Psicologo o sommelier? Forse entrambi

Psicologo o sommelier? Forse entrambi

Sommelier al lavoro
di Sofia Landoni
04 febbraio 2023

C’è chi vuole utilizzare bicchieri che rischiano di mortificare il vino, chi annacquare un nobile Metodo Champenoise con del ghiaccio o chi ancora rifiuta, senza apparenti validi motivi, bottiglie di grande pregio. Che fare? Ce lo spiegano alcuni sommelier, tutti i giorni “in trincea”

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 23 Novembre 2022

«Si potrebbe avere del ghiaccio nello Champagne?». Ebbene sì, questa è una delle tante possibili domande che un sommelier in sala può sentirsi rivolgere dal commensale placidamente accomodato al tavolo. Cosa fare? Come rispondere mantenendo intaccato l’aplomb che contraddistingue la figura del sommelier? «Certamente, le porto del ghiaccio a parte, così può dosarlo a piacimento» risponde Federica Radice, impeccabile Head Sommelier del ristorante Le Due Colombe, una stella Michelin a Borgonato in provincia di Brescia. Un’accondiscendenza verso il cliente doverosa, ma che per i più acuti suona come un “va bene, ma il delitto non lo voglio commettere con le mie stesse mani”. Probabilmente il nostro amante del vino annacquato non ne avrà avuto contezza, ma almeno lei e chi al tavolo a fianco starà forse rabbrividendo nella sua stessa maniera, avranno potuto sdrammatizzare la tragicità del momento. 

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Ci sono poi quei clienti che trascinano con sé il malessere di una giornata storta e lo sfogano in un accanimento senza soluzione verso tutti quei vini che figurano in carta con almeno un paio di zeri, rimandandoli spietatamente indietro a ogni tentativo di apertura e giustificando la riluttanza per l’uno o l’altro motivo. Fino a che punto il sommelier è tenuto ad accontentare il cliente? Come dire, a un certo punto, il proprio doveroso e sacrosanto “no”? Mara Vicelli, Head Sommelier del Ristorante Acanto del Principe di Savoia a Milano, ne ha viste sfilare parecchie di situazioni simili. «Inizialmente era difficile – racconta – ma oggi, forte della mia esperienza, so perfettamente quando sopraggiunge il limite e quello è il momento di saper porre un freno con gentilezza, oppure di far fronte alla situazione, ad esempio aprendo bottiglie meno costose». 

Un po’ equilibrista, un po’ comunicatore 

Il segreto sta tutto nel bilanciamento, insomma, fra il dogma del cliente che ha sempre ragione e la soglia che separa la legittimità dalla scortesia. Ecco perché quello del sommelier è il mestiere dell’equilibrista, che trova appigli grazie a intuizione ed empatia, con la sola arma dell’osservazione e, come in tutto, dell’esperienza. Fra l’abilità a districarsi da situazioni spiacevoli e le risate trattenute con un sovraumano sforzo dei muscoli facciali, il sommelier si appresta tutti i giorni della sua vita professionale a imbattersi in incontri uno diverso dall’altro. Incontri dove è possibile esercitare la collaterale e preziosissima professione dello psicologo, strumento imprescindibile per un servizio realmente su misura. «Ogni giorno è una faccenda nuova, non puoi mai sapere chi ti trovi davanti e come andrà» continua Mara, che racconta di aver avuto fra gli ospiti, una sera, nientemeno che una Regina, grande estimatrice della materia vinicola. Infranse l’etichetta chiedendo di confrontarsi direttamente con lei per la scelta, senza interposizione dei vari portavoce di rito. 

«Il sommelier è innanzitutto una figura comunicativa» spiega Luisito Perazzo, consulente e Miglior Sommelier d’Italia nel 2005. «La componente di relazione con il cliente è la vera anima del lavoro del sommelier. Tutto ha inizio quando il cliente varca la soglia del ristorante. Qui la cosa importante è sorridere, affinché si senta accolto. Se, poi, il rapporto fra il sommelier e il cliente sia di tipo attivo o passivo, questo lo decide il cliente, in base a quanta confidenza ti dà e a quanto ti coinvolge nella scelta del vino che ordina». Le prime domande in merito alla carta ti permettono di farti già un’idea di chi hai davanti e dei loro gusti. «La componente paraverbale – continua Luisito – fatta di tutti quei gesti che si evincono osservando come il cliente si siede a tavola, se si guarda intorno, se si attarda sulla carta o se la sfoglia rapidamente, ti dà già qualche indizio sulla tipologia di cliente che ti trovi davanti». Per Federica Radice «fa tanto il sesto senso, quello che semplicemente si avverte dalle persone; poi arriva l’osservazione e in base a quella già puoi modulare il tuo modo di rapportarti ai commensali. Alla fine è sempre una sorta di improvvisazione, un’indagine umanistica silenziosa e implicita, che cambia continuamente». 

Far sentire il cliente a proprio agio, anche con il gioco 

A volte al Sommelier è chiesto di privarsi del tecnicismo, come quando, racconta ancora Federica «qualcuno si sente in soggezione per il calice e chiede di poter utilizzare il tumbler anche per il vino; a quel punto capisci che l’obiettivo primario è far sentire il cliente a suo agio». In altri casi, invece, c’è possibilità di coinvolgere il cliente nella cultura del vino, anche in forma giocosa. «Una sera un cliente francese ha ordinato un Franciacorta – racconta Mara – e insisteva a volerlo bere in una flûte; l’ho accontentato, ma gli ho portato anche il calice Franciacorta, che abitualmente utilizzo per quel vino, e ho versato anche in questo bicchiere il medesimo vino, chiedendogli di dirmi se sentiva delle differenze. Ha ammesso che nel calice franciacortino i profumi si sentivano meglio». 

«A volte – dice Luisito – mi capita addirittura di proporre abbinamenti basati sulla psicologia: quando conosco bene il cliente, cerco di proporgli dei vini anche in base alla sua personalità. Nel caso del cliente abituale la difficoltà non è più conquistarlo, ma quella di non deludere le aspettative». 

Tutti un po’ psicologi, i sommelier professionisti. E anche un po’ spettatori di commedie dalle tinte comiche, ma anche maestri di pazienza e grandissimo self control. «A volte c’è da fare un po’ di yoga mentale» conclude Mara, con quella risata allegra che ricorda quale sia una gran dote imprescindibile di un bravo sommelier: l’ironia.