Mondeghili, irresistibile attrazione

Non solo vino
di Andrea Grignaffini e Nicola Bonera
14 agosto 2025
Le appetitose polpette milanesi, di antica origine spagnola, sono uno dei piatti più iconici della cucina meneghina e, naturalmente, non mancano varianti e interpretazioni da parte degli chef
Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 28 Maggio 2025
"Specie di polpette fatte con carne frusta, pane, uovo, e simili ingredienti”. Risale al 1839, la definizione che Francesco Cherubini, nel suo dizionario Milanese-Italiano, fa di uno dei piatti più iconici della cucina lombarda, i Mondeghili, piccole prelibatezze che attraverso differenti culture ed epoche son giunte fino a noi, riconquistando, specialmente in tempi recenti, un’incredibile popolarità. Forse perché i Mondeghili, oltre a essere buonissimi, sono emblema di quella cultura del recupero alimentare che la nostra società ha finalmente riscoperto e sta valorizzando sempre più, anche in riferimento all’alta cucina. Ma partiamo dall’inizio della storia, da quella Milano tardo medievale dominata dagli Spagnoli le cui usanze incisero tangibilmente su tanti aspetti della vita dei milanesi, cucina inclusa.
È in questo periodo che nelle trattorie e locande meneghine comincia a diffondersi un piatto iberico ispirato alle arabe al-bundukc (palline fritte di carne macinata), le albóndigas a base di carne tritata ricavata da avanzi cotti di manzo e maiale, servite sotto forma di polpette fritte. La semplicità e la saporosità di questa preparazione nata dal bisogno di sfamarsi in un periodo dilaniato da peste, di guerre e carestie, conquistano le famiglie milanesi che con i resti di bolliti, arrosti e stufati, imbandivano nuovamente la tavola. Le albóndigas si milanesizzarono anche nel nome, diventando prima albondeghiti e infine Mondeghili, una parola che è sinonimo di polpetta stessa (e non di una particolare variante di polpette) e che esiste solo al plurale – magari poiché in virtù del loro gusto, non è mai stato contemplabile mangiarne solo uno. Perdutasi nelle pieghe del tempo l’originale ricetta seicentesca di questa pietanza, le ricette più antiche a noi pervenute risalgono a non prima del 1800, questo perché includono la patata, che prima di allora non era certamente ingrediente di facile reperibilità. Fregiati dell’importante riconoscimento De.Co. concesso dal Comune di Milano, a partire dal 2008 dei Mondeghili si è codificata una ricetta di riferimento che contempla avanzi di carne macinata (un composto di carni di manzo e di maiale a dar gusto e sapore nella forma di salsiccia, salame crudo, mortadella – preferibilmente di fegato – e altri tagli) mescolata a uova, mollica di rosetta di pane bagnata nel latte a cui si può eventualmente unire Grana Padano, aglio o cipolla e un pizzico di noce moscata; ad aromatizzare, prezzemolo fresco tritato e buccia gialla di limone a volontà. Dal composto si ricavano pallotte da schiacciare leggermente in modo da offrire maggior superficie di cottura al momento della frittura, rigorosamente nel burro.
Rendendo omaggio a questa specialità così emblematica dell’identità gastronomica lombarda, sono molti i grandi chef che nella città della Madunina dei Mondeghili propongono la propria interpretazione, tra tradizione e creatività. Tendenzialmente purista la versione dello chef del Ratanà Cesare Battisti che usa solo carne di vitello e aggiunge all’impasto le verdure del brodo in cui il taglio ha bollito, aglio incluso per un sapore più deciso. Matteo Fronduti, chef-patron di Manna, ne ha creato invece una variante ortodossa, per certi versi più primitiva, (“Mondeghili sbagliati” così come lo stesso chef definisce il piatto), eliminando tutti quegli elementi che giovano alla massa delle polpette, ma che non sono radicalmente incisivi sul gusto. Per il bollito usa biancostato, cappello del prete e guanciale, la mortadella viene sostituita dal fegato di vitello, il tutto in un rapporto 1/1. Nulla a tenere unito il composto tritato, se non l’aiuto esterno della retina di maiale usata per modellare dei fagottini. Dopo la frittura in olio di semi, la cottura si perfeziona in forno; a completare il piatto, una salsa barbecue affumicata con legno di quercia. Quando gestiva la cucina del 10_11, il ristorante dell'hotel Portrait Milano, anche lo chef Alberto Quadrio serviva Mondeghili fuori dal comune, optando per una preparazione artigianale dove la carne è sfilacciata a mano e non tritata nel mixer; le polpette servite con una leggera maionese allo zafferano. Da Varrone, Mondeghili contemporanei strizzano l’occhio a Oriente, con la succosa carne di wagyu impastata secondo tradizione e poi impanata nel panko; maionese con un tocco di wasabi e scorza di lime in accompagnamento e una spolverata di sale Maldon a completare il piatto.
L'abbinamento di Nicola Bonera
Sfere di felicità
Bocconcini (apparentemente) semplici, mangiando il primo si è trascinati in un vortice dal quale è difficile uscire. Se realizzati in modo tradizionale, con patate e verdure, godranno di vini che grazie alla sapidità, o all’eventuale connubio acidità/ effervescenza, ne vivacizzeranno le caratteristiche. La frittura e i condimenti, le spezie e le erbe aromatiche generano una decisa intensità, che cerca nel vino un compagno di pari impatto. La struttura del piatto, anche con salse di accompagnamento, non è molto significativa, per questo motivo il garbo, la gentilezza e un corpo snello del vino saranno più che sufficienti. Tra i vini della Lombardia, considerando i concetti di vicinanza geografica e di sostenibilità, quelli prodotti nell’areale di San Colombano al Lambro e in Oltrepò Pavese rispondono adeguatamente alle necessità del piatto. Il Metodo Classico oltrepadano, con lunghe evoluzioni, saprà esaltare la tendenza dolce degli ingredienti, mentre vinificato in rosso, con maturazione prevalentemente in contenitori inerti, per garantirne freschezza e caratteri fruttati, interagirà grazie alla sua speziatura e balsamicità. Per le versioni di Mondeghili più intense e succulente l’assemblaggio classico della Lombardia sud-occidentale, a base di barbera e croatina, darà quel contributo di alcol e tannini per compensare la succulenza generata da salse e carni tagliate più grossolanamente.
› Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Brut Oltrenero 96 mesi 2013 – Oltrenero, uve pinot nero 100%. Vinificazione e maturazione in acciaio per l’80% e in legno per il 20%.
› Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Carillo 2023 – Frecciarossa, uve pinot nero 100%. Parziale maturazione in rovere.
› San Colombano al Lambro Rosso di Valbissera 2020 – Poderi di San Pietro, uve croatina 45%, barbera 45%, uva rara 10%. Vinificazione e maturazione in acciaio.