La ristorazione si sta preparando a un “menù change”?

La ristorazione si sta preparando a un “menù change”?

Nel piatto e nella vigna
di Alberto Schieppati
13 giugno 2024

Il climate change è una sfida che sta, lentamente ma inesorabilmente, cambiando le regole di un gioco, quello dell’enagastronomia. Stanno cambiando i consumi, sta cambiando l’approccio in vigna. Il mondo della vitivinicoltura come sta reagendo? Ci saranno degli impatti anche per la ristorazione?

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 26 Maggio 2024

Non sappiamo se, quando e quanto il climate change cambierà il modo di fare ristorazione, in ambito italiano e internazionale. Possiamo però ipotizzare che il cambiamento climatico possa presto diventare, per molti chef e cuochi, una sorta di “grande ossessione”, capace di modificare linee di cucina, menù e politiche di acquisto. Non stiamo qui a discutere su quanto anche l’universo della ristorazione, a sua volta, contribuisca al riscaldamento globale (non dimentichiamo che il sistema alimentare è tra le cause primarie del cambiamento climatico. Ma su questi aspetti torneremo presto…).

Il cambiamento, d’altronde, almeno da parte della clientela, è già in atto. Una fascia sempre più importante, composta soprattutto da giovani under 40, sta spostando le proprie preferenze verso alimenti naturali, spesso di origine vegetale, meglio se biologici. In questo atteggiamento, va detto, l’innalzamento delle temperature c’entra pochino: si tratta più che altro di mode, ma è un dato di fatto che la Signora proteina (animale) sia ormai sotto accusa un po’ dovunque. Peraltro, la tendenza green si collega inevitabilmente al necessario cambiamento di strategia che è ormai obbligatorio per i ristoratori di tutto il mondo, in vista proprio di quei 2 gradi in più, previsti per il 2045, che cambieranno drasticamente le nostre prospettive. Il tema del cambiamento climatico, cui si lega quello dell’aumento dei costi per la materia prima (dalla produzione e propria rivoluzione nel mondo della ristorazione. Una rivoluzione destinata a cambiare il pensiero e le abitudini sia di chi cucina, sia di chi va al ristorante.

Mauro Elli, chef patron del Cantuccio, una stella Michelin vicino a Como, in un suo recente intervento ad un convegno, ha sottolineato come oggi la chiave sia quella di affrontare le richieste dei clienti in funzione delle sfide globali. Come? Privilegiando il più possibile materie prime locali o regionali, limitando la consuetudine di far arrivare materie prime da altre parti del Paese o addirittura dall’estero. “In questo caso io sono zen” dice Mauro Elli: “preferisco essere dalla parte della risoluzione del problema piuttosto che continuare a stare dentro al problema”. Un svolta, la sua, innanzitutto culturale.

D’altronde, a un cambiamento epocale è necessario rispondere adeguando le proprie scelte al mondo che verrà. Per essere preparati e per non farsi cogliere alla sprovvista. Rivalutando produzioni agricole dimenticate. È dunque abbastanza evidente che il “menù change”, che alcuni già intravvedono come imminente, potrebbe davvero cambiare drasticamente l’offerta della ristorazione di qualità. La chef statunitense Michelle Bernstein, che a Miami è un’autorità, in una recente intervista ha affermato: “Non ordino più molti pesci e frutti di mare da fornitori in altre parti del Paese, perché semplicemente sono troppo costosi. Non ricordo l’ultima volta che ho portato ingredienti come ricci di mare vivi o pesci pregiati. E lo stesso vale anche per il foie gras”. Tutti piatti un tempo sempre presenti, ma dei quali oggi si scopre come se ne possa fare anche a meno. ◆

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