoi territori del vino si riconduce a personaggi molto spesso conosciuti, con molta evidenza documentale, e talvolta ancora in vita. Il piacere è quindi di capirne le scelte, ricostruirne le avventure, e ritrovarle nel mondo del vino di oggi e nello spirito dei territori che hanno aiutato a plasmare. In questo numero ve ne raccontiamo alcuni, scegliendo figure con ruoli diversi, dal governante, all’enologo, al critico.

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Simon van der Stel
IL GOVERNANTE ILLUMINATO
2 febbraio 1659.
“Oggi, per grazia di Dio, per la prima volta è stato prodotto vino da uve cresciute nel Capo”. Prima dell’Apartheid, di Mandela e dell’attuale, vibrantissima, viticoltura Sudafricana, c’era solo la punta sud di un continente, il punto di ristoro per le navi che aspiravano a raggiungere le Indie. Una piccola coraggiosa colonia, stabilitasi in un territorio potenzialmente ostile. Non stupisce dunque che il primo Governatore, Jan van Riebeck, abbia persino scomodato l’Altissimo per un ringraziamento poiché, e non era scontato, le viti portate dall’Europa erano riuscite a produrre grappoli a sufficienza per la vinificazione. Tra mille difficoltà le cose migliorarono significativamente quando a van Riebeck succedette, nel 1679, un appassionato di viticoltura ed enologia, Simon van der Stel. È merito suo il precoce fiorire qualitativo dei vini sudafricani, benché la colonia non provenisse da un tradizionale Paese produttore di vino. Poi, come sappiamo, non sarebbe stato un percorso facile. I segni della attività di van der Stel sono presentissimi: prendono il suo nome la città e regione di Stellenbosch e anche la montagna di Simonsberg. Rimangono anche le tenute di Constantia, sia pure divise e non più nella mastodontica estensione originale, Groot Constantia.

Ágoston Haraszthy
L’UOMO CHE FECE VIAGGIARE LA VITE
Oggi, a parte qualche leggendario viaggio di barbatelle portate all’estero in valigia, il percorso della vite, e il modo in cui i diversi vitigni viaggiano tra Paesi, è sempre più tracciato. Leggi e regolamenti assicurano che si propaghino viti in salute, e la scelta su cosa impiantare è in molti casi guidata da liste di varietà ammesse. Il percorso in cui la vite ha raggiunto i Paesi del Nuovo Mondo è stato spesso avventuroso, ma ha anche beneficiato dall’opera di chi, viaggiando in Europa, ha mappato e importato le diverse varietà. È il caso di Ágoston Haraszthy, nobile ungherese trasferitosi negli Stati Uniti e diventato grande proprietario terriero in California. Un personaggio poliedrico che ha fondato la Buena Vista Winery nel 1857, la prima in Sonoma County, presieduto la State Agricultural Society, scritto uno dei primi report su “Grapes and Wines in California” e ha trovato anche il tempo, nel 1961, di viaggiare per l’Europa e riportare 100 mila barbatelle di 350 varietà diverse. Fallirà come imprenditore, quando la sua forte propensione a indebitarsi per crescere dovette fare i conti con la fillossera, per finire la sua vita in Nicaragua, in modo avventuroso come la aveva vissuta: sparito in un fiume, si dice divorato dagli alligatori.

André Tchelitscheff
IL DECANO DEGLI ENOLOGI
Probabilmente non sono molti i russi che possono vantare un monumento in California. Per lui nella Napa Valley, ovviamente, dato che André Tchelitscheff ha avuto un ruolo centrale nel definire il prototipo del vino Californiano di qualità. In Russia rimane poco e soffre molto, essendo nato da famiglia aristocratica nel 1901, non lontano dalla Rivoluzione di Ottobre. Fugge in Yugoslavia dove studia Agronomia, per poi passare in Francia e dedicarsi a Enologia e Microbiologia, all’Istituto Pasteur. Il suo destino era però lasciare il segno negli Stati Uniti, dove arriva nel 1938 su invito di Georges de Latour, proprietario di Beaulieu Vineyards, dove costruisce il prototipo del Cabernet Sauvignon californiano, il Georges de Latour Private Reserve. Darà negli anni diversi contributi alla enologia su come gestire efficacemente diversi aspetti: l’uso misurato della barrique, la macerazione a freddo, la fermentazione malolattica. Sopratutto, come consulente e tramite il suo laboratorio di analisi, ha di fatto formato più generazioni di enologi e produttori, aiutandoli a fare il salto di qualità. Ciliegina sulla torta la sua mano negli esordi di Stag’s Leap Wine Cellars, e quindi dietro al Cabernet Sauvignon SLV 1973 che ha sbaragliato la concorrenza francese nel Giudizio di Parigi del 1976.

