Le formaggelle della bergamasca

Le formaggelle della bergamasca

Non solo vino
di Beppe Casolo e Luisito Perazzo
14 gennaio 2022

Prodotte all’ombra della Presolana, le formaggelle della Val di Scalve, della Val Brembana e della Val Seriana sono un’espressione tipica della cultura rurale delle Prealpi orobiche bergamasche

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 21 Novembre 2021

A pensarci bene già il nome racconta molto di questi formaggi. Formaggelle, un vezzeggiativo da sempre utilizzato dai produttori per non prendersi troppo sul serio, una pratica casearia consolidata nel tempo, che si può raccontare con leggerezza e tramandare senza segreti. Una tradizione antica, comune un po’ a tutte le Prealpi lombarde. Oggi, in Lombardia, con il termine “formaggella”, o anche “formagéla”, nel territorio bergamasco si intende una tipologia di formaggi di forma cilindrica, con diametro da 15 a 22 cm, scalzo tra i 5 e gli 8 cm e peso che si aggira tra 1,5 e 2 kg. Prodotti con latte crudo e a pasta semicotta (salvo rare eccezioni per il prodotto della val di Scalve), a seguito di coagulazione presamica, che prevede l’utilizzo di caglio di vitello. La stagionatura va da 20 giorni sino a pochi mesi. Sono realizzati espressamente e unicamente per il consumo in tavola, a differenza di altri caci nobili, destinati al lungo affinamento, che ne conferisce aromi particolari, per diventare in alcuni casi prodotti “da meditazione” con elevato valore economico. Nell’immaginario di molti, l’assaggio delle formaggelle orobiche è legato al pane casareccio e a un bicchiere di vino, forse per l’abitudine di trovare questa tipologia di formaggio nelle malghe che si incontrano durante le escursioni sugli alpeggi dove le vacche di Razza Bruna costituiscono un elemento caratteristico e che contribuiscono, con i mandriani, al mantenimento del territorio ancor oggi ricco di sentieri e molto frequentato dagli amanti della montagna. La Formaggella della Val di Scalve è realizzata a Vilminore, nel caseificio dalla Latteria Montana di Scalve che dal 1998 raccoglie quotidianamente il latte di piccoli produttori presenti in valle, le cui bovine, in inverno sono alimentate con foraggi affienati, mentre nel periodo estivo, quando gli animali pascolano sui ricchi alpeggi della zona, si alimentano esclusivamente di erba fresca.

Su una faccia della forma è impresso il logo con la scritta SCALVE, dove la lettera “A” rappresenta la vetta di una montagna stilizzata, alla cui base è presente la sagoma del muso di un orso, animale simbolo della valle, a ricordo di un’antica presenza testimoniata negli annali locali. La Formaggella della Val Seriana è caratterizzata da un marchio che raffigura uno schizzo di latte sormontato dalla scritta “Formagela Valseriana” impresso su una faccia attraverso l’apposizione di uno stampo durante la fase di rassodamento. La principale differenza tecnologica esistente tra i tre prodotti consiste nella parziale scrematura del latte prima della lavorazione della formaggella della Val Seriana, mentre il prodotto della Val di Scalve è sempre a latte intero e la formaggella della Valbrembana anch’essa normalmente a latte intero, ma che talvolta subisce una leggera scrematura. Non è facile identificare caratteristiche tattili, olfattive e aromatiche che siano peculiari di una delle tre, rispetto alle altre formaggelle, in quanto le differenze dipendono più dal periodo di produzione, dall’ambiente e dalla durata della stagionatura, piuttosto che essere specifiche e peculiari delle singole denominazioni. Per tutte la crosta dapprima elastica diventa progressivamente più consistente e dura nelle forme più stagionate, che raggiungono al massimo 3 mesi di invecchiamento e assume una colorazione che da giallo paglierino scarico diventa scuro, non uniforme e talvolta anche con note ambrate.

La pasta passa da bianco crema a giallo paglierino con progressiva formazione di un sottocrosta che diventa più evidente con il passare del tempo. L’occhiatura è di piccola dimensione, distribuita in modo non sempre omogeneo. La struttura della pasta da tenera diviene semidura, conservando nel tempo una certa elasticità. Risulta assai piacevole in bocca, dove produce una lieve resistenza alla masticazione, generando poi dei piccoli grumi che presentano una solubilità crescente con l’età del formaggio. L’intensità complessiva di odore e aroma pur crescendo con la stagionatura, non è mai elevata, regalando piacevoli sensazioni lattiche di burro fresco, note vegetali di fieno e animali. In alcune forme è possibile percepire aroma di frutta secca non tostata ed in particolare nocciola. Nei prodotti più stagionati e conservati in particolari ambienti ricchi di umidità, possono comparire lievi sentori di fungo. Le forme migliori presentano un equilibro gustativo (dolce-acido-salato), con assenza di note amare. A buon diritto le formaggelle orobiche – tutte incluse nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) – trovano un posto importante nello scrigno dei moltissimi prodotti caseari che la montagna bergamasca è capace di esprimere tramandando storia, cultura, varietà, che ben si coniugano con la realtà economica attuale, fiera dello stretto legame con le tradizioni del proprio territorio.

L’ABBINAMENTO DI... Luisito Perazzo

Tre tipologie e tre calici differenti
Le formaggelle bergamasche hanno già nella propria declinazione al plurale la possibilità di potersi rappresentare in molteplici espressioni sensoriali: pur rientrando nella stessa macro-area, hanno leggere o marcate differenze tecnologiche sul piano produttivo e di maturazione. Le tipologie che includono la formaggella giovane accolgono un calice di vino immediato, schietto e croccante, dal corpo delicato eppure in grado di bilanciare le sensazioni morbide della pasta con la propria freschezza e con un moderato tenore salino. Fondamentale che spicchio e sorso emergano in parallelo e si avvicendino tra soavità lattica e aroma floreale, come succede con il Verde Luna 2018 dell’azienda Caminella, prodotto in purezza con uve Incrocio Manzoni. Gli affinamenti in crescendo con colorazione della forma, maggior contributo di succulenza e masticabilità, con bouquet lattico da fresco a cotto, richiedono un compagno di tavola più composito nei profumi e più incisivo nel palato; il giusto accostamento è assicurato da un attraente rosato cerasuolo con note di piccoli frutti, resine ed erbe aromatiche, che si dimostra armonico e saporito, come il Rosé 2019 da uve merlot di Locatelli Caffi. In presenza di formaggelle più stagionate è la diversa tattilità della consistenza che va compresa ed è così che le note più vegetali, più tostate, più terrose con evocazioni talvolta di frutta secca, vengono nobilitate da un vino rosso locale come l’Imberghem 2019 di Angelo Pecis, realizzato con uve franconia.