Birrificio Menaresta. Nulla di cui vergognarsi

Birrificio Menaresta. Nulla di cui vergognarsi

Non solo vino
di Maurizio Maestrelli
17 aprile 2014

Partito nel 2007, il Birrificio Menaresta non ci ha messo molto a scalare le posizioni di vertice della produzione artigianal-birraria italiana. Merito di un’indubbia sapienza tecnica, unita a un sano desiderio di esplorazione delle frontiere del gusto…

Tratto da Viniplus di Lombardia N°6 - Marzo 2014

Per uno che abita a Milano e si presume svolga un ruolo da comunicatore nel mondo della birra italiana, il fatto di non aver mai messo piede nel Birrificio Menaresta di Carate Brianza (www.birrificiomenaresta.com) che dal capoluogo dista meno di trenta kilometri, sarebbe una colpa da espiare con innumerevoli bevute delle loro birre. Il che tuttavia, e a pensarci bene, non sarebbe poi davvero una penitenza. In effetti, di birre del Menaresta ne abbiamo provate tante e tante volte, alcuni dei protagonisti di questa avventura "brianzol-birraria" li abbiamo incontrati in fiere e appuntamenti di settore e, nel mare magnum degli assaggi che si fanno alla cieca al concorso di Birra dell'Anno, una loro birra, la Flora Sambuco, ci ha quasi strappato un poco professionale applauso a scena aperta.

Birrificio Menaresta

Ergo, eccoci in una grigia e piovosa mattinata di gennaio indirizzare la macchina verso Carate Brianza per andare a ficcare il naso nel "covo" delle birre firmate Menaresta. Il Birrificio, completo di spaccio aperto al pubblico, è entrato in produzione nel 2007. Almeno, questo è l'anno della prima cotta. Ma Enrico Dosoli e il cugino Marco Rubelli, i soci fondatori, il progetto l'avevano buttato giù, nero su bianco, già nel 2005. Dosoli a dire il vero, da studente universitario di Agraria si era già fatto prendere la mano e trafficava con i kit per rifornire di birra autoprodotta le feste con gli amici. «Non che fosse un granché», ammette ora serenamente, «ma al momento andava bene e tra una festa e l'altra credo che il virus della birra artigianale mi abbia contagiato». Dai primi kit all'all grain il passo è stato breve e rapido, qualcosa in più c'è voluto invece per realizzare l'impianto in collaborazione con un'azienda che da poco si affacciava sul mercato della produzione della birra ma, appunto, nel 2007 i motori erano finalmente accesi.

Birrificio MenarestaPer essere un birrificio giovane e giovanile (Dosoli è del '77, Rubelli del '73) nella scelta del nome del birrificio, di alcune birre e del logo i due fondatori rivelano un notevole attaccamento alla loro realtà locale. Menaresta è, infatti, il nome della sorgente dalla quale nasce il fiume Lambro e nel logo compare la "sperada" ovvero la complicata acconciatura femminile in uso in Brianza fino all'inizio del '900. Il Lambro, va detto, è fiume discusso ma, almeno nella zona di Carate, i suoi tempi peggiori sono ormai alle spalle e il Parco della Valle del Lambro è gratificato da una natura verdeggiante e ricca. Ricca anche di fiori di sambuco che i ragazzi del Menaresta raccolgono in stagione, fanno essiccare e buttano a profusione in una birra che, per quanto ovviamente stagionale, è a nostro gusto una delle loro eccellenze: la Flora Sambuco. Non è l'unica, va detto, perché il team del Menaresta è partito da subito con birre molto ben fatte, a dimostrazione che l'entusiasmo è sempre andato di pari passo con la perizia tecnica. San Dalmazzo, blond ale sottilmente luppolata, Felina, strong ale impreziosita da un cenno di cannella, Dirk, brown ale intensa, sono le prime a vedere la luce e a far scoprire agli appassionati il nome del Menaresta.

Poi, nel 2012, l'acquisto che ha fatto fare un ulteriore passo in avanti al birrificio. Marco Valeriani è un tecnologo alimentare che ha lavorato a lungo in Ferrero. Un ottimo lavoro che però lo teneva distante dalla sua Brianza e rendeva inutile una tesi di laurea ad argomento birrario. Così, mentre viaggiava in lungo e in largo per testare i prodotti del colosso dolciario piemontese, nel tempo libero assaggiava tutte le birre che gli capitavano a tiro. E, a casa, produceva a più non posso. Dall'incontro infine tra Valeriani e il duo Dosoli-Rubelli è scoccata la scintilla che ha definitivamente consacrato il Menaresta tra i birrifici più apprezzati sul suolo italiano. E sono nate altre birre ormai famose. Una di queste ha una simpatica storia da raccontare brevemente.