John Casella
UN NUOVO MODELLO DI VINO PER TUTTI
Laddove l’immigrazione è partita dal Paesi da grande tradizione vitivinicola, come l’Italia, i migranti, anche di seconda e terza generazione, hanno avuto un ruolo molto importante nella crescita del proprio mercato vitivinicolo di riferimento. Nulla lo esemplifica meglio del fatto che due dei colossi del vino mondiale abbiano fondatori di origine italiana. È il caso di Gallo, brand californiano conosciutissimo, fondato da Ernest e Julio Gallo. Molto meno noto John Casella, immigrato di seconda generazione, che altri non è che “Mr Yellow Tail”, il brand australiano con il wallaby giallo in etichetta, prototipo dei “critter wines”, vino da grande distribuzione, fruttato, semplice ma ben presentato, con un grazioso animaletto in etichetta, capace di vendere nel mondo milioni di bottiglie. Una storia quasi incredibile, dato che in 13 mesi le vendite negli Stati Uniti, primo mercato del mondo, sono esplose da zero a 12 milioni di bottiglie! Per raggiungere, in 12 anni, nel 2013, il miliardo di bottiglie prodotte. Vini forse non ambiti dagli appassionati, ma che, avvicinando al vino milioni di persone in Paesi con scarsa tradizione vitivinicola, hanno posto le basi per far esplodere la passione e la cultura del vino, ora visibile in molti Paesi.

Robert Parker Jr
L’INFLUENCER ANTE LITTERAM
Sulla carta sembrava impossibile: un avvocato di Baltimora che detta legge nel mondo del vino, sino a meritare l’appellativo di “Emperor of Wine”. Caso clamoroso di influencer ante litteram, crea una newsletter, The Wine Advocate, basata sull’idea di aiutare la vasta platea di americani intimiditi dal vino, con disponibilità economica ma forte difficoltà a capire quali bottiglie comprare. Trova la soluzione: un sistema di punteggio simile a quello delle scuole quindi comprensibile a tutti, massimo della scala 100. Esplode come guru quando predice, in controtendenza con gli altri critici, la grande qualità dell’annata 1982 di Bordeaux. Le carte si scompigliano: non è più lui che valuta il vino, ma è il vino che si adegua per piacergli, avvicinandosi, a prescindere dalla zona, alla sua idea di potenza, struttura, uso del legno e importanza del frutto. Alla fine sarà lui a finire giudicato, da molti che criticano il critico, invocando il ritorno al terroir e la controrivoluzione. Ora si è ritirato, ma è impossibile negare l’importanza sul mercato dei “punti Parker”: la ribadiscono la crescita di prezzo dei vini con i massimi punteggi e la grande visibilità ai suoi giudizi su innumerevoli siti di vendita di vino.

Robert Mondavi
L’ASPIRAZIONE ALLA QUALITÀ
Robert Mondavi è un altro esponente di quella comunità italo-americana che ha fatto così tanto per la viticoltura californiana. La famiglia Mondavi inizia l’avventura nel vino con una attività di commercio di uve. Poi il salto di qualità, con l’acquisto, ambizioso, della storica Krug Winery. Robert è il mago del marketing, con la visione di portare il vino di qualità in California. A lui si riconduce anche la creazione di un modello di riferimento per la accoglienza, che con eventi, visite, vendita diretta e club, diventa parte integrata nel business delle cantine. È il prototipo del passo successivo dei migranti di successo, l’ambizione di passare dal vino comune a quello di super pregio, entrando nel salotto buono. Dopo una lite furibonda in famiglia, in particolare con il fratello enologo che, si dice, non ne sopportava l’eccessivo protagonismo, Robert si stacca per creare la propria azienda, la Robert Mondavi Winery e, con Rotschild, Opus Wine, realizzando finalmente la sua aspirazione di produrre in California un vino che rivaleggiasse con l’amato bordeaux (e possibilmente ne superasse il prezzo).

Thomas Jefferson
LEGGENDARIO CONNOISSEUR E VITICOLTORE MANCATO
Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti tra il 1801 e il 1809 e principale autore della Dichiarazione di Indipendenza è stato anche un leggendario appassionato di vini, di cui si dice parlasse spesso, al punto da diventare noioso a tavola. È ampiamente documentata la sua esperienza di ambasciatore in Francia, nel corso della quale ha viaggiato ampiamente nei territori del vino, collezionando le eccellenze dell’epoca e promuovendo la sua passione al ritorno in patria. In pratica è stato il primo sommelier della Casa Bianca, oltre che l’iniziatore negli Stati Uniti del binomio vino pregiato – oggetto di status, che guida tuttora il più facoltoso mercato mondiale del vino. Un’icona al punto da diventare involontario protagonista di un caso celeberrimo di vendita di vino falso. Nel 1985 una bottiglia con le sue iniziali, apparentemente di Lafitte 1787, ma poi rivelatasi contraffatta, è stata venduta da Christie’s per 105 mila sterline. Da parte sua il gentiluomo dalla cultura ampia e poliedrica era anche un proprietario terriero (aspetto controverso dato che possedeva centinaia di schiavi) e come tale aspirava a produrre vino di pregio nella sua tenuta di Monticello, Virginia. Senza successo: le viti europee amorevolmente piantante non riuscivano a prosperare, probabilmente per colpa della fillossera. Il presidente che beveva grandi bordeaux dovette accontentarsi di produrre scuppernong.