Extraomnes. La birra va solo bevuta

Extraomnes. La birra va solo bevuta

Non solo vino
di Maurizio Maestrelli
14 novembre 2013

Uno dei birrifici rivelazione degli ultimi anni ha aperto i battenti a Marnate, Varese, nel 2010. Il mondo brassicolo belga come stella polare, la ricerca dell’eleganza nelle birre e una politica fatta di scelte chiare e nette

Luigi "Schigi" D'AmelioSommelier Ais dal 1997, assaggiatore Onav e frequenza assidua al Seminario Veronelli quando ancora c’era il grande Gino. Con un curriculum così, che soprattutto testimonia una passione viscerale per vigna e cantina, cosa diavolo ci fa Luigi D’Amelio in un birrificio? D’accordo, lo sappiamo anche noi, una cosa non esclude l’altra, sono numerosi i sommelier che amano le birre (altrimenti non ci leggereste su queste pagine) e, alla fine della fiera, non è che se uno ama il mare non possa andare in montagna. Però… «Però, certo è vero che arrivo dal mondo del vino», confessa D’Amelio schermendosi appena un po’, «ma è altrettanto vero che ricordo bene come a quindici anni la birra è stata il mio primo amore e di come giravo per Milano a caccia di birre al tempo affascinanti come le inglesi Samuel Smith, che si trovavano in un unico negozio, o le George Killian’s».

Non si può comunque parlare di Luigi D’Amelio come se fosse una persona qualunque. Non lo è. Non lo è soprattutto in rete dove, con il nickname Schigi (con il quale lo chiamano comunque tutti anche nella vita reale, moglie forse esclusa), è capace di terrorizzare il neofita birrario che sproloquia, il fanatico dell’ultima ora che scivola su un luppolo, su una descrizione di una birra o su qualsiasi cosa accenda la verve di un personaggio che sa essere caustico come pochi.

Chi non ha litigato con Schigi in rete? Tutti o quasi, me incluso. Tuttavia la realtà virtuale può essere, e spesso effettivamente lo è, distantissima da quella vera. Tangibile fisicamente. Lo si vede anche nelle birre che oggi produce nel birrificio Extraomnes di Marnate (www.extraomnes.com) in provincia di Varese. Da uno come lui ti aspetteresti birre d’impatto, magari sgraziate ma che non passano inosservate, fiondate di luppolo nei denti, cazzotti alcolici da uomini duri. E invece no. Se c’è un tratto distintivo che posso dire di aver trovato assaggiando qui e là, e in tempi diversi, nella produzione di Extraomnes è un’eleganza raffinata, un equilibrio cercato con il bisturi, una bevibilità straordinaria a prescindere dal grado alcolico. Extraomnes è nata nel 2010 dall’incontro casuale tra i titolari della El Mundo Spa (www.elmundo.it), storica azienda d’importazione e torrefazione di caffè, e lo stesso Schigi. È lui stesso a ricordarlo: «Tenevo un corso di degustazione sulle birre e alla fine mi si avvicina una persona. Mi spiega che vuole aprire un birrificio e mi chiede di dargli una mano. È tutto partito così…». Nel senso che però ci sono stati tre anni di prove e controprove, poi la prima nata, la Blond, di cui essere soddisfatti o, per usare le parole di Schigi stesso: «Una birra che avrei pagato per poter bere». Il seme dunque era germogliato e da allora Extraomnes non si è più fermato.

Oggi a Birre ExtraomnesMarnate c’è un impianto da dieci ettolitri, dieci fermentatori e una linea d’imbottigliamento da mille pezzi l’ora. E si producono quattordici birre diverse. Tante? «Beh, forse», spiega sempre Schigi, «ma un birrificio artigianale fa tante birre diverse da un lato per necessità creativa e dall’altro perché ci chiedono continuamente cosa abbiamo di nuovo». Così, nel tempo, nascono la spettacolare Zest, una blonde ale di chiara ispirazione belga che è quasi impossibile smettere di bere, la voluttuosa e imponente Tripel, una intrigante Donker, Imperial Stout che usa una notevole quantità di Sidamo, una varietà etiope di caffè (tre kili ogni mille litri), la Kerst che in versione Reserva passa in legno ed è a tiratura limitata. E nascono alcune delle più brillanti collaboration beers in circolazione: dalla Tainted Love, particolare Saison nera fatta insieme al birrificio emiliano Toccalmatto, alla strabiliante Migdal Bavel con l’americano Stillwater.