Ancora homebrewer, Valeriani partecipa a un importante concorso dedicato alle produzioni casalinghe. Terminato il giudizio tecnico degli esperti, la birra è messa in degustazione libera e Valeriani viene sommerso dai complimenti di tutti. Esperti compresi. Ma, nel momento della proclamazione della classifica ecco la delusione: ventiduesimo posto. I ragazzi del Menaresta colgono l'occasione per prenderlo in giro ben bene ma Valeriani la cosa sembra essersela legata al dito. Ed è così che nasce 22 La Verguenza: il deludente posto in classifica e "la vergogna", detta in brianzolo. Sta di fatto che questa Double Ipa da 7.5% vol. è diventata il cavallo di battaglia del birrificio, talmente apprezzata che ha "generato" una versione estiva (22 La Verguenza Summer Ipa da 6% vol.) e una natalizia (22 La Verguenza Xmas da 8% vol.). Una discreta rivincita, non c'è che dire...

Con l'ingresso di Valeriani la produzione del Menaresta si fa decisamente più luppolata. Un'altra loro grande birra è la Due di Picche, Cascadian Dark Ale o Black Ipa che dir si voglia, davvero suggestiva per aromi, gusto e piacevolezza complessiva. E con una squadra ormai al completo - nel birrificio lavorano anche Marco Mingozzi e Rosa Valdes - il Menaresta giunge al notevole numero di venti birre prodotte (tra quelle prodotte tutto l'anno, le stagionali e le speciali). Tante? Troppe? Questa è una delle classiche domande che si potrebbe rivolgere praticamente a qualsiasi birrificio artigianale italiano considerato che tutti ormai sembrano sbizzarrirsi tra birre stagionali e specialità varie, tralasciando one shot e commemorative varie, moltiplicando etichette e frazionando sempre più il volume massimo producibile. Al momento è una scelta che paga e certamente gratifica la creatività del birraio, ma che asseconda chiaramente anche il mercato. Al Menaresta sanno che sono quasi ai limiti massimi che gli consente l'impianto. «Nel 2013 siamo arrivati a mille ettolitri prodotti, quando nel 2007 facevamo a malapena duecento», conclude Dosoli. «Oggi l'obiettivo è cercare di crescere in termini di volumi ancora un po' e poi, se tutto va bene, sarà necessario fare degli investimenti per ingrandirci».

Birrificio Menaresta

Tengono i piedi per terra qui a Carate Brianza, ma sognano in grande e in grande sanno fare la birra. E sanno pure come capovolgere le situazioni: se un'iniziale "vergogna" è diventata la punta di lancia della loro produzione.

Le birre da non perdere

Due di Picche - Black Ipa, 6,8% vol.

Uno stile ancora poco frequentato dai birrai italiani ha trovato in questa birra un riferimento da seguire. Cascadian Dark Ale sarebbe la definizione esatta, ma Black Ipa va bene lo stesso a nostro avviso. Seducente al naso per gli aromi dettati da un azzeccato mix di luppoli, estremamente bilanciata ed elegante al palato tra le note di torrefatto e l'amaro dei luppoli ben integrati anche dalla piccola percentuale di avena utilizzata.

Flora Sambuco - Blond Ale, 5,2% vol.

Abbiamo un debole per questa birra, lo diciamo subito. Il sambuco si utilizza in fiori raccolti a mano nel Parco della Valle del Lambro, dopo la raccolta di procede all'essiccazione e infine i fiori si mettono in infusione nel mosto. Il risultato è una birra gentile e profumata, con una dolcezza leggera e aggraziata, mai stucchevole o invadente. Ideale da dessert, con biscotti al burro o con il pandoro.

22 La Verguenza - Double Ipa, 7.5% vol.

Una Double Ipa che lascia il segno sempre che non vi travolga del tutto. Luppolatura evidentissima sorretta da un corpo del tutto adeguato. Ergo, dopo il primo assalto di note balsamiche, agrumate e resinose, aspettatevi un altro poderoso impatto al palato e un finale lungo e persistente. Tuttavia, dopo un'iniziale sorpresa quando non stupore, vi renderete conto che... la Verguenza porta dipendenza.

San Dalmazzo - Blond Ale, 5.2% vol.

La prima nata in "casa" Menaresta porta il nome di una chiesetta della zona. La ricetta ha conosciuto delle rivisitazioni durante gli anni, un fenomeno abbastanza comune tra i produttori artigiani italiani, ma è sempre rimasta la birra più venduta. Una chiara di facile approccio, da bere senza troppe elucubrazioni mentali, ma non priva di personalità e mai banale.

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I commenti dei lettori

Umberto Valvo
07 ottobre 2014 - 01 12
Umberto Valvo

Confermo la simpatia e la professionalità di Enrico e Marco e, non da poco, il coraggio.
Li ho scoperti quasi subito all'inizio del loro percorso ed ho partecipato al primo Corso di Degustazione.
Hanno fatto tantissimo per far conoscere la birra artigianale in Brianza.
Si meritano tutto il successo che hanno avuto.
Umberto