Storico Ribelle!

Storico Ribelle!

Non solo vino
di Beppe Casolo e Luisito Perazzo
28 gennaio 2021

Viniplus di Lombardia - N°19 Novembre 2020 | Un formaggio che ha radici antiche risalenti al tempo in cui le montagne lombarde erano abitate dai Celti

Tratto da Viniplus di Lombardia N°19 - Novembre 2020

Una storia lenta, quasi immutabile per secoli e poco conosciuta dai più, che nell’ultimo decennio è divenuta una scoppiettante cronaca di avvenimenti accompagnati da una vivace dialettica su tematiche molto sentite in loco: tradizione, qualità, biodiversità, economia, politica, marketing, riconoscimenti di livello europeo, che hanno portato a divorzi, successivi ravvicinamenti e ulteriori separazioni. Una realtà complessa, forse un gioco delle parti dei soggetti coinvolti: i produttori dello Storico Ribelle e il Consorzio di Tutela Formaggi Valtellina Casera e Bitto. Anche il suo nome è cambiato più volte negli ultimi anni: ora Storico Ribelle, denominazione che lo rappresenta degnamente. Non è questo, tuttavia, l’ambito nel quale trattare delle diatribe. Vorremmo invece raccontare, per lo più attraverso le emozioni, gli aspetti organolettici che questo formaggio regala a chi lo assaggia. Prima di incontrare il cacio, è opportuno conoscere il territorio nel quale nasce. Si tratta di un piccolo comprensorio delle Prealpi Orobiche e delle Alpi Retiche raccolto attorno alle valli di Gerola e di Albaredo che comprende territori tra loro confinanti, appartenenti alle province di Sondrio, Bergamo e Lecco; aree difficili, impervie, ma ugualmente utilizzate da sempre per la zootecnia e la coltivazione della vite. Come ricordava Italo Calvino in Palomar: “Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo…”. È proprio questa la stupenda particolarità dello Storico Ribelle, prodotto unicamente in alpeggio, nel periodo estivo: a fronte di una sola identica “ricetta” e della stessa modalità di caseificazione consolidata nei secoli, ogni formaggio presenta caratteristiche differenti. Tali differenze, già evidenti dopo un paio di mesi di stagionatura, aumentano con il progredire dell’affinamento che può essere di 1, 2, 5 ma anche in rari casi di 10 anni! Il logo identificativo del formaggio è il “calécc”, ovvero l’antico ricovero in pietra, a ferro di cavallo, coperto di teli, dove il malgaro-casaro caseificava il latte ancora caldo entro mezz’ora dalla mungitura. Usato sino a pochi anni fa, è tutt’ora il simbolo di questa zootecnia eroica, in simbiosi con gli animali e con la natura circostante.

Lo Storico Ribelle viene realizzato con latte crudo di bovine di Razza Bruna, con l’aggiunta di quello di capra Orobica in quantità variabile dal 10% fino a un massimo del 20%, posti nella “culdera” di rame, senza aggiunta di fermenti di alcun tipo. Una volta prodotta la cagliata, attraverso l’uso di caglio animale, si procede alla rottura fine della pasta con lo spino, fino alla dimensione di grano di riso e al riscaldamento fino alla temperatura di 50-52°C. La pasta viene estratta dalla caldaia con un telo di lino e posta nella fascera di legno, dove viene pressata per eliminare il siero in eccesso. Le forme, frequentemente rivoltate e salate a mano, hanno lo scalzo convesso e lo spigolo vivo. Riportano, impressa sulla crosta l’indicazione dell’alpeggio di provenienza. Successivamente i formaggi vengono portati a valle per l’affinamento nella casera di Gerola Alta, piccola località valtellinese, che è anche la sede del Consorzio di Salvaguardia del Bitto Storico. Entrando nella straordinaria cantina di stagionatura di Gerola, che possiede le caratteristiche per un ottimale affinamento prolungato nel tempo, si può cercare la preferita tra le forme di tutti gli alpeggi degli associati scegliendo anche la stagionatura desiderata: forme spazzolate, curate, rigirate, istoriate. Le più giovani riposano in posizione orizzontale, le più stagionate sono poste verticalmente. Il Consorzio raccoglie la produzione di dodici giovani soci: si occupa, oltre che dell’affinamento, anche di tutti gli aspetti commerciali. Tutti, infatti, ricevono il pagamento secondo un prezzo “etico”, in anticipo rispetto alla vendita che sarà effettuata in seguito (magari 10 anni dopo).

Forme con crosta rigida, dura al taglio, la cui pasta diventa scagliabile dopo due anni di stagionatura. Assieme alla struttura cambia anche il colore della pasta, che da giallo paglierino carico arriva all’ocra e può variare anche in base alla quantità di latte di capra presente. Normalmente pochi occhi, possibilmente a occhio di pernice, distribuiti in modo omogeneo nella pasta. È certamente uno dei formaggi che presenta il profilo olfattivo più ampio: tutta la filiera produttiva, dall’alimentazione dei capi fino alla caseificazione per arrivare alla stagionatura, prelude a questa sinfonia di sensazioni spesso simili, ma ogni volta differenti e caratterizzate da una intensità aromatica elevata: burro cotto, miele, fiori, frutta secca tostata, castagna, frutta esotica, note vegetali che possono variare dall’erba bagnata, alla genziana, al carciofo. Note animali di brodo di carne, ma anche ircine (capra). Talvolta nelle forme più stagionate si avverte la presenza di note speziate di pepe. Sotto il profilo gustativo nelle forme migliori si riscontra un perfetto equilibrio di dolce e salato, con acidità ridotta e assenza di amaro. Con l’aumentare della stagionatura, la consistenza della pasta, da grumosa e leggermente elastica, diviene granulosa e piacevolmente solubile. Lo Storico Ribelle regala sensazioni gusto-olfattive lungamente persistenti che invitano all’abbinamento con vini importanti per compiere straordinarie meditazioni.

L’ABBINAMENTO DI... Luisito Perazzo

Il tratto comune o similare

Un formaggio davvero ribelle, per via delle sue variegate sfumature, a partire dalla presenza variabile del latte di capra, ma soprattutto con l’avanzata dell’evoluzione che può concedere caratteristiche organolettiche talvolta ardue da assecondare. Le forme dalle tonalità giallo paglierino che evocano aromi più freschi, fragranti e vegetali, rivendicano maggior delicatezza gustativa e una struttura tattile più elastica, tali da favorire un vino elegante e rotondo, decisamente fresco, dalle spiccate note varietali con un accenno dolcemente speziato; ben si addice un tannino setoso e gentile con una stuzzicante vena sapida. In questo caso optiamo per il Ronchi Varesini Primenebbie 2015 della giovane azienda Cascina Piano, da uve nebbiolo in purezza sottoposte a un parziale appassimento. Le numerose interpretazioni che prevedono una maturazione da qualche mese a molti anni esaltano invece la persistenza, corredi aromatici più terrosi, più tostati, con sfumature di cuoio e di pellame, con un assaggio proiettato verso sensazioni appaganti, granulose e pepate. In questo caso abbiamo bisogno di un vino rosso potente e consistente, intenso e voluttuoso, articolato nei profumi, con un nobile tannino e l’alcol racchiusi in un dolce equilibrio: lo Sforzato di Valtellina 2015 Blackedition di Plozza.