Il vino e il suo rapporto con il legno

Il vino e il suo rapporto con il legno

Non solo vino
di Sara Missaglia
10 dicembre 2020

Viniplus di Lombardia - N°19 Novembre 2020 | Il punto con i mastri bottai del nostro Paese sul nuovo modo di "fare" le botti, con richieste sempre più specifiche e attente da parte delle cantine e dei mercati esteri

Tratto da Viniplus di Lombardia N°19 - Novembre 2020

Vigna e cantina: se ci trovassimo nel mezzo di Stars Wars potrebbero essere la Bright Side e la Dark Side dell’universo: come la vigna si apre al vento e alla terra, la cantina è illuminata da luci soffuse, che si confondono nella penombra. Un silenzio quasi magico, tra l’umidità della roccia e della ghiaia. Un luogo incantato, una cripta sotterranea, quasi inviolata per via di quelle temperature più fresche, che preservano il vino. Sembra che il tempo si sia fermato, e che in questi luoghi il vignaiolo riesca a trovare il giusto equilibrio per dare ogni anno la forma al miracolo della nuova vendemmia. In cantina i profumi del vino si confondono e si fondono con quelli del legno: botti grandi e piccole, barriques, tini. Alberi che continuano a vivere attraverso le doghe, dove i migliori fusti di rovere, gelsi, castagni e ciliegi hanno solo cambiato forma: piccoli e grandi miracoli, in grado di custodire gelosamente un tesoro fatto di essenze e di anima.

Protagonisti i vini, protagonisti i legni: da una parte il vignaiolo, dall’altra il mastro bottaio, le cui mani forgiano e modellano materiali diversi, ma in grado di valorizzare le caratteristiche aromatiche di quell’uva che diventerà vino. Le botti sono scrigni per il vino, ostriche che celano perle, per consentire la corretta maturazione e resistere al tempo e alle generazioni: è la magia del legno, nato per proteggere e mai imprigionare. E “fare” botti, come ci fanno capire le tre storie che abbiamo raccolto, è un mestiere che piace e apre gli occhi al domani senza dimenticare il passato.

GARBELLOTTO, TRA VENETO E FRIULI
La “G” di Garbellotto è ben visibile sulle botti presenti nelle cantine d’Italia e del mondo; l’anno di fondazione è il 1775, e da più di due secoli la storia si sviluppa intorno a un’unica famiglia, giunta oggi all’ottava generazione. Nella storica azienda di Conegliano hanno lavorato più di ottanta mastri bottai, con una produzione annuale di botti e barriques la cui capienza supera i 100.000 ettolitri. Tutto ebbe inizio quando Giuseppe Garbellotto già nella metà del 1700 praticava la professione di artigiano del legno, con la produzione di botti, tini e barili e con la creazione di mobili d’arte. Un’azienda che è sopravvissuta alle due Guerre Mondiali, e che con tenacia e intuizione è riuscita a creare una forte sinergia tra il commercio di legname e la costruzione di botti. L’azienda ha rifornito cantine in tutto il mondo e, tra i tanti clienti, la Garbellotto ricorda con orgoglio le Cantine Gallo di Modesto in California, che ha contribuito a diventare la più grande cantina del mondo da invecchiamento di tutti i tempi. Entrare nello stabilimento di Conegliano e nella nuova sede produttiva di Sacile in provincia  di Pordenone, ha lo stesso effetto di immergersi in una fucina d’altri tempi: immense distese di legname, proveniente in particolare dalla Slavonia in Croazia, dove una nuova segheria garantisce ottima qualità a chilometro zero. All’interno dello stabilimento un continuo pullulare di legno e di addetti, più di un’ottantina nella sola sede italiana. Ogni dettaglio è fondamentale per costruire botti e barriques destinate all’affinamento di grandi vini italiani e internazionali, di birre, di aceti e di distillati. Artigianato del legno, ma anche innovazione attraverso moderne tecnologie, che consentono di selezionare con precisione i legni migliori, ottimizzando i passaggi produttivi. Fondamentale è la provenienza del legno, acquistato direttamente nelle migliori foreste europee e accuratamente selezionato in modo da escludere ogni tipo di difetto come nodi, tracce di cipollatura e fenditure: sul mercato nazionale il legno più richiesto è il rovere europeo, seguito da ciliegio e castagno. Il legno viene lasciato stagionare naturalmente all’aperto per circa 10 mesi, disposto con ordine nei piazzali adiacenti agli stabilimenti. Ma l’origine della materia prima non basta per un ottimo risultato: Garbellotto ha studiato insieme all’Università degli Studi di Udine una particolare metodologia di lavoro su brevetto esclusivo attraverso la quale ogni doga viene fatta passare agli infrarossi per analizzarne tutte le caratteristiche. Una sorta di radiografia per identificare quattro categorie aromatiche: struttura, dolcezza, speziatura ed equilibrio. Vengono così mappate le caratteristiche strutturali, con alti contenuti di tannini, quelle dolci, che segnalano la presenza nei legni di composti di vanillina e di note aromatiche dolci, le speziature, per legni a maggior contenuto di lattoni ed eugeniolo. E infine l’equilibrio, dove ogni caratteristica è perfettamente integrata alle altre, senza nessuna prevalenza. Fondamentale è la tostatura, un processo che esalta gli aromi del legno, affidato alle cure del mastro bottaio che ne stabilisce temperature e durata, differenziate a seconda dell’impronta che si intende trasferire al legno, in ottica di omogeneità aromatica: sentori di vaniglia, liquirizia, fumo, tabacco, cioccolato. «Il mercato italiano – ci spiega Piero Garbellotto, alla guida dell’azienda insieme ai fratelli Piergregorio e Pieremilio – in presenza di vini già dotati di buona struttura, non richiede legni caratterizzati da tannini marcati e predilige legni contraddistinti da una maggiore dolcezza: ci sono cantine che utilizzano solo le botti per la microssigenazione, puntando a una neutralità del legno, e limitando al massimo la cessione di sostanze aromatiche. Nel mercato americano la richiesta è invece per legni che possano valorizzare e amplificare il corpo dei vini stessi. Sono tendenze e gusti piuttosto stabili negli ultimi anni, mentre nuovi segnali ci arrivano dalle richieste di differenti capacità delle botti, indirizzate nell’ultimo periodo alle dimensioni più grandi».
A seguire le operazioni di curvatura delle doghe, la cerchiatura, l’inserimento del fondo. E ancora il processo di collaudo, per verificarne la perfetta tenuta e la capacità. «Nelle botti non ci sono colle o siliconi, ma è la sola pressione dei cerchi a tenerle insieme» continua sempre Garbellotto. Attenzione anche all’ambiente in ottica di sostenibilità: i legnami utilizzati sono certificati FSC (un’organizzazione internazionale non governativa che annovera tra i suoi membri Ong e gruppi ambientalisti come WWF e Greenpeace) e PFSC (la forestale francese che certifica che tutto il legno acquistato provenga da foreste ecosostenibili, ossia gestite con criteri di sostenibilità ambientale attraverso la pianificazione degli interventi sino all’abbattimento e all’estrazione del legname e degli altri prodotti). L’azienda, con la sua “intelligenza artigianale” (questo è il claim) invia le proprie botti in tutta Europa, fino a raggiungere il Sudafrica, il Sudamerica, gli Stati Uniti e il Canada, oltre all’Australia, Nuova Zelanda, Cina e Giappone. Botti made in Italy, un orgoglio tutto italiano.

BOTTI GAMBA A CASTELL’ALFERO
Il legno è vivo, si muove, respira e parla: è necessario, quindi, saperlo ascoltare. È quello che ti dicono subito in fabbrica a Castell’Alfero di Asti dai Gamba. Sette generazioni di mastri bottai che hanno lavorato ininterrottamente nelle terre del Monferrato dalla fondazione. Un moderno stabilimento ora affianca nell’attività il vecchio laboratorio, che assolve alla funzione di magazzino: Eugenio e il figlio Mauro sono alla guida dell’azienda, e ogni giorno lavorano il legno per garantire ai vini le migliori condizioni per l’affinamento. La produzione annuale dell’ultimo periodo conta circa 3000 botti grandi e 9500 barriques, con un parco clienti superiore al migliaio tra Italia ed estero: artigianalità e sperimentazione che vedono nel 2004, in collaborazione con Banfi e Di Zio, la realizzazione di un nuovo tino misto legno e acciaio per la fermentazione e l’affinamento dei vini (Horizon), coperto da brevetto, mentre nel 2013 ha inizio la produzione delle botti speciali “a uovo”. «Sentire il legno, questo è il vero segreto di un grande Mastro Bottaio – ci spiega Mauro Gamba. Una volta individuato il legno, viene sottoposto alla stagionatura, che produce mutamenti importanti al suo interno grazie ai fenomeni di polimerizzazione dei tannini e all’eliminazione delle componenti fenoliche verdi. Un’operazione delicata e favorita dal clima del Monferrato, adatto alla stagionatura del legno, per via della corretta alternanza tra giornate di pioggia e di sole, umidità, vento, caldo e freddo. Solo così si inizia poi la lavorazione per produrre botti, barriques, tonneaux e tini». «Non esistono botti o barrique migliori di altre – prosegue Mauro Gamba –, ciò che non bisogna mai dimenticare è che sono strumenti di cantina, e come tali devono essere utilizzati per valorizzare il vino». Dal punto di vista costruttivo l’azienda è molto legata alla tradizione, con un ritorno negli ultimi anni alla botte tradizionale non tostata. La doga viene piegata con l’acqua calda e si deciderà poi se procedere o meno alla tostatura che dona rotondità e tannicità al vino, con sentori vanigliati. «Rispetto a una decina di anni fa – prosegue Gamba – è aumentata la richiesta di botti non tostate, con l’obiettivo di valorizzare il varietale senza impatti. Ci sono vini, come quelli di taglio bordolese, che invece meglio si prestano all’impiego del legno, in particolare barriques». Gamba utilizza soprattutto rovere francese di quercus peduncolata e quercus sessilis, ritenute le più idonee per cedere al vino in modo equilibrato le sostanze nobili: sono alberi con un lento sviluppo, dal fusto poco grande, dalla grana fine, compatta e dai tannini dolci e vanigliati. Il loro legno avrà Cresce la domanda di legno di acacia, in particolare per i vini bianchi. Il 50% del fatturato della Gamba si rivolge all’estero, in particolare la costa ovest degli Stati Uniti, Cile, Argentina e Australia, dove negli ultimi sette anni c’è stato un incremento nell’interesse per le botti grandi. «Fin da quando ero piccolo, ho sempre sognato di fare questo: da ragazzino, terminata la scuola, scendevo in azienda e cercavo di rubare il mestiere, facendo anche i lavori più umili», afferma Mauro Gamba, e in queste parole ci sono passione, orgoglio e responsabilità nell’aver ricevuto un testimone così importante da parte della propria famiglia.

MITTELBERGER A BOLZANO
Storia più recente per il bottificio altoatesino, fondato da August Mittelberger nel 1960, e gestito da Markus, Konrad e Peter, i suoi tre figli. La presenza di botti in Alto Adige sembra tuttavia risalire a molti secoli prima, poiché nei pressi di Bressanone sono stati ritrovati i resti di sette botti di misure diverse in legno di larice parzialmente carbonizzate per effetto di un incendio, che sembrano risalire al V secolo a.C.. Più che a un modo di fare, l’azienda si ispira a un modo di pensare: la professione viene vissuta come connubio di eredità, tradizione e passione, in cui la qualità nasce dal bosco: è dalle foreste gestite in modo sostenibile che inizia l’attività della Mittelberger, attraverso una maniacale selezione dei legni. Solo i tronchi idonei vengono trasformati in doghe, nell’ambito di una catena molto stretta e veloce tra fornitori e clienti, che spesso accompagnano i bottai ad acquistare il legno. “Dal bosco all’albero e poi alla botte”. Questo il motto aziendale, in una metrica che esprime la volontà ferrea di non lasciare nulla al caso. L’attività si concentra nella produzione di botti di affinamento in rovere (rotonde e ovali) prodotte in ogni dimensione con l’impiego a richiesta anche di legno di castagno e acacia, oltre a tini e botti per la fermentazione e alle particolari botti Pyramitt® di forma piramidale, che accolgono fino a 450 litri e sono destinate in particolare a viticoltori biologici e biodinamici. «L’estetica è diventata molto più importante rispetto al passato – ci racconta Konrad Mittelberger –, piccole imperfezioni non venivano considerate rilevanti, l’importante era che la qualità della botte fosse buona». Oggi, invece, ogni botte ha un legame molto stretto con il vino che andrà a contenere, e viene prodotta in via esclusiva. «Non esistono botti standard dove ognuna è uguale all’altra – sintetizza Mittelberger –, e la forma è oggi importante: ci sono stati molti tentativi per dare la forma corretta, ed è per far fronte a questa esigenza che è stato creato il nostro Pyramitt®». Anche in Alto Adige sono profondamente convinti che la tendenza generale sia per una minor influenza del legno: rapporto fondamentale, ma non invasivo né impattante. «Il legno fa bene al vino, ma le botti devono essere costruite in modo adeguato, per evitare che il carattere del vino venga messo da parte», spiega sempre Mittelberger. Il mercato corre e gli ordini sono sempre più incalzanti, ma in azienda sono molto attenti anche al tempo, perché qualità fa rima con il lavorare senza fretta, nel rispetto dei tempi della natura: «un albero non cresce in 10 anni e un vigneto ha bisogno del suo tempo per portare una buona vendemmia. Anche costruire una buona botte richiede tempo». L’Italia per la Mittelberger è, e rimane, interessante con i suoi diversi vitigni, luoghi e terreni. Anche la Francia, il Sudafrica, il Sud e Nord America sembrano essere promettenti.

Photo Credit: Gamba|Garbellotto|Mittelberger