L’olio socialmente responsabile

L’olio socialmente responsabile

Non solo vino
di Luigi Caricato
15 gennaio 2022

La qualità dell’olio prodotto in questo momento è la migliore in assoluto, però i produttori lamentano spesso una scarsa considerazione da parte del mercato. Che fare?

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 21 Novembre 2021

L’olio che si produce in questo periodo storico è il migliore in assoluto tra quelli prodotti fin dall’esordio in scena dell’olivicoltura, ovvero da sei mila anni a questa parte. Ho scritto olio in modo generico perché la classificazione merceologica “olio extra vergine di oliva” è recente, risale al 1960 e di conseguenza sarebbe stato inappropriato considerarla corretta per tutte le epoche. Ciò per farcomprendere che un prodotto come l’olio è sempre in continua evoluzione e non è mai lo stesso, pur derivando dalle olive per semplice spremitura. Tale premessa è doverosa per evidenziare che la qualità di oggi è di fatto la migliore in assoluto. Negli anni a venire, state pur certi, migliorerà ancora, perché la tecnologia fa miracoli. Nel frattempo, sappiamo di poter disporre di oli più longevi. Mentre un tempo, già solo negli anni ’80, non tutti gli oli superavano l’estate. Il controllo della temperatura di conservazione, il gas inerte a protezione dalle ossidazioni, oltre a tutte le attenzioni nei tempi di raccolta e molitura delle olive, contribuiscono a garantire una qualità più durevole e profili sensoriali impeccabili e peculiari. Eppure, nonostante si definisca l’olio extra vergine un alimento nutraceutico, i produttori lamentano la scarsa considerazione sul mercato, per via dei prezzi sottocosto che ne svuotano il valore. In realtà gli spazi per premiare l’alta qualità ci sono, ma si registra una bassa rotazione sugli scaffali dei punti vendita.

Clicca sull'immagine per scaricare il PDF

I consumatori considerano l’olio un prodotto generico e non ci fanno caso. I consumi ci sono, ma dettati più dalla consuetudine che dalla consapevolezza. Si fa fatica ad attribuire i giusti meriti, e di conseguenza anche la giusta remunerazione, ai produttori. Con l’olio extra vergine di oliva si movimentano volumi e si fa fatturato ma gli utili sono scarni. Non si crea valore e un prodotto di così alta qualità viene confinato al ruolo di prodotto commodity. Il rischio è che si rinunci alla qualità per non andare in perdita. Per tentare di scongiurare un simile rischio e far recuperare il valore perduto agli extra vergini è necessario avere dei partner che fungano da testimonial. Per esempio, lavorando fianco a fianco con ristoratori e chef, attuando una serie di strategie coordinate e di lungo periodo, introducendo (se la tipologia del ristorante lo consente) la “carta degli oli” con l’annesso “carrello degli oli” (laddove possibile, ma oggi di fatto è una strada praticabile ed economica). La stessa valorizzazione degli oli utilizzati in cucina nella preparazione di un piatto è utile al fine di comunicare e trasmettere valore al cliente che è poi il consumatore. Un esempio? Riportando nel menu l’olio utilizzato per ciascuna pietanza. Altro esempio?

Il racconto dell’olio da parte del personale di sala, con maitre e sommelier laddove presenti. Se sia possibile raggiungere un simile obiettivo dipenderà solo dagli accordi tra chi produce e chi fa ristorazione. Io resto ottimista, pur consapevole che non tutti i ristoratori puntino alla qualità, ma è solo riconoscendo il reale valore che si può parlare di giusta remunerazione per i produttori. L’acquisto di un olio - lo si tenga bene in mente - non può mai prescindere da un atto di responsabilità sociale.