Birra ExtraomnesIl riferimento, quasi una stella polare, del birrificio è il Belgio e la sua immensa ricchezza brassicola. «È forse il mondo che conosco meglio grazie a una serie infinita di viaggi e di esperienze fatte in tanti anni», commenta Schigi. «Ed è un mondo che amo per la sua storia brassicola, per la sua incredibile varietà stilistica e per la bevibilità che assicura a tutte le sue birre, anche quelle più alcoliche. Mi piacciono molto, ad esempio, le Saison e per il lievito particolare che impiegano, trovo che ogni volta si creino sfumature diverse per una ricchezza entusiasmante». «Ma in buona sostanza», sottolinea sorridendo, «in Extraomnes seguiamo fedelmente la legge di Murphy, ovvero di Mike Murphy (birraio americano che ha lavorato a lungo in Italia, ndr.) che è quella di fare birre che piacciono a noi». E che piacciono pure a un sacco di altra gente. A dispetto di scelte molto precise e quasi controcorrente in termini produttivi. Extraomnes, ed è una rarità, non usa infatti bottiglie da 75 cl bensì solo da 33. «È voluto, certo, e per diversi motivi», ci spiega Schigi. «In parte perché la birra va consumata tutta personalmente, senza necessità di condividerla a tutti i costi, ma anche per una questione di prezzo. Io voglio che tutto quello che non è birra incida il meno possibile sul prezzo finale, l’immagine conta è vero ma non può essere soverchiante rispetto al contenuto. Perché, come recita il motto del birrificio, “la birra va solo bevuta”».

E noi la beviamo, ci mancherebbe. Beviamo tutto quello che Schigi decide di aprire per l’occasione della nostra visita. Birre fresche che spengono la sete e birre corroboranti per affrontare una lunga giornata, passaggi in botte e sperimentazioni varie (sì, presto arriverà qualcosa di nuovo…), gioendo ad ogni assaggio e convincendoci sempre più che la bella rivelazione del 2010 è una grande conferma oggi. È soddisfatto anche Andrea Giberti, uno dei titolari di El Mundo, che abbiamo incontrato: «L’esigenza iniziale, lo confesso, era quella di diversificare un po’ il nostro business ed eravamo convinti che il birrificio potesse essere un successo. E lo è. Ma mentirei a me stesso se non le dicessi che ci siamo innamorati a livello personale di queste birre, anche a prescindere dal risultato economico». Di solito le birre artigianali sono il riflesso della personalità di chi le fa. Lo abbiamo sempre pensato e lo ribadiamo anche in questa occasione. Come abbiamo detto, sembra esserci una sorta di dicotomia tra lo Schigi virtuale e lo Schigi reale. Ognuno è libero di preferire quello che vuole. Ma lo Schigi più vero resta quello che si sorseggia attraverso le sue birre…

Birre Extraomnes

Le birre da non perdere

Zest – Blonde Ale, 5,3% vol.

Pensiamo sia stata la prima birra a farci scoprire davvero Extraomnes e ancora adesso fa parte di quel ristretto cerchio di birre che vorremmo sempre trovare in frigo. Il naso è intrigante e ruffiano, con note fruttate che lasciano emergere una sottile speziatura, al palato spicca per un taglio finale bello secco. Spegne la sete, accende il cervello.

Blond – Belgian Pale Ale, 4,4% vol.

La birra primigenia è una specie di dichiarazione d’intenti: qui si fanno birre da bere. E la Blond lo è, senza dubbio. Fragranti note agrumate, grande eleganza ed equilibrio, corpo leggero per una birra dichiarata “da aperitivo”. Aperitivo lungo, osserviamo noi, che può durare tutta la sera.

Tripel – Strong Belgian Ale, 8.6% vol.

Se pensavate che Extraomnes facesse solo birre leggere, gradevoli e “facili” ecco la Tripel che sfiora i 9% vol. In scioltezza però. Birra sorniona, che non fa capire subito la sua forza, ma la dispiega piano piano. Da andarci con calma, anche perché è il modo migliore per goderla fino in fondo e come merita.

Migdal Bavel – Saison, 6.7% vol.

Per questa collaboration tra Extraomnes e l’americano Stillwater noi siamo impazziti. Un capolavoro di bouquet con note che vanno dall’incenso al lime, dalle spezie alla cera d’api. L’unico rischio è “respirarla” talmente a lungo che vi si scalda in mano. E invece merita anche l’assaggio per cui… restate concentrati.

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