1965-2025. Buon Compleanno AIS | Anni '20. Dealcolati e PIWI. È questo il futuro?

1965-2025. Buon Compleanno AIS | Anni '20. Dealcolati e PIWI. È questo il futuro?

Speciali ViniPlus
di Davide Gilioli
07 luglio 2025

Le sfide contemporanee del mondo del vino si giocano su molti fronti: dall’inarrestabile calo dei consumi alle minacce del cambiamento climatico, dalla ricerca della sostenibilità all’ossessione salutista

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 28 Maggio 2025

Una ventina di giorni dopo il primo caso di Covid, il 9 marzo 2020 il Governo impone in Italia (primo Paese al mondo) il lockdown su tutto il territorio, che perdurerà fino al 18 maggio. I consumi fuori casa, ovviamente, crollano1 a partire dalle bevande alcoliche (vino, birra e spirits) e registrano un calo dell’8,3% nel settore Horeca, che alla fine dell’anno perderà 34,4 miliardi di euro (-35%) rispetto al 2019. Il mercato è costretto a reinventarsi e l’e-commerce diventa il nuovo canale di riferimento, con incrementi significativi sia in termini di vendite2 (+74,9% sui siti web aziendali e +435% sulle piattaforme online) che di investimenti digitali (+55,8%). Anche i social media diventano assoluti protagonisti con lo sviluppo sempre più virale di nuovi comunicatori (“influencer”) del vino, che hanno sdoganato le degustazioni in diretta e forme di intrattenimento più ludiche per avvicinare il pubblico più giovane e meno esperto. Questa nuova verve comunicativa non ha però fermato la costante riduzione dei consumi, che in Italia ha trovato stabilità in termini di consumatori3 (circa 29,4 milioni) ma una netta diminuzione del consumo annuo pro-capite (27,8 litri nel 2023). Emerge una fotografia che ritrae la presenza di bevitori probabilmente più consapevoli: diminuisce il consumo quotidiano a favore di quello occasionale, complice anche la recente riforma del Codice della Strada. Questo apre le porte all’avvento, non senza polemiche, dei cosiddetti vini dealcolati, prodotti attraverso una serie di processi che, a fronte della rimozione dellʼalcol, cercano di mantenere inalterati gli aromi. Il consumo di questa nuova tipologia sembra in costante crescita, anche se è indubbiamente troppo presto dipingerli come il futuro del settore enoico: con questi prodotti si perde l’elemento di storicità e tradizione, identitario del vino e, in secondo luogo, il processo di lavorazione per ottenerli rischia di relegarli a mera “bibita industriale”, anche in virtù del fatto che i macchinari di produzione hanno costi che possono essere sostenuti solo da grandi aziende molto strutturate.

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In questa prima parte degli anni Venti l’emergenza ambientale, legata al cambiamento climatico e alla crescente frequenza di eventi naturali catastrofici, è ormai diventato un tema centrale nel dibattito del mondo del vino. Dalla siccità al caldo torrido, dalle grandinate alle alluvioni che hanno interessato aree vitivinicole in tutta Italia, sono numerosi gli interrogativi su come l’ampelografia ultradecennale a cui siamo abituati potrebbe cambiare nel prossimo futuro. La linea di coltivazione della vite si è spinta sempre più a nord e ad altitudini più elevate: sono state avviate produzioni (soprattutto spumanti) in Svezia, Danimarca, Norvegia e nel Sud dell’Inghilterra, mentre nell’area del Mediterraneo (Spagna, Italia, Grecia) il surriscaldamento globale potrebbe comportare una maggiore difficoltà nelle rese e nell’impiego di alcuni storici vitigni autoctoni. In questo contesto, si è diffuso un uso sempre più frequente dei vitigni PIWI, dal tedesco Pilzwiderstandsfähige Rebsorten, letteralmente “vitigni resistenti ai funghi”, come oidio, peronospora, muffa grigia: comparsi per la prima volta in Germania intorno al 1880, a seguito di studi finalizzati al contrasto della fillossera, sono ottenuti per ibridazione tra vite europea e vite americana. I principali vantaggi? Netta riduzione dei trattamenti fitosanitari, con minor impatto ambientale sia in vigna che all’interno del prodotto stesso.

99 S.ALT Solaris 2019 - Thomas Niedermayr

Trentino, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia sono state la prime regioni italiane in cui sono iniziati gli studi sperimentali sulle varietà resistenti, grazie in particolare ai contributi della Fondazione Edmund Mach / Istituto Agrario di S. Michele all’Adige (TN) e all’Università di Udine. Fra i pionieri italiani dei vini ottenuti da vitigni PIWI non si può non menzionare Thomas Niedermayr, che fin da giovanissimo, nel 2012, raccoglie il timone dell’azienda biologica fondata dal padre Rudolf a metà degli anni '80, arrivando nel 2017 a produrre i primi vini da vitigni resistenti, ottenuti da un paio di ettari a San Michele Appiano (BZ), nella tenuta Hof Gandberg, dove vengono allevati solaris, bronner, souvignier gris, muscaris, cabernet cantor e cabernet cortis. Oggi la superficie totale vitata è di 5 ettari, comprensivi di un vigneto sperimentale che racchiude un’altra dozzina di varietà resistenti ancora in fase di studio. Il vino più rappresentativo dell’azienda è il 99 S.ALT, in questo momento in commercio con il millesimo 2018. Si tratta di un solaris in purezza prodotto con le primissime vigne piantate nel 1999 dal padre di Thomas, con una tiratura di un migliaio di bottiglie e con la caratteristica etichetta stampata su un sottilissimo foglio di legno. Il vino ha un color giallo paglierino con riflessi dorati e al naso sprigiona aromi di frutta gialla matura (pesca, albicocca) e mandarino, mentre il sorso, ricco e avvolgente, è caratterizzato da decisa freschezza e una leggera speziatura di zenzero. Chiude equilibrato, con un persistente finale di agrumi e frutta tropicale, che ne denota grande personalità